lunedì, febbraio 26, 2007

VENTIQUATTRESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Betis-Recreativo 0-0
Recre prudente, orfano di Viqueira, Betis che nel secondo tempo aggiunge peso offensivo con l' entrata di Fernando e Sobis (quest' ultimo il giocatore più scarificato in assoluto da Fernandez, o in panchina oppure fuori ruolo), ma non trova il gol che probabilmente avrebbe meritato. Pancrate, confermato titolare sulla fascia destra del centrocampo, fallisce davanti a Lopez Vallejo. E' piaciuto nel Betis il canterano Juande, che pare essersi guadagnato la fiducia di Fernandez al centro del campo accanto ad Assunçao.

Villarreal-Mallorca 2-1: Pereyra 26' (M); Tomasson 37' (V); Fuentes 89' (V).
Tre punti per respirare. Villarreal che parte con Cani in panchina e il quartetto offensivo composto da Marcos, Matias Fernandez, Tomasson e Forlan (mentre Manzano schiera un undici senza punte vere, Ibagaza accanto a un unico interdittore, Pereyra, Tuni a sinistra, Jonas, in un periodo splendido, a destra con Jankovic e Arango a fare coppia davanti).
E parte male il Villarreal, va sotto (uscita terribile dell' inaffidabile Barbosa e gol di Pereyra, che poco dopo dovrà lasciare il posto a Jordi causa infortunio) e rischia di subirne altri, ma si rimette in pista col gol che Mati Fernandez inventa per Tomasson. Allo scadere, Fuentes in mischia regala la vittoria. Infortunio per Senna, che starà fuori le prossime tre settimane: gravissima assenza per Pellegrini.

Celta-Racing 2-2: Baiano, rig. 24' (C); Bamogo 32' (C); Munitis 54' (R); Cristian Alvarez, rig. 78' (R).
Il Celta non torna a vincere in casa e non riesce proprio a ristabilire una dinamica positiva. Pessimo risultato, perchè se è vero che non si è più terzultimi è anche vero che la prossima giornata si va al Mestalla...
Pablo Garcia si infortuna nel riscaldamento, e Vazquez, che non può contare su Canobbio squalificato, rinuncia così al trivote, affiancando anzi il fresco acquisto Bamogo a Baiano in un 4-4-2 classico. Nonostante il doppio vantaggio, e il primo gol di Bamogo, il Racing dà la netta sensazione di stare meglio in campo, e la rimonta è meritata.

Getafe-Sevilla 0-0
Sevilla bloccato su uno dei campi più difficili, il Barça va a +2 in attesa della resa dei conti di sabato prossimo (per la quale vedo favoriti gli andalusi, ma che in realtà non deciderà nulla). Juande Ramos è privo in un colpo solo di Adriano, Daniel Alves e Puerta. Finalmente gioca Duda (avessi detto...) e Hinkel comunque fornisce una prestazione al suo (alto) livello. Zero a zero, ma i portieri si son potuti mettere in bella mostra, Palop da una parte e Luis Garcia, che ha risposto in pieno all' impegnativo compito di sostituire Abbondanzieri, dall' altra.

Nàstic-Valencia 1-1: Joaquin 62' (V); Rubén Castro 91' (N).
Che la stessa squadra che mercoledì ha affrontato San Siro con personalità possa poi raccogliere un pareggio di questo squallore sul campo dell' ultimissima in classifica dovrebbe sorprendere, ma in realtà non c'è nulla di più logico. Questo è il Valencia, forte coi forti e debole coi deboli. Una squadra di asceti: rinuncia al piacere di giocare bene al calcio, di creare occasioni e divertire, di andare di goleada in goleada. Rinuncia, ciò che è più importante, a competere seriamente per il titolo.
Stava riuscendo in pieno l' operazione "massimo risultato col minimo sforzo", ma il gol di Rubén Castro, sebbene illogico rapportato agli sviluppi precedenti della partita, serve da lezione. Dopo cinque minuti iniziali che, con due occasioni fallite da Villa, sembrano solo il prologo di una partita senza storia, il match assume un suo equilibrio. Il Nàstic, guidato dall' ottimo veterano Pinilla, prende il comando delle operazioni, ma coi suoi continui cross, non farebbe male neanche a una mosca, figurarsi al Valencia. Valencia che, come al solito, aspetta il momento buono per cavare il golletto, guidato da Silva e Villa in evidente stato di grazia. Nel secondo tempo entra Morientes, il golletto arriva, si tratta solo di aspettare il fischio finale, ma Rubén Castro, dimenticato in mezzo all' area, non la pensa così. E dopo l' 1-1, a recupero inoltrato, il Nàstic si avvicina pericolosamente a Butelle pure un altro paio di volte!
Joaquin segna il suo primo gol da valenciano, ma non è quello che conta, va ancora ritrovato il giocatore di un tempo (speriamo almeno che il gol possa servire da molla). Decente Hugo Viana nel mezzo, bellissima notizia il ritorno fra i panchinari di Del Horno.

Levante-Zaragoza 0-0
Reti inviolate, ma tante occasioni da una parte e dall' altra. Il Levante resta là (e penso proprio che alla lunga sarà il fortunato vincitore del concorso che mette in palio il terzultimo posto), il Zaragoza, te pareva, perde l' occasione buona per aggredire il Real Madrid. Victor Fernandez preserva Diego Milito (così come i recuperati Aimar e Celades) per il mercoledì di Coppa col Barça, la coppia Sergio Garcia-Ewerthon (velocissima, l' ideale per bucare la difesa alta del Levante) ne sbaglia di tutti i colori. Alla generosità (in tutti i sensi) di Sergio Garcia ci siamo abituati, Ewerthon è come se questa stagione non l' avesse ancora iniziata.

Osasuna-Espanyol 0-2: Coro 13'; Tamudo 65'.
Autorevolissima vittoria dell' Espanyol, in un momento piuttosto felice. Perdura l' assenza di De la Pena, al suo posto gioca Jonatas, che dopo i tanti contrattempi della prima parte di stagione, può finalmente mostrare tutto il suo talento (un peccato che, nonostante le caratteristiche diverse, sia inevitabilmente in concorrenza con De la Pena, data l' insostituibilità di Moisés Hurtado e della coppia Tamudo-Luis Garcia), come nell' azione individuale che ispira il gran gol del sempre brillante Corominas. Implacabile Tamudo.


CLASSIFICA
1 Barcelona 49
2 Sevilla 47
3 Valencia 43
4 Real Madrid 43
5 Atlético 40
6 Zaragoza 39
7 Recreativo 37
8 Getafe 36
9 Espanyol 35
10 Racing 33
11 Deportivo 33
12 Villarreal 32
13 Osasuna 30
14 Betis 27
15 Levante 27
16 Celta 26
17 Mallorca 26
18 Athletic 25
19 R. Sociedad 14
20 Gimnàstic 14


CLASSIFICA CANNONIERI
1 Kanouté 18
2 Ronaldinho 16
3 Diego Milito 15
4 Van Nistelrooy 11
5 Fernando Baiano 10

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VENTIQUATTRESIMA GIORNATA: Barcelona-Athletic Bilbao 3-0: autorete Amorebieta; Xavi; Eto'o.

La Festa della Riconciliazione. Eto’o si riconcilia con il rettangolo verde, si riconcilia con il gol, con Rijkaard e con Ronaldinho (ma “il caso”era stato ampiamente montato, bisognerebbe sapere che Eto’o ha sempre avuto di questi scatti); il Barça si riconcilia con il proprio pubblico, tornandogli a offrire, complice, non dimentichiamolo, un tenero Athletic, un calcio spettacolo che era un po’ di tempo che non potevamo apprezzare. Quando il Barça gioca così, il discorso per la Liga non si pone neanche, sia chiaro. Intanto, due punti sul Sevillla e sei su Real Madrid e Valencia (che ha pareggiato in casa del Nàstic…no comment).
Scoprirò l’ acqua calda, ma con Eto’o il Barça è tutta un’ altra cosa. Ha un altro respiro, un altro spirito, qualche buona marcia in più e un’ accelerazione decisiva. Il camerunese offre al gioco del Barça una profondità sconosciuta a quella di tutte le altre squadre. Ronaldinho (ieri IMMENSO), che non ha più tutti gli occhi addosso e si trova meno costretto in spazi angusti, ritrova finalmente il partner ideale per raccogliere i suoi lanci profondi e allungare le difese avversarie. In generale, la presenza di Eto’o torna a fornire alternative tattiche decisive a Rijkaard, togliendone al tempo stesso agli avversari, i quali se tengono alta la linea di difesa corrono il rischio di lasciare spazi alla velocità di Eto’o, mentre se restano a difendere vicino alla propria porta si consegnano inevitabilmente all’ assedio blaugrana. Come cascano, cascano male, mentre con Gudjohnsen e Saviola potevano pressare più alto e rilanciare l’ azione con più tranquillità, dato che, senza Eto’o, più difficilmente scattava il pressing sui difensori avversari (ma quest’ aspetto andrà verificato meglio quando Eto’o tornerà alla forma migliore e in ogni caso contro avversari più probanti, come nei prossimi cruciali “dentro o fuori” con Zaragoza e Liverpool).
La festa, dopo un avvio titubante in cui l’ Athletic pareva potersi affacciare in maniera pericolosa, ha inizio a partire dall’ incredibile autorete di Amorebieta, che è talmente bravo a impappinarsi da solo da far credere in presa diretta che il pallone fosse rimbalzato su Eto’o. Il secondo gol è invece è una perfetta dimostrazione di ciò che il Barça guadagna con Eto’o: Ronaldinho alza la testa, pallonetto filtrante magistrale, Eto’o che scatta profondo, attira su di sè due difensori e di prima gira stupendamente all’ indietro premiando il perfetto inserimento di Xavi che, sempre al volo, batte Aranzubia. Tutto di prima, calcio verticale, veloce ed incisivo.
Due gol sotto, l’ Athletic apre ancora di più gli spazi, scenario ideale per sancire la resurrezione ufficiale di Eto’o il quale, sul filo del fuorigioco, percorre una prateria e infila Aranzubia, andando poi a raccogliere l’ abbraccio del pubblico e dei compagni. Su di giri, c’ è spazio per l’ accademia e, nel secondo tempo, per l’ espressione del talento a briglia sciolta, con lo scoppiettante Iniesta e con Ronaldinho in pieno delirio, due traverse per lui, una delle quali al termine di un’ azione indescrivibile (vi consiglio di guardare gli highlights qui sotto, non posso rendere l’ idea con le parole).

I MIGLIORI: Eto’o è la scintilla, innesca un “contagio” positivo per tutta la squadra che si sblocca e riesce ad esprimersi sui suoi livelli migliori. Ronaldinho ha bisogno di lui e lui ha bisogno di Ronaldinho, il quale nel secondo tempo raggiunge livelli di magia impensabile. La serie di dribbling conclusa dal pallonetto che, quasi dalla linea di fondo, bacia la traversa, ha rischiato di entrare nella storia del calcio.
In settimana “AS” aveva pubblicato foto inequivocabili sull’ ingrassamento di Ronaldinho dal 2003, suo primo anno blaugrana, ad oggi (volevo anche pubblicarle sul blog, ma ho avuto qualche problema). La maggior pesantezza e lo scarso allenamento li abbiamo notati tutti in questa stagione in cui Ronaldinho fatica tantissimo a bruciare l’ avversario col suo spunto classico (doppio passo e accelerazione secca) , ma il miglior giocatore del mondo è tale perché da un momento all’ altro può tirare fuori prestazioni come queste. Con i movimenti di Eto’o potrà poi tornare a sfogare appieno il suo genio di rifinitore, intanto fa il simpaticone quando a fine gara si spoglia in favore di telecamera per permettere agli spettatori da casa di controllare meglio la condizione dei suoi addominali.
Sul piano strettamente individuale, questa stagione del Barça verrà ricordata come la stagione della definitiva consacrazione di Iniesta, splendente protagonista in tutte le zone del campo, davanti alla sua difesa come sulla trequarti avversaria e sulla linea di fondo. Grande prestazione di Xavi, molto convincente anche Edmilson, ottimo nell’ anticipo sui rilanci della difesa basca e perfetto nelle sue aperture verso le fasce, dato che l’ Athletic gli lascia sufficiente tempo e margine di manovra.
Nell’ Athletic, l’ unico che si salva forse è Aranzubia (peraltro non impeccabile sul gol di Xavi), bravo se non altro a impedire che il passivo aumenti a dismisura nel secondo tempo, soprattutto in un paio di occasioni su Ronaldinho.
I PEGGIORI: L’ Athletic (Mané ha preferito in partenza i centimetri di Urzaiz al contropiede di Aduriz, bi-goleador domenica scorsa), dopo un inizio in cui sembrava ben disposto con le giocate di Yeste tra le linee, buone sponde di Urzaiz e buone sovrapposizioni sulla fascia destra, si è rivelato a partire dall’ autogol di Amorebieta poco più che uno sparring partner, permettendo al Barça di combinare agevolmente a centrocampo per poi distendersi in profondità. La condanna è quindi generale. Va bene che le partite-salvezza sono altre, ma non ci si può presentare al Camp Nou così poco determinati e aggressivi.

AZIONI SALIENTI

Barcelona (4-3-3): Valdés s.v.; Oleguer 6, Thuram 6, Puyol 6,5, Gio 6; Xavi 7, Edmilson 6,5 (81'), Iniesta 7; Giuly 6,5 (78'), Eto’o 7 (66'), Ronaldinho 8.
In panchina: Rubén, Sylvinho s.v. (81'), Motta, Saviola s.v. (78'), Messi s.v. (66'), Ezquerro, Gudjohnsen
Athletic (4-2-3-1): Aranzubia 6,5; Expósito 5, Sarriegi 5,5 (77'), Amorebieta 4, Casas 5; J. Martínez 4,5, Murillo 5 (46'); Iraola 5,5, Yeste 5,5, Gabilondo 5; Urzaiz 6 (53').
In panchina: Alba, Bergara s.v. (77'), Zubiaurre, Llorente 5 (53'), Dañobeitia, Etxeberria, Aduriz 5,5 (46')

Goles: 1-0 (22'): Amorebieta se lía y remata de tacón un centro de Giuly; 2-0 (29'): Xavi, desde la frontal, caza de volea a cesión de Etoo; 3-0 (40'): Etoo supera por bajo la salida de Aranzubia, tras pase al hueco de Ronaldinho.
Árbitro: Lizondo Cortes, del Colegio Valenciano. Amonestó a Bergara (89').
Incidencias: Camp Nou. 70.000 espectadores.

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domenica, febbraio 25, 2007

VENTIQUATTRESIMA GIORNATA: Atlético Madrid-Real Madrid 1-1: Fernando Torres 10' (A); Higuain 61' (R).

Un colpo di genio del figliol prodigo Cassano regala un pareggio scandalosamente immeritato a un Real Madrid stomachevole, la Negazione del Calcio. Ho voluto andarci piano, perché in campo c’è stata una sola squadra, l’ Atlético Madrid, che ha giocato di gran lunga la miglior partita casalinga della stagione (asseime forse a quella col Villarreal), partita che però frutterà solo infiniti rimpianti per aver mancato l’ aggancio a quota 42 nei confronti dei rivali cittadini. Atlético che deve rimproverarsi per non essere riuscito a chiudere definitivamente i conti quando nel primo tempo stava asfaltando il rivale, ma che può anche disperarsi per una svista arbitrale che gli ha negato il secondo legittimo gol e per gli intereventi prodigiosi di Casillas, soprattutto nel finale quando con l’ espulsione di Cannavaro si era tornati a giocare ad una porta sola.

L’ Atlético, tornato al 4-4-2, vuole fare subito sua la partita, e ha una partenza travolgente, insostenibile per il fiacco Real Madrid. Merengues sballottati a centrocampo che, aggrediti da un pressing feroce, perdono con estrema facilità le posizioni. All’ Atlético basta un piccolo colpo sull’ acceleratore per scavare una differenza enorme: le combinazioni sull’ asse Jurado-Aguero-Torres rappresentano il valore aggiunto di questa squadra, ma l’ azione dell’ 1-0 nasce dalla fascia destra, da una palla rubata sulla trequarti da Torres (dopo un intervento a vuoto, toh, di Cannavaro) e una fuga di Galletti, che ha l’ intelligenza di rimettere il cross indietro al limite dell’ area, dove arriva indisturbato proprio Fernando Torres, che insacca alle spalle di Casillas.
Luccin è il padrone del centrocampo, Jurado va di bicicleta in bicicleta, e arriverebbe anche il secondo strameritato gol, se non fossero arbitro e guardalinee a combinare un mezzo pasticcio su una punizione dalla destra di Antonio Lopez, che non viene toccata da Aguero, sbatte sul palo e di conseguenza terrebbe in gioco Perea, al quale però il gol viene annullato. Doppio errore, perché allo stesso tempo l’ arbitro non vede un netto fallo da rigore proprio sul Kun.
Solo verso il venticinquesimo minuto, e vi assicuro che parlo sul serio, il Real Madrid riesce a mettere cinque passaggi in fila. L’ Atlético, per motivi fisiologici, allenta un pochino la pressione e lascia spazi e tempi di gioco più umani al Real Madrid, però i colchoneros restano i padroni indiscussi dell’ incontro, muovono bene la palla e sfiorano il gol con Galletti che evita Torres, rientra sul sinistro ma trova il fenomenale Casillas. Il Real Madrid potrebbe anche pareggiare, ma non va oltre la pura casualità, il suo schema preferito. Higuain, liberatosi in profondità, si scioglie davanti a Leo Franco tirandogli addosso, mentre a fine primo tempo, una serie di rimpalli al limite dell’ area dopo azione da calcio d’ angolo libera Cannavaro davanti a Leo Franco, rigore in movimento che il Pallone d’Oro/Fifa World Player 2006 (o tempora, o mores!) ciabatta malamente.
Nel secondo tempo l’ Atlético prova a riproporre gli stessi ritmi di inizio partita, sembrerebbe riuscirci, ma al 61’ Cassano, entrato nell’ intervallo al posto di Reyes, vede un varco impossibile, e per sua fortuna trova Higuain ad assecondarlo. La linea di difesa dell’ Atlético è alta, ma non sempre impeccabile nel salire in blocco, e l’ argentino ex River Plate la rompe tagliando fra Seitaridis e Perea e resistendo al ritorno di Zé Castro, dopodichè fulmina Leo Franco, trovando il tanto agognato primo gol nella Liga. Uno a uno, tutto da rifare, grande frustrazione e disorientamento nelle fila dell’ Atlético che, unito al naturale calo atletico, fanno pendere decisamente la partita verso il Real Madrid, il quale però, un po’ più solido ora a centrocampo con Diarra al posto di Gago, non sa proprio che farsene di questo momento favorevole, al di là di qualche metro guadagnato e qualche passaggio di più messo in fila.
L’ Atlético ha così il tempo di ricomporsi e rialzare la testa: Aguero scatta in profondità e aggira l’ uscita di Casillas ma, costretto ad allargarsi, il massimo che può fare è crossare per Mista, il quale dall’ altra parte stacca bene ma vede il suo colpo di testa sventato da un grande balzo di Casillas, appena rientrato fra i pali. Con l’ espulsione per doppia ammonizione di Cannavaro (che la corda l' ha tirata fin troppo, entrata dopo entrata), l’ assedio si intensifica, e l’ ultimo grande sussulto viene proprio al novantesimo spaccato, con Aguero che parte in slalom dalla fascia sinistra, penetra in area, chiude col destro sul primo palo a botta abbastanza sicura, ma il piedone di Casillas completa la beffa.


AZIONI SALIENTI


ATLETICO MADRID (4-4-2):

Leo Franco: Tre interventi in tutto, uno su un tiretto di Higuain, un altro su un altro tiretto stavolta di Cannavaro solo nell’ area, un altro ancora, l’ ultimo, per raccogliere il pallone in fondo al sacco e chiedersi: “perché?”. Voto: 6.
Seitaridis: Solito rendimento garantito, puntuale nei raddoppi e continuo nel sovrapporsi e appoggiare l’ azione offensiva. Voto: 6,5.
Perea: La linea di difesa non sale benissimo, e ha le sue responsabilità, ma gli spazi che crea è bravissimo a chiuderli con la sua velocità. Contropiedi che con altri difensori sarebbero letali, con lui non hanno neanche il tempo di nascere. Gli viene annullato un gol regolarissimo. Voto: 6,5.
Zé Castro: Incerto, fa una figura piuttosto brutta nell’ occasione del gol del Real Madrid, quando letteralmente non regge il confronto con Higuain. Voto: 5,5.
Antonio Lopez
: Non ha praticamente avversari sulla sua fascia (Raul, che taglia quasi sempre al centro, e Salgado, ho detto tutto), una partita tranquilla con rare avventure offensive. Nel finale batte troppo alta, lui che ha il mancino assai sensibile, una punizione da posizione assai interessante. Voto: 6.
Galletti: A dispetto della tanta diffidenza (anche da parte mia), “El Hueso” se la sta cavando in maniera decente (anche se l’ acquisto di un’ ala di spessore resta una priorità assoluta per l’ Atlético dell’ anno prossimo). Grinta e corsa, come sempre, non di rado mette in difficoltà Miguel Torres coi suoi scatti. Fornisce un assist intelligente a Fernando Torres nell’ occasione del gol. Voto: 6,5. (dal 26’ s.t. Mista: Entra per dare più peso, partendo dalla fascia sinistra. Va parecchio vicino al gol di testa, però c’è Casillas. Voto: 6,5)
Luccin: Il suo avvio è mostruoso, determinante nell’ imprimere quell’ intensità superiore al centrocampo dell’ Atlético. Pressa come un dannato, ruba palloni importanti e si impone come dominatore e punto di riferimento imprescindibile. Voto: 7.
Maniche: Partecipa anche lui all’ esaltante inizio, raddoppiando sugli avversari e cercando anche di inseriresi e di sorprendere coi suoi tiri da fuori, senza particolare fortuna però. Voto: 6,5.
Jurado
: Per un suo fan di lunga data come il sottoscritto, è un piacere vederlo giocare così contro chi non ha creduto in lui (e a nulla sono valsi quest’ estate i ridicoli tentativi di dietrofont di Calderon a operazione già conclusa). Nelle fasi iniziali della partita, con i suoi doppi passi superdisinvolti, è praticamente incontrollabile per un ex giocatore come Salgado. Poi cala progressivamente, fino a sparire quasi del tutto nel secondo tempo (con la stanchezza che sopraggiunge e, ancora di più, con lo spostamento sulla fascia destra susseguente all’ ingresso di Mista, una posizione che lo limita enormemente), ma il segnale giusto l’ ha dato eccome: con talenti come lui, Iniesta, Silva e Fabregas, la Seleccion ha scorte di buon calcio più che sufficienti per il prossimo decennio. Voto: 7.
Fernando Torres: Rompe un digiuno abbastanza lungo andando finalmente in gol in un derby. I ritmi della partita e la furia del suo Atlético lo esaltano, cerca di farsi trovare dappertutto: pressa e aiuta il centrocampo, riavvia l’ azione (come avviene proprio nell’ occasione del suo gol), assiste i compagni (il sinistro di Galletti deviato da Casillas) e diventa un incubo per la difesa del Real Madrid con le sue accelerazioni, soprattutto nel primo tempo. Voto: 7.
Aguero: Si notano sensibili progressi nel gioco di squadra e una maggior partecipazione alla manovra. Bravo a venireincontro per scambiare con Jurado così come nel proporsi in profondità, offre un ottimo cross per il colpo di testa di Mista poi neutralizzato da Casillas e nel finale sfiora il gol al termine di un grande slalom, ma sempre Casillas gli dice di no coi piedi. Voto: 6,5.

In panchina: Pichu, Pernía, Pablo, Gabi, Valera, Jacobo.


REAL MADRID (4-2-3-1):

Iker Casillas: Il salvatore, riflessi prodigiosi che hanno pochi eguali a livello mondiale (avesse anche delle uscite decenti) e che hanno potuto, non per colpa sua, rattoppare appena i più svariati disastri degli ultimi anni madridisti. Devia in angolo con un magnifico tuffo un sinistro di Galletti, salva un colpo di testa di Mista e nega coi piedi ad Aguero la gioia del gol, anche se forse è il Kun a non angolare abbastanza. Voto: 7,5.
Salgado: Un reperto archeologico, ubriacato a ripetizione da Jurado nella tremenda fase iniziale, sgonfio e da tempo inutile in tutte e due le fasi. Voto: 5.
Helguera
: Nettamente il miglior difensore madridista, non solo in questa partita. Fa un po’ da libero e un po’ da balia, dovendo rimediare in seconda battuta alle titubanze di Salgado alla sua destra e agli spropositi di Cannavaro alla sua sinistra. Nello slalom di Aguero che poteva costare il 2-1 però indietreggia troppo nell’ area piccola invece che andare a ringhiare subito sull’ argentino. Voto: 6,5.
Cannavaro
: Sempre fuori posizione, sempre sorpassato. E’ diverso dal campionato italiano, qui non è così coperto dal centrocampo, la difesa gioca più alta e spesso lui deve andare a chiudere lateralmente, venendo troppe volte bruciato dall’ avversario di turno, che nella migliore delle ipotesi lo costringe al fallo. Costantemente in ritardo negli interventi, la doppia ammonizione arriva sin troppo tardi (anche se il fallo del secondo giallo non è niente di che, diciamo che ha contato più la reiterazione). Sciupa un gol clamoroso nel primo tempo, mancandogli ovviamente il mestiere dell’ attaccante di ruolo. Voto: 4,5.
Miguel Torres: Va di moda dire che non sbaglia un colpo, ma non è che nella partita di ieri ci abbia capito tantissimo. Soffre le accelerazioni di Galletti (che se lo beve nell’ occasione poi sventata da San Iker nel primo tempo), coll’ espulsione di Cannavaro va a fare il centrale, ruolo anche questo che fa parte del suo ampio repertorio. Voto: 5,5.
Gago
: Completamente fuori partita, saltato in continuazione, fatica a trovare la posizione e tocca pochissime volte il pallone, perdendolo in compenso 9 volte, che per uno del suo ruolo è un’ enormità. Il cambio è più che mai logico. Voto: 5. (dall’ 8’ s.t. Diarra: Maggiore presenza rispetto a Gago, rimedia un cartellino giallo per accese proteste. Voto: 6).
Emerson: Il meno peggio del centrocampo, gioca più avanzato rispetto a Gago e quindi si trova più volte, forse fin troppe, ad appoggiare l’ azione sulla trequarti. Voto: 5,5.
Raul: Si sacrifica e basta, perché la sua squadra non tiene palla, non si affaccia sulla trequarti e quindi lui non può proporre i suoi tagli, l’ unico movimento offensivo riconoscibile di questo Real Madrid. Lo si ricorda al massimo per qualche appoggio all’ altezza del cerchio di centrocampo, finisce risucchiato nella sua metacampo. Voto: 5.
Guti: Altra prova di maturità fallita (ma per lui come per altri giocatori, va capito dove finiscano le colpe individuali e dove inizino i pesanti condizionamenti di un gioco inesistente), la “promessa di 31 anni” resta relegato alla periferia della partita, cancellato dal ritmo del centrocampo colchonero, isolato sia dai compagni del centrocampo che dagli attaccanti, sia quando gioca da trequartista nel primo tempo sia quando nel secondo, con l’ entrata di Cassano, parte da una posizione teoricamente più defilata sulla sinistra. Voto: 5. (dal 31’ s.t. Marcelo: va a fare l’ esterno di centrocampo, ma siccome Cannavaro viene espulso e Torres lo deve rimpiazzare al centro, presto deve arretrare e dedicarsi tutt’ al più a spazzare qualche pallone lontano. s.v.)
Reyes: Vale per lui, molto di più per lui, lo stesso discorso fatto per Guti. Ci mette tanto di suo, ma è impossibile per qualunque esterno al mondo mettersi in mostra nel Real Madrid del primo tempo. Voto: 5. (dal 1’s.t. Cassano: Ennesima carta della disperazione per Capello, alla fine è decisivo. Si vede che è fuori forma, gli avversari lo anticipano e lo raggiungono dopo pochi metri di scatto, ma quell’ assist lo possono fare in pochi. Voto: 7)
Higuain: Già li sentivamo: “bravino questo Higuain, grande tecnica, controlli a seguire, sombreros, ma i gol?”. Finalmente si toglie questo peso, anche se il gol sbagliato nel primo tempo davanti a Leo Franco era molto simile ad altri già falliti in questa sua avventura madridista, manifestazioni di scarsa freddezza. I suoi movimenti sono intelligenti, la sua velocità dà un po’ di freschezza, ma trova quasi sempre scarsissima assistenza. Voto: 6,5.

In panchina: D. López, Pavón, Mejía, Robinho.

Goles: 1-0 (11'): Torres recibe de Galletti, controla dentro del área y saca un disparo con la derecha que entra pegado al palo izquierdo de la portería defendida por Casillas; 1-1 (61'): Gran pase al hueco de Cassano a Higuaín, que gana en carrera a Zé Castro, se planta ante Leo Franco y le fusila con la pierna derecha.
Árbitro: Daudén Ibáñez, del Colegio Aragonés. Expulsó a Cannavaro por doble tarjeta amarilla (13' y 82'). Amonestó a Luccin (41'), Cassano (47'), Miguel Torres (49'), Guti (53'), Galletti (60'), Diarra (84') y Casillas (90').
Incidencias: Vicente Calderón. Lleno total. 55.000 espectadores. El césped fue regado poco antes de empezar el encuentro. Unos 1.100 aficionados del Madrid estuvieron en las gradas del estadio rojiblanco. El de ayer es el primer empate que firma el Madrid a domicilio en lo que va de campeonato.

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VENTIQUATTRESIMA GIORNATA: Real Sociedad-Deportivo 0-1: Arizmendi.

Temevo particolarmente alla vigilia questa partita per lo “spettacolo” che ci avrebbe potuto offrire, con le due squadre meno prolifiche (ultima la Real, penultimo il Depor) della Liga. Perlomeno la Real ha mostrato l’ orgoglio, ma nemmeno quello è bastato per evitare una sconfitta che la destina prematuramente alla Segunda e che probabilmente costerà la panchina anche a Lotina (ma a che pro?). Deportivo che, imbattuto in quest’ inizio 2007, incassa tre punti preziosi per assestarsi in zona-tranquillità, seguendo fino in fondo la ricetta-Caparros: solidità difensiva e massima efficacia, visto che di fatto il gol di Arizmendi (su azione da calcio piazzato, uno dei pochi modi in cui questa officina, perenne orfana di Valeron e ora anche di Riki per il prossimo mese, riesca ad andare a segno) è l’ unica occasione prodotta dagli ospiti in tutta la partita, assieme a un colpo di testa a lato di Taborda (preziosa la sua sponda sul gol di Arizmendi) in apertura .
Poteva sicuramente meritare il pareggio la Real, ma i due gol divorati da German Herrera nel primo tempo e la proverbiale abilità del Depor nel chiudere tutti gli spazi hanno reso piuttosto improduttivo l’ assedio txuri-urdin (già sterilissimo di suo), fattosi insistente in tutta la seconda frazione. Un peccato, perché la Real attuale con Aranburu, Xabi Prieto, Savio, Kovacevic ed Herrera (niente di che, ma almeno è una seconda punta con caratteristiche finalmente complementari a quelle di Kovacevic) è sicuramente più presentabile rispetto a quella di inzio stagione, ma ormai è troppo tardi, e l’ eredità della disastrosa pianificazione estiva di Bakero ha pesato fin troppo.

I MIGLIORI: Arizmendi decisivo, in spaccata stavolta non fallisce l’ unica occasione buona che gli capita (certo che il mondo sta andando a catafascio…). Impeccabile Lopo al centro della difesa. Ha perso il dribbling secco che aveva in gioventù, ma la tecnica limpidissima non va certo via a Savio, che è di gran lunga il miglior giocatore a disposizione di Lotina. Forse però viene troppo a gigioneggiare al centro invece cercare l’ uno contro uno con Coloccini, non certo modello di agilità sulla fascia destra. Proprio in zona centrale il brasiliano crea l’azione più spettacolare della partita, doppio dribbling in uno spazio ristretto con tunnel ad evitare il secondo giocatore che gli si fa incontro in scivolata
I PEGGIORI: Le due facce di Herrera: è uno dei più attivi della Real, vivace e generoso, ed è anche l’ unico a dare profondità, ma nel primo tempo fallisce due occasioni imperdonabili (soprattutto la seconda), liberissimo di colpire di testa nell’ area piccola. Garitano è un giocatore inutile, uno di quei piedi quadrati che hanno trascinato questa desolante Real verso l’ abisso (da Xabi Alonso-Aranburu nel 2002-2003, quest’ anno siamo arrivati a sorbirci perfino Garitano-Juanito).

Real Sociedad (4-4-2): Bravo 6; Gerardo 6 (84'), M. González 6, V. López 6, Rekarte 6; X. Prieto 6, Garitano (76'), Aranburu 6, Savio 6,5; Herrera 5,5 (76'), Kovacevic 5,5.
In panchina: Riesgo, Rivas, De Cerio s.v. (76'), A. Novo s.v. (84'), M. Alonso s.v. (76'), Ansotegi, Elustondo.
Deportivo (4-4-2): Aouate 6; Coloccini 6, Lopo 7, Andrade 6,5, Capdevila 6; Estoyanoff 6, De Guzman (46'), Sergio, Cristian 5,5 (78'); Arizmendi 7, Taborda 6,5 (65').
In panchina: Munúa, Barragán, Filipe s.v. (78'), Juanma, J. Rguez 5,5 (65'), Verdú 5,5 (46'), Rubén Rivera.

AZIONI SALIENTI

Gol: 0-1 (28'): Arizmendi resuelve en el área pequeña tras una prolongación de Taborda.
Árbitro: Turienzo Álvarez, del Colegio Castellano-Leonés. Amonestó a De Guzman (21'), López Rekarte (31'), Sergio (55') y Arizmendi (63').
Incidencias: Anoeta. 31.000 espectadores. El estadio rozó el lleno gracias a la iniciativa del Consejo de regalar dos entradas a cada socio. Terreno de juego en buenas condiciones.

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venerdì, febbraio 23, 2007

Coppa UEFA, avanti tutte.

Sono in forte disaccordo con chi snobba la Coppa Uefa. Certo, non ha la qualità della Champions, ma per altri versi la ritengo una competizione importantissima, il termometro più efficace per misurare i valori medi del calcio di una nazione (proprio perchè è la "classe media" dei principali campionati a parteciparvi).
Capita spesso infatti di sentire considerazioni superficiali, secondo le quali se il Barça, il Milan o il Man United, per fare degli esempi, vincessero la Champions League, ciò evidenzierebbe automaticamente la superiorità del calcio spagnolo, italiano o inglese rispetto a quello degli altri paesi. Nulla di più sbagliato, va considerato l' andamento complessivo di tutte le squadre delle varie nazioni: se una vince la Champions, ma tutte le altre, in Champions come in UEFA, escono presto, il bilancio globale non è positivo.
Barça, Milan o Man United, continuando a seguire l' esempio, possono dire di essere la squadra più forte d' Europa, ma spagnoli, italiani o inglesi non hanno nessun motivo per dire che il loro calcio è il migliore. Il ranking UEFA (a differenza del ranking FIFA delle nazionali) è una cosa seria, non fa distinzioni fra Coppa Uefa e Champions. Nel ranking UEFA la Spagna è da anni prima, a conferma che il suo calcio di club negli ultimi anni è il più competitivo, in concorrenza con quello inglese.
Lo spettacolo nella Liga è scemato parecchio, ma se il Celta, terzultimo in patria, elimina con pienissimo merito prima la terza della Serie A, il Palermo, poi una ricca partecipante dell' ultima Champions, lo Spartak Mosca, qualcosa vorrà pur dire. E anche l' Osasuna, pur soffrendo e con fortuna, elimina comunque il Bordeaux, altra squadra fuoriuscita dalla Champions, una delle migliori fra le "umane" della Ligue 1. E pure l' Espanyol che nella fase a gironi espugna con un 2-0 l' Amsterdam ArenA...

Espanyol e Sevilla formalizzano un passaggio del turno già opzionato all' andata: gli andalusi battono anche al Sanchez Pizjuan lo Steaua, 1-0, gol di testa di Kerzhakov su cross di Hinkel dalla destra, l' Espanyol domina in lungo e in largo il Livorno, sancendo con un 2-0 un divario nettissimo fra le due squadre. Buonissima partita, dal primo minuto con la mentalità giusta e con tante sovrapposizioni sulle fasce come piace a Valverde. Grande prestazione di Coro, autore di un gol spettacolare anche se molto probabilmente favorito da una deviazione. Anche Eduardo Costa gioca finalmente su buoni livelli, dopo essersi segnalato domenica per la pessima esultanza (avete presente Van Bommel? Il giocatore dell' Espanyol però ce l' aveva col suo pubblico, "colpevole" di aver soltanto fischiato un giocatore tanto reclamizzato quanto deludente finora) dopo il gol al Mallorca.
Per quanto riguarda il Sevilla, si pensa che la lotta in campionato gli possa portare via energie e concentrazione per tentare il bis europeo, ma ciò è vero fino a un certo punto, perchè non solo la forza intrinseca, ma anche la composizione della rosa permettono di lottare su due fronti, ora che sembra passata la siccità di inizio 2007. Ogni ruolo infatti è coperto da almeno due alternative perfettamente intercambiabili, se si esclude l' unicità della caratteristiche di Alves e Kanoutè.
Al centro della difesa Javi Navarro può essere rimpiazzato da Aitor Ocio (che ieri ha giocato un' ottima partita e che secondo me gli è anche piuttosto superiore), mentre Dragutinovic è la controfigura di Escudé. Hinkel era stato acquistato per coprire la cessione di Alves al Liverpool poi sfumata, e si è dovuto adattare per cause di forza maggiore a un ruolo di riserva che gli si addice ben poco, mentre a sinistra, dopo il misteriosissimo ostracismo d' inizio stagione, David è tornato l' istituzione di sempre, potendo contare su ben due alternative per il suo ruolo, lo stesso Dragutinovic e anche Puerta (uscito ieri per infortunio, gli è subentrato Diego Capel, supertalento della cantera da sgrezzare tantissimo sul piano tattico) quando viene arretrato.
A centrocampo due coppie quasi speculari: Poulsen-Renato da una parte e Martì-Maresca (la coppia dei successi dell' anno passato, che ha giocato anche ieri con lo Steaua) dall' altro. Un pivote che tiene la posizione e una mezzala-incursore. Importante variare fra le due coppie, perchè se Poulsen-Renato son stati una delle chiavi dei primi mesi, il loro fisiologico calo ad inizio anno è stato netto, e ha consigliato qualche cambio a Juande Ramos.
Sulle fasce, a destra Jesus Navas ha trovato un rimpiazzo interessante nell' Under 21 Alfaro, mentre a sinistra per dare il cambio ad Adriano c'è il solito Puerta. In attacco, Kanouté-Luis Fabiano, con le alternative Kerzhakov (che sta cominciando ad ingranare e promette di scavalcare Luis Fabiano) e Chevanton (una delle poche delusioni di questa stagione, acquisto che pareva azzeccatissimo, frenato nel suo inserimento da un infortunio ad inizio stagione, oltrettutto all' origine a quanto pare di un piccolo dissidio fra Monchi e Juande Ramos, che sembra non desiderasse particolarmente l' uruguagio). La duttilità di alcuni giocatori poi, aggiunge ulteriori soluzioni (Dragutinovic centrale o terzino sinistro, Daniel Alves che può giocare anche a centrocampo, Adriano che si trova benissimo anche a destra, Alfaro che può cambiare fascia ma anche agire da seconda punta).
La sfida vera, sempre che Juande Ramos sappia dosare bene le energie, sarà quella di gestire questi ultimi mesi con la mentalità giusta, soprattutto in testa alla classifica della Liga, dove l'occasione, con la risaputa inadeguatezza di Real Madrid e Valencia e con le difficoltà non si quanto durevoli del Barça, si profila imperdibile.

L' Osasuna vive una serata memorabile, sul filo del rasoio fino all' ultimo contro il Bordeaux, risolta al 119', quando ormai si pensava ai rigori, da Javad Nekounam con un inserimento aereo. Il prezioso centrocampista iraniano, se non era già diventato un idolo degli Indar Gorri per l' ottima stagione che sta disputando, sicuramente avrà trovato ora la sua piccola consacrazione.
Il Celta, nonostante la sua situazione pericolante nella Liga, passa con notevole sicurezza agli ottavi. Partita tatticamente perfetta quella disputata ieri sera al Balaidos. Vazquez mette in pratica una soluzione da tempo caldeggiata, la difesa a cinque, e punta tutto sul contropiede. Attira nella sua metacampo uno Spartak dalla manovra assai impacciata e dalla difesa macchinosa (a parte Geder, centrale brasiliano interessante), e lo colpisce poi coi rovesciamenti di fronte proposti dall' atipico tridente messo in piedi da Vazquez. Nell' inedito 5-2-3 galiziano (in cui un ottimo Pablo Garcia, a lungo appiedato da un infortunio, affianca Oubina a centrocampo), Canobbio (giocatore con momenti di rara squisitezza) fa il centravanti fintissimo, attirando su di sè gli avversari e lanciando negli spazi le due ali, Nené a sinistra e Nunez a destra.
Nunez va in brodo di giuggiole, perchè tecnicamente è modesto, ma a disposizione ha ampie praterie nelle quali esibire i suoi devastanti allunghi, mentre Nené, estroso quanto delle volte disperante, segna l' 1-0 con un pallonetto di gran classe. Il 2-o della sicurezza lo segna il gregario Jonatan Aspas (esterno di fascia, ieri terzino destro della difesa a 5, mentre Angel si è spostato sulla sinistra), un gol non proprio da gregario, fiondata da 3o metri che lascia di sasso Khomich.
Un po' di paura nel finale (quando per perdere tempo, entra Baiano, tenuto a riposo per la Liga, dove l' attacco da atipico non potrà che tornare quello tipico) viene quando un fin lì inutile Titov accorcia le distanze, ma niente che metta in discussione le cose.

Ora, negli ottavi, viene il difficile per il Celta, confronto improbo col Weder Brema, una delle favoritissime della Coppa (se però perdura la crisi dei tedeschi e Schaaf, come sua abitudine, offrirà il fianco in difesa, qualche opportunità esiste). Il Sevilla se la vedrà con un' altra squadra di Champions, lo Shakhtar, avversario alla sua portata anche se Lucescu non mancherà di piazzare trappole qua e là. Sfida affascinante e molto equilibrata fra Osasuna e Glasgow Rangers, da non sottovalutare il Maccabi Haifa (ha eliminato il CSKA Mosca, penultimo vincitore della UEFA, e nei preliminari di Champions aveva fatto un' onorevolissima figura contro il Liverpool) che attende l' Espanyol.

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giovedì, febbraio 22, 2007

Il Re è nudo.

Sconcertante suicidio casalingo del Barça, qualificazione ai quarti gravemente compromessa dall' 1-2 casalingo contro un Liverpool che ha capito tutto. La squadra di Rijkaard da tempo, in maniera più accentuata da inizio 2007, trasmette una disarmante sensazione d' impotenza.
Un punto in due partite contro il Valencia, una sconfitta col Real Madrid, col Sevilla una memorabile lezione subita in Supercoppa e una vittoria abbastanza immeritata in campionato, col Chelsea una sconfitta e un pareggio, stasera sconfitta col Liverpool: tutte le grandi squadre hanno preso le misure al Barça e sanno come neutralizzarlo, l' undici visto stasera, ma anche quello visto a Valencia, è impossibile che possa andare ad Anfield e vincere 2-0.
Servirebbe un cambio di rotta radicale, impensabile nel giro di due settimane. L' assenza di Eto'o non può costituire un alibi, ma anzi deve richiamare l' attenzione sulle scelte di mercato poco azzeccate della società, fatto questo poco evidenziato nel periodo in cui le cose andavano bene (e mi ci metto di brutto fra i colpevoli): Gudjohnsen è sempre stata una seconda punta di raccordo, Saviola, orrendo stasera, non è, diciamolo francamente, all' altezza di queste sfide, e comunque non ha capacità fische ed atletiche per fare la punta centrale in un tridente, lo sappiamo da tempo.
La manovra, lentissima, non sorprende più nessuno, i giocatori son tutta la stagione poco brillanti, arrivano in ritardo sul pallone e non propongono movimenti e sovrapposizioni che possano creare fratture nella difesa avversaria (anche se conosciuto fino alla noia, il 4-3-3 di Rijkaard può sorprendere ancora se alla tecnica si accompagna l' esplosività, non scherziamo). Solo qualche progressione solitaria di Zambrotta, come quella del cross che porta all' 1-0 di Deco (dopo il quale, durante una decina di minuti, il Barça dà la netta sensazione di poter chiudere subito i conti, prima che si scoprissero tutti gli altarini).
Altra faccia di questa scarsa brillantezza, è la bassissima percentuale di uno contro uno vinti, e se le cose stanno così nessuna muraglia difensiva può essere abbattuta (ancora di più quando manca un centravanti che sappia sgomitare in mezzo all' area e semplificare le cose sul gioco aereo, perchè per rendere dominante il gioco del Barça occorre che splendano i fenomeni, mancano gli espedienti e il mestiere delle squadre "normali"): Ronaldinho gioca da fermo, lo dico per l' ennesima volta, se non si allena quasi mai non può che essere così, Messi è appena tornato dall' infortunio e ha giocato una partita modesta, mai così male lui che è solito esaltarsi sui palcoscenici europei. Iniesta, l' altro giocatore desequilibrante (come dicono in Spagna), è restato discutibilmente in panchina, ed è entrato nel secondo tempo al posto di un orripilante Motta (uno di quei giocatori dei quali ci si dovrebbe liberare l' anno prossimo, assieme a Saviola, Gio e Belletti), andando a comporre il trio di piccoletti con Xavi e Deco, poi messo da parte con la sostituzione di Xavi per Giuly, ma Andresin, relegato soprattutto in posizioni di retroguardia, non ha potuto incidere col suo dribbling, in una situazione peraltro di crescente nervosismo ed impazienza.
In questi ultimi anni non si era mai visto un Barça con questa fatica ad andare in gol e a creare occasioni; questa difficoltà rende salatissimo il costo che si paga con le ricorrenti disattenzioni difensive, che vengono invece nascoste quando il Barça è in condizione di sciorinare il suo miglior futbol. Deconcentrazione, tremarella, pasticci vari (Valdes sul primo gol la fa fuori dal vaso, anche lui ogni tanto...) e soprattutto una gestione della partita masochistica che chiama in causa come principale imputato un Rijkaard penoso, umiliato dal confronto con Benitez. La partita è stata affrontata quasi come se non si trattasse del primo atto di una sfida in 180 minuti, da gestire con tutte le cautele del caso, ma quasi come se il Barça dovesse recuperare un passivo di tre-quattro gol. Sull' 1-1, prima esce Motta, e questo ci può stare data l' impresentabilità dell' italo-brasiliano, per puntare sul centrocampo leggero con Iniesta accanto a Xavi e Deco, ma poi esce anche Xavi (male, male, male) per dar spazio Giuly e passare così a tre punte (Giuly a destra, Saviola al centro e Messi a sinistra) più un trequartista, Ronaldinho.
Una soluzione provata altre volte, l' unica alternativa elaborata finora da Rijkaard (tanto bravo a tranquillizzare l' ambiente e a dare un' identità alla squadra, ma assai miope nel proporre cambi in corsa) al modulo di base, un' alternativa che già altre volte ha fallito, rivelandosi utile soltanto in situazioni di superiorità numerica (come l' anno scorso a Stamford Bridge).
Il centrocampo salta, ci si gioca già il tutto per tutto, quando l' andazzo consiglierebbe invece di accontentarsi addirittura dell' 1-1 casalingo, e si scherza così col fuoco. Il gol dell' 1-2 di Riise è qualcosa di inconcepibile in una gara ad eliminazione diretta di Champions League: Gerrard trova un corridoio centrale sguarnito perchè il centrocampo culé non esiste più e la difesa resta così scoperta, Kuyt ci si infila, tira addosso a Valdes, ma Marquez (uno che negli ultimi tempi ci ha capito molto poco) con un obbrobrio regala il pallone che permette a Riise di infilare sotto la traversa.
Il "caso Eto'o" della scorsa settimana è stato probabilmente ridimensionato e non credo abbia inciso al di là di quelli che sono i limiti intrinseci del Barça in questa stagione, però partite come queste sono di certo l' ideale per creare o approfondire fratture e per mettere in discussione un po' di cose in vista dell' anno prossimo.

P.S.: Di Valencia e Real Madrid parlerò fra domani e dopodomani, il tempo di vedere le repliche delle partite.

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martedì, febbraio 20, 2007

Il punto dopo la ventitreesima giornata.

Cominciamo dall' argomento più scottante: Real Madrid-Capello, vado o non vado, col fischio o senza. Le dimissioni svelate dalla radio "Cope" son state seccamente smentite ieri sera dalla società, ma non è da escludere che il prossimo sabato, nel derby con l' Atlético, un altro allenatore (Michel?) sieda sulla panchina madridista. Intanto, stasera l' andata col Bayern, l' incrocio forse peggiore che il calcio europeo possa offrire in questo momento, due squadre tristemente prigioniere del loro passato (dove sono Effenberg e Hierro? Hanno smesso e nessuno mi ha avvisato?), che maltrattano o addirittura provano repulsione per l' oggetto sferico.
Io non so più cosa dire sul Real Madrid, al di là del fatto che non abbia mai amato Capello, non vedo proprio cosa possa aggiungere e che futuro possa avere sulla panchina di questa società, lui stesso se ne sarà accorto. Se le è giocate tutte (il "magico" Becks si è preso un' espulsione, e secondo me rende ancora più asfittica la manovra con quella sua tendenza a spostarsi al centro, vecchiacci come Emerson e Raul stanno tornando alla carica a scapito di Gago ed Higuain, e questo ha creato una divisione fra Capello e Mijatovic, che finora era stato all' interno della società quello che aveva maggiormente appoggiato Don Fabio).
Di fronte all' astinenza da gol e al contemporaneo exploit senese di Ronaldo, Capello è stato messo sotto accusa. Io non credo che sia stata sbagliata la cessione di Ronaldo in sè, quanto il fatto che sia rimasto senza sostituto e che Van Nistelrooy rimanga ora l' unica scelta.
Probabile che ci sia un gioco del tutto particolare fra Capello e la società, con l' uno che aspetta che sia l' altro a fare il primo passo: la società preferirebbe la soluzione delle dimissioni a quella dell' esonero, per ovvi motivi economici, e il contrario vale per Capello, anche se le citate voci di ieri potrebbero smentirmi.

Quello fra Valencia e Barça, già dai tempi di Ranieri, è il confronto di stili più affascinante dell' intera Liga, spesso assai doloroso dal lato culé. Domenica non ha fatto eccezione, e il risultato, 2-1 abbellito appena dalla punizione di Ronaldinho al 90', non testimonia appieno il divario visto in campo.
Il Barça non lo sopporta proprio il Valencia, e a parte alcune giocate individuali soprattutto di Messi nell' ultima mezzora, ha evidenziato la scarsa brillantezza consueta negli ultimi tempi e una certa mancanza di determinazione. Privo di accelerazioni e senza spinta sulle fasce, possesso-palla sterilissimo, l' unica azione la crea Iniesta (peraltro limitatissimo dal Valencia, così come Xavi, brutta storia per il Barça), ma Gudjohnsen sciupa esattamente in fotocopia rispetto al gol mangiato al Bernabeu l' Ottobre scorso.
Per il Valencia era la partita ideale, potendosi dedicare senza rimorso alcuno, e anzi a ragione, al gioco idolatrato da Quique: palla consegnata di proposito al Barça (non vale a nulla dire, come ho sentito da qualche parte, che il Barça ha dominato il primo tempo perchè ha avuto il possesso-palla tutto dalla sua: non c'entra niente, non si giocava su quel piano la partita), muraglia umana nella metacampo di Butelle, contropiede, contropiede e ancora contropiede, verticalizzazioni immediate per colpire negli spazi che il Barça poteva lasciare sugli esterni e nella zona fra centrocampo e difesa.
La sensazione, e non lo dico a cose fatte, è che il Valencia avesse sempre il coltello dalla parte del manico e che la partita si svolgesse sempre nel terreno prediletto dai padroni di casa. E' bastata solo una maggiore precisione nell' ultimo passaggio e maggiore freddezza nelle conclusioni per ottenere l' uno-due che ha stecchito il Barça, pessimo in difesa nel primo quarto d'ora del secondo tempo, incerto nell' applicare il fuorigioco, lascia troppi spazi fra difesa e centrocampo ed è fin troppo permissivo nei confronti di Villa, che andrebbe abbattuto col fucile o perlomeno frenato con falli tattici.
Edmilson, il Bell' Addormentato, non lo affronta, arretra nell' area piccola, gli permette di alzare la testa e di servire Angulo, sul quale Zambrotta si dimentica di eseguire la diagonale. Il secondo gol è una catena di errori, palla verso la fascia destra alle spalle della difesa, fuorigioco che non scatta, respinta di Valdes, palla indietro e inserimento dalla seconda linea di Silva, lasciato incustodito.
Archiviata la baruffa fra Deco e Albelda che lascia in dieci ambedue le squadre, il Barça prova a reagire con un attacco Ronaldinho-Messi-Giuly dal peso inesistente: così si può sperare di segnare soltanto dribblando tutta la difesa avversaria o sfruttando qualche calcio piazzato, poca cosa anche quando hai dei fenomeni.
Messi, posseduto dal demone del dribbling, è l' unica nota positiva del Barça, mettendo in mostra non solo il suo talento leggendario ma anche una personalità e una determinazione che probabilmente faranno arrossire molti suoi compagni. Si procura due-tre punizioni, e su una di queste Ronaldinho accorcia le distanze quando ormai è troppo tardi.
Paradossalmente, un trionfo come questo ribadisce i limiti che impediscono al Valencia di competere per la vittoria del campionato, almeno finchè sulla panchina ci sarà Quique Sanchez Flores. Quante volte può trovare infatti un avversario come il Barça che gioca sempre all' attacco ed è disposto a rischiare il contropiede? Quasi mai, e allora se non hai un gioco da imporre sono dolori.
Il Barça quest' anno ha vinto pochissimo contro le altre grandi squadre, quelle che non solo si difendono ma hanno la qualità per rispondere colpo su colpo, e questo preoccupa soprattutto in prospettiva Champions, ma in campionato sono molto di più i punti in palio contro le "squadrette", e ciò dà un vantaggio decisivo al Barça, perlomeno rispetto al Valencia.

Il Sevilla torna agli splendori del 2006 in una prima mezzora in cui polverizza un Atlético, nel caso ci fosse ancora bisogno di dirlo, palesemente inadeguato a questi livelli (Aguirre poi conferma il rombo a centrocampo, scelta già infelice contro lo strapotere delle fasce sivigliane, ma soprattutto ne annulla completamente il lato creativo aggiungendo a Luccin e Maniche l' inguardabile Costinha. La reazione nel secondo tempo, in 11 contro 1o per l' ingiusta espulsione di Martì e con il cambio Luccin-Jurado, è insufficiente ed affidata solo agli sporadici spunti di un Aguero in progressiva crescita). Pressing feroce e attacchi martellanti, il marchio di fabbrica che torna ad inquietare la Liga.
Daniel Alves continua il suo meraviglioso campionato con un' altra performance universale, assist per il primo gol di Kanouté e raddoppio con una rasoiata micidiale da fuori. Proprio Kanouté, doppietta, è però il protagonista assoluto, con una prestazione ai limiti del paranormale, ancora di più quando la sua squadra affronta il secondo tempo in 10 ed è costretta ad arretrare il baricentro. Il maliano fa reparto da solo, è in stato di grazia, intimidisce gli avversari e tiene su praticamente tutti i palloni. E' un ottimo attaccante, ma siccome questo suo campionato è fin troppo anomalo, la società dovrebbe cominciare a pensare all' occasione imperdibile di monetizzare che gli presenterà il prossimo mercato.

Salgono le quotazioni del Zaragoza, che di questo passo potrebbe cominciare a pensare a un' impronosticabile corsa-Champions sul Real Madrid, se solo riuscisse a trovare un po' di continuità non solo da partita a partita ma all' interno degli stessi novanta minuti. E' la solita storia: contro il Villarreal un' ora di grande calcio, con un fenomenale Barbosa a contenere il passivo, calo inspiegabile e ospiti che consumerebbero l' atroce beffa se non ci fosse quel paracarro di Guille Franco a sprecare tirando a lato.
Nel Zaragoza, prestazioni strepitose di Zapater, che ogni cosa che fa la fa bene (ha l' intelligenza di inserirsi dove fa più male alla difesa del Villarreal, vedi l' azione del gol) e Gabriel Milito, che meriterebbe un elogio a parte per essere forse il miglior difensore in assoluto di questa Liga 2006-2007, forte di un' autorevolezza che fa spavento. Il Villarreal ha soli 4 punti in più, attenzione!, sulla terz'ultima, ma anche se non ci dovrebbero essere pericoli, quella che doveva essere nelle intenzioni la stagione del consolidamento ai primi sei posti della classifica si sta sempre più rilevando un' anonima stagione di transizione.

Salutati Real Sociedad e Nàstic, nelle zone basse della classifica movimenti interessanti. Il Celta torna alla vittoria dopo tre mesi quasi esatti, soffrendo da matti al Reyno de Navarra. In gol Baiano (che non segnava da sette partite) al 2', in dieci dal 40' per l' espulsione da idiota di Canobbio, si affida agli incredibili riflessi di Pinto oltre che alla fortuna per portare a casa tre punti fondamentali, perchè anche se l' Athletic ha vinto 2-0 col Getafe (stupendo il secondo gol di Aduriz, da manuale del contropiede. Doppietta per quest' ottimo attaccante un po' sfortuinato finora in questa Liga), i baschi alla prossima andranno al camp Nou, e ciò potrebbe instaurare una tendenza positiva per i galiziani, perchè anche lo 0-0 ottenuto al Riazor riporta a tiro, nonostante la cura Abel Resino-Salva abbia datofinora i suoi frutti, il Levante.


CLASSIFICA
1 Barcelona 46
2 Sevilla 46
3 Valencia 42
4 Real Madrid 42
5 Atlético 39
6 Zaragoza 38
7 Recreativo 36
8 Getafe 35
9 Espanyol 32
10 Racing 32
11 Osasuna 30
12 Deportivo 30
13 Villarreal 29
14 Betis 26
15 Levante 26
16 Mallorca 26
17 Athletic 25
18 Celta 25
19 R. Sociedad 14
20 Gimnàstic 13

CLASSIFICA CANNONIERI
1 Kanouté 18
2 Ronaldinho 16
3 Diego Milito 15
4 Van Nistelrooy 11
5 Villa 10

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domenica, febbraio 11, 2007

E' tornato Beckham!!! Brrrrrrr...

sabato, febbraio 10, 2007

Riquelme se ne va, la fine di un ciclo.

Alla fine, la notiziaccia è arrivata: Riquelme saluta il Villarreal e la Liga. Se ne torna al Boca Juniors (prestito per i prossimi 6 mesi), mica una squadretta qualunque, ma ritengo questa, così come l’ abbandono della nazionale per “motivi familiari” che a dire il vero in Argentina hanno convinto pochi, una comoda via di fuga, un’ altra scappatoia, per questo grande campione cui i limiti di personalità, ma non solo quelli (dal punto di vista meramente tecnico, la lentezza e un gioco troppo orizzontale, privo di cambi di ritmo e di verticalizzazioni palla al piede, rappresentano pecche non da poco), hanno impedito di consacrarsi fuoriclasse assoluto. Assoluto nel senso letterale del termine, “libero da ogni limite”,che ha carattere universale”, insomma indipendente da qualsivoglia contesto.
Difficile, nell’ ambito del calcio europeo, pensare Riquelme fuori da una realtà come quella del Villarreal, dove tutti i compagni si sacrificavano per lui, dove era esentato da compiti di copertura, dove poteva giocare dove voleva, come voleva e anche quando voleva, vista la tolleranza dimostrata dalla società villarrealense nei confronti di certi suoi comportamenti un po’ capricciosi e di certe sue “assenze strategiche”, almeno finchè continuavano ad arrivare risultati e prestazioni di grande livello. Una sorta di Re Sole in una realtà costruita su sua misura, al riparo dalle grandi pressioni, non certo come quel Barça che, una volta scaduto l’ iniziale prestito biennale al Villarreal, non si era nemmeno posto il problema di far tornare alla base l’ argentino e tentare un’ inconcepibile coesistenza con Ronaldinho e Deco.
Anche Pekerman, suo grande estimatore sin dai tempi delle nazionali giovanili, ne aveva fatto il fulcro indiscusso della sua nazionale, sbaragliando o defilando (Tevez e Messi) ogni possibile concorrenza. Nonostante non si possano dimenticare prestazioni esaltanti come quelle contro il Brasile nelle qualificazioni mondiali o contro la Germania nella Confederations Cup, la scommessa è stata indiscutibilmente persa, Pekermkan si è giocato tutto il suo credito e Riquelme è diventato l’ imputato principale, il simbolo della deludente esperienza tedesca.

Passati in doverosa rassegna i limiti temperamentali (ma Roman ha tutto il diritto di avere il suo carettere introverso, non tutti per fortuna possono sfoggiare il sorriso “Mastercard” di un Pelé. Il fatto stesso che un Riquelme a suo tempo già idolo dei tifosi del Boca avesse preferito continuare ad abitare nello stesso quartiere in cui era cresciuto invece che trasferirsi nel lussuoso Belgrano, testimonia una sensibilità complessa ma al tempo stesso ammirevole), resta uno dei giocatori più particolari del calcio mondiale, il cui inconfondibile stile, lo confesso, mi ha del tutto stregato.
Non è uno di quei numeri 10 che, nella retorica calcistica più classica (giustamente denigrata da Sacchi), son soliti fare scena muta per 89 minuti per poi risolvere tutto con la singola giocata, bensì uno di quei trequartisti sempre al centro del gioco (un enganche, detto all’ argentina, molto più centrocampista che seconda punta) che, alla maniera di Zidane, hanno il rarissimo pregio di far giocare meglio i compagni che hanno intorno e, nelle serate migliori, sembra tengano in pugno da soli lo sviluppo di un’ intera partita, controllandone i ritmi con visibile godimento.
Inimitabile il suo rapporto con la sfera, controllato e accarezzato magari con eccessiva insistenza ma in maniera comunque funzionale e al tempo stesso artisticamente sublime, con la pisada (in spagnolo “pestata”, il controllo con la suola) come grande cavallo di battaglia. E il piedone destro, che meraviglia: lanci millimetrici (mitico quello che, in maglia Boca, ispirò l’ 1-0 di Palermo nella vittoriosa finale di Coppa Intercontinentale col Real Madrid) e passaggi filtranti talvolta imprevedibili per i suoi stessi compagni, che lo hanno consacrato fra i migliori uomini-assist in questi anni di Liga. Destro potente e calibratissimo che si esalta sui calci da fermo, caricando d’ effetto traiettorie che spesso hanno impensierito i portieri addirittura dal calcio d’ angolo (anche un gol direttamente dal corner nella scorsa Liga, d’ altronde cercava spessissimo lo schema con Sorin in anticipo sul primo palo).
Insomma, lo adoro, anche con tutti i suoi difetti. Indovinate quindi per chi farò il tifo nel prossimo campionato Clausura e nella prossima Copa Libertadores?

Riquelme arriva in Spagna nell’ estate 2002, carico di trofei ottenuti in maglia xeneize, ed ha l’ indubbia sfortuna di piombare nel periodo più nero della storia blaugrana recente, in pieno tardo-gaspartismo, cioè alla fine della traiettoria di uno dei presidenti peggiori di tutta la storia del Barça, un ultrà dalle mani bucate e dall’ inesistente saggezza gestionale. Inoltre capita con un grande allenatore ma non certo ideale per le sue caratteristiche, ovvero Louis Van Gaal, tecnico dalla mentalità offensiva ma in maniera certo diversa da quella ad esempio di un Basile, dato che ama il talento ma esige che si esprima all’ interno di un’ organizzazione tattica ferrea, richiedendo ai suoi giocatori la massima applicazione con e senza palla, lavoro che Riquelme ha sempre detestato.
Inizio interessante dell’ argentino, buon precampionato e golazo nel preliminare di Champions col Legia Varsavia, ma nel 3-4-3 di Van Gaal il posto sulla sinistra del tridente è del grande Luis Enrique. Quando Riquelme gioca, lo fa partendo eccessivamente defilato sulla fascia sinistra, e fatica a rendere, venendo poi travolto come tutti i suoi compagni dal tracollo di Van Gaal che, ai limiti della zona retrocessione, è costretto a dare le dimissioni ad inizio 2003 (seguito in breve tempo da Gaspart). Arriva Antic, i risultati migliorano nettamente ma non per Riquelme, che nel 4-4-2 del tecnico serbo trova spazio al massimo come rincalzo di Motta sulla fascia sinistra o addirittura al posto di Overmars sulla destra, per lo più in anonimi spezzoni.
Nell’ estate seguente, la grande rivoluzione: arriva Laporta, arriva Rijkaard, nuove idee, nuovi programmi e un nuovo idolo come Ronaldinho. Per Roman non c’è spazio, ecco allora la cessione in prestito al Villarreal, della durata di due anni, per tenerselo lontano per un po’ quell’ avanzo di Gaspart che non è altro.
Prima stagione al Madrigal d’ ambientamento: partenza così così, crescita progressiva. Benito Floro, allora tecnico del Submarino, ha la cattiva idea di scontrarsi col non disciplinatissimo Riquelme, e ovviamente la sua panchina salterà a metà stagione, con il traghettatore Paquito, uomo di fiducia del club, che porterà il Villarreal, dopo le eliminazioni prestigiose di Roma e Celtic, a una storica semifinale di Coppa Uefa contro il Valencia, primo serio avvertimento all’ Europa calcistica.
La stagione successiva, 2004-2005, è l’ apogeo di Riquelme, autore di una Liga soprannaturale (già dalla prima giornata è bello carico, magnifica prestazione in casa del Valencia, con due pali impressionanti su altrettante punizioni) nella quale trascina il Villarreal a uno storico quarto posto che frutta i preliminari di Champions League. Tutto gira attorno a lui, il Villarreal gioca il miglior calcio della Liga dopo il Barça e Riquelme è il primatista assoluto degli assist (15 invece i gol, niente male), fornendo un consistente aiuto a Forlan, uno cui di solito tremano le gambe davanti al portiere avversario, nel conseguimento del titolo di Pichichi e della Scarpa d’ Oro. Uno dei punti più esaltanti della stagione è la vendetta dell’ ex, trionfo casalingo con tanto di sontuosa prestazione personale contro un Barça umiliato per 3-0. In Coppa Uefa il Villarreal si ferma ai quarti, al termine di una doppia sfida un po’ sfortunata contro un comunque grande Az Alkmaar. Nella gara d’ andata, pesante sconfitta per 1-2, Riquelme, già autore di un gran gol e solitamente infallibile dagli undici metri, sbaglia un rigore determinante, e non sarà l’ ultima volta, come ben sappiamo.
Intanto, Pekerman ne ha fatto il punto di riferimento dell’ Argentina post-Bielsa (tecnico che non andava matto per Riquelme, giudicato troppo lento), ricavandone ottime prestazioni nelle qualificazioni mondiali e una partecipazione convincente nella Confederations Cup disputata nel Giugno 2005, anche se la finale, quel 4-1 per il Brasile fin troppo sopravvalutato dalla critica (che invece aveva ignorato la lezione di calcio che solo qualche settimana prima i verdeoro avevano subito al Monumental nelle qualificazioni mondiali, 3-1 e Riquelme Dio in campo), non è certo andata bene.
La stagione successiva (nella quale il Villarreal acquisisce la proprietà del giocatore dopo i due anni di prestito) è quella della Champions, quella che creerà il mito dell’ EuroVillarreal. Brillante affermazione esterna, 2-1 al Goodison Park, nei preliminari, poi un girone equilibratissimo con Manchester, Benfica e Lille, risoltosi solo all’ ultima giornata col primo posto per la matricola spagnola. Riquelme gioca pochissimo nel girone (salta le due sfide col Manchester), a causa di ricorrenti problemi fisici. Torna negli ottavi contro i Rangers: ad Ibrox nell’ andata guida da par suo la squadra, che impone il suo calcio e che solo per due clamorose autoreti si deve accontentare di un 2-2 bugiardissimo. Al ritorno il Villarreal e Riquelme non brillano, ma insomma, seppure tra sofferenze inattese, i quarti di finale, traguardo storico, sono ora una realtà. Riquelme viene risparmiato spesso in campionato, gioca col contagocce (saranno comunque 12 i gol alla fine) e si tiene caldo per la doppia sfida con l’ Inter che segnerà l’ apoteosi.
In sede di sorteggio, l’ accoppiamento era stato accolto in Italia con improvvidi sorrisini, Forlan però non ci mette neanche un minuto a mettere in guardia anche gli osservatori più distratti e ad ammutolire San Siro. Nel prosieguo del match, il Villarreal, un po’ rimaneggiato, regge dignitosamente l’ urto dell’ Inter limitando il passivo ad un 2-1 più che rimediabile al ritorno, e anzi sfiorando il pareggio con una magnifica punizione proprio di Riquelme che si stampa sulla traversa. Al Madrigal il primo tempo è sostanzialmente di studio, con una perfetta tenuta difensiva di un Villarreal attentissimo su Adriano (a dire il vero ben disposto già di suo ad annullarsi da solo) ma poco disposto a rischiare, tranne nelle occasioni in cui è Romancito nostro ad accendere la lampadina.
Il secondo tempo è quello che davvero regala gloria al Villarreal e fa arrossire l’ Inter: c’è una punizione sulla trequarti, ovviamente si incarica Riquelme della battuta. Traiettoria morbida, di quelle a spiovere al centro dell’ area tipiche del suo repertorio, non si sa di chi è, Toldo rimane a metà strada, abbozza un’ uscita, ma il vecchio Arruabarrena è il più lesto di tutti e insacca di testa. L’ Inter solo per dovere tenta una reazione, ma è il Villarreal, ormai completamente sciolto ed euforico, ad andare vicino al raddoppio in più occasioni, trascinato da un Riquelme al massimo dell’ ispirazione, come dimostra anche il quasi-gol-quasi-dalla-linea di fondo con cui stava per sorprendere Toldo, optando per una bordata tesissima invece che per un “banale” cross dalla destra. Futbol sontuoso che oltrettutto legittima, nell’ impietoso confronto a distanza con Veron, la preminenza acquisita da Riquelme in nazionale ai danni anche della “Brujita”.
La semifinale con l’ Arsenal è un di più da affrontare con l’ incoscienza di chi non ha nulla da perdere. L’ andata, l’ ultima serata europea del magico Highbury, è però una sofferenza continua, con l’ Arsenal che pressa e martella dall’ inizio alla fine e cancella Riquelme dalla partita, ulteriore dimostrazione di come certi ritmi risultino insostenibili per il nostro eroe. Però un po’ di fortuna e una grande capacità di saper soffrire, ribadita ancora una volta, permettono al Villarreal di uscire vivo da Highbury con un passivo di 1-0, quasi una vittoria visto l’ andazzo del match.
Al ritorno il copione si ribalta: è l’ Arsenal a difendere ad oltranza, il Villarreal stradomina giocando forse la miglior partita di tutta la sua Champions, ma la scarsa mira di Guille Franco e il fiuto annacquato di Forlan negano il meritato vantaggio. Allo scadere, quando la spinta si stava ormai affievolendo, un rigore molto dubbio di Clichy su José Mari regala la chance più ghiotta possibile. Sul dischetto va doverosamente Riquelme, fin lì sufficiente ma nulla di più: il destro è a mezza altezza e non molto angolato, Lehmann si tuffa alla sua sinistra e blocca. Villarreal a casa, è stato bello finchè è durato.
L’ episodio segna simbolicamente uno spartiacque nella carriera di Riquelme che, detto in termini aulici, da qui in poi non ne imbrocca più una. Arriva il Mondiale e l’ Argentina, potenzialmente la squadra più forte del mondiale (con una rosa fin troppo abbondante per una competizione di massimo sette partite), è nelle sue mani. Il girone, il più difficile in assoluto, viene superato in maniera agevole anche se con prestazioni alterne: bruttina quella contro una grande Costa d’ Avorio, straripante il 6-0 a una derelitta Serbia, ininfluente passerella lo 0-0 con l’ Olanda. Riquelme gioca complessivamente da 6,5, grande assist per Saviola contro la Costa d’ Avorio, divertita partecipazione al torello contro la Serbia, prove tecniche di coesistenza con Messi e Tevez contro l’ Olanda.
La partitaccia contro il Messico, vittoria immeritata col golden-gol(azo) di Maxi Rodriguez, coinvolge in pieno anche lui, invischiato nella ragnatela di La Volpe. Il quarto con la Germania è un’ incredibile occasione persa per l’ Argentina (con Pekerman che si ritrae eccessivamente e inspiegabilmente dopo il vantaggio di Ayala, quasi si adeguasse all’ adagio che vuole che alla fine in ogni grande competizione debbano spuntarla per forza i padroni di casa, cosa sulla quale Lippi evidentemente non ha concordato) e una solenne bocciatura per Riquelme, chiamato al ruolo di leader e invece nascostosi nelle pieghe della partita, meritandosi ampiamente la sostituzione con Cambiasso (magari Pekerman poteva inserire un giocatore dello stesso ruolo ma in grado di ribaltare l’ azione con maggiore velocità, che poteva essere Aimar, Messi o addirittura un attaccante come Palacio, di certo non doveva affrontare i supplementari giocandosi Cruz come ultima cartuccia).
Pekerman riconosce le sue colpe e rassegna le dimissioni, arriva il Coco Basile, un adoratore della tecnica, che quindi logicamente conferma al suo posto Riquelme, al centro della trequarti alle spalle di Messi e Tevez, nel 4-3-1-2 “stile Boca” che Basile presenta all’ Emirates Stadium nella prestigiosa amichevole col Brasile di inizio Settembre. Prestazione penosamente sottoritmo, come quella di tutta l’ Argentina, travolta dal Brasile di Robinho, Elano e Kakà. Piovono copiose altre critiche su Riquelme, che a questo punto si chiama fuori. Dice che le critiche non fanno tanto male a lui quanto piuttosto a sua madre, e allora preferisce rinunciare alla nazionale piuttosto che continuare così. La decisione, e nello specifico la sincerità delle motivazioni, scatena manco a dirlo altri infiniti dibattiti sul giocatore argentino in assoluto più discusso, cui ora rimane il solo Villarreal.
Anche lì però c’è poco da gioire: l’ inizio della stagione del Submarino è quantomai scialbo, Riquelme un fantasma che al massimo riesce ad incidere solo su palla ferma (riuscendo a collezionare 6 assist). Il rapporto con Pellegrini e con la società si incrina sempre di più, fino a quando il tecnico cileno decide di non convocarlo per tutte le partite di quest’ inizio 2007, segnale di una rottura ormai irreparabile. Il Villarreal cerca di piazzarlo nel mercato invernale, ma è lo stesso Riquelme a rifiutare le offerte sia di un club del Qatar (e te credo) che di due club di Champions non meglio specificati. Il Boca ci prova, ma Riquelme inizialmente non accetta la soluzione del prestito, venendo poi evidentemente convinto in questi giorni.

Si apre ora un’ altra pagina per il Villarreal (difficile che scaduti i sei mesi del prestito al Boca, Riquelme possa tornare felice e contento), che non rinuncia alle sue ambizioni di crescita ma le affida ad altri uomini, a cominciare da Matias Fernandez. Già si muove la società in vista dell’ anno prossimo, avendo acquistato Ayala dal Valencia, 33enne ma campione in grado di dare un salto di qualità in termini di esperienza a leadership a un reparto arretrato che si preannuncia fra i più interessanti della prossima stagione, col ritorno in pianta stabile di Gonzalo Rodriguez, uno dei più forti stopper in assoluto, e l’ acquisto dell’ uruguaiano Martin Caceres, eletto miglior difensore dell’ ultimo Sudamericano Under 20, un vero talento. Lo “Juventud de America” ha portato anche l’ ingaggio di un altro trequartista cileno, il 19enne, Mathias Vidangossy, che molto probabilmente verrà girato in prestito.

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giovedì, febbraio 08, 2007

AVVISO.

Per le prossime due settimane, causa impegni di studio, gli aggiornamenti, se ci saranno, saranno sporadici e probabilmente in forma "ridotta".

Grazie, Valentino

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lunedì, febbraio 05, 2007

VENTUNESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Deportivo-Espanyol 1-0 (giocata sabato): Estoyanoff, rig. 45'.

Racing-Getafe 1-0: Garay 6'.
Getafe scialbo, altro fieno in cascina per l' umile e super-efficiente Racing. In vantaggio subito, il Getafe non possiede certo la qualità per scardinare agevolmente la ferrea organizzazione difensiva dei padroni di casa, nonostante un buon Casquero in regia. Si segnala sempre di più Garay, stavolta in gol con un perfetto inserimento di testa.


Recreativo-Villarreal 2-1: Juanma 12' (R); Sinama Pongolle 46' (R); Tomasson 77' (V).
Un ottimo Recreativo interrompe la serie positiva delle ultime 3 partite del Villarreal. Marcelino compie una mini-rivoluzione: in panchina Uche, Viqueira e Aitor, dentro il mediano Barber, Sinama Pongolle dall' inizio e Juanma a destra, con Cazorla che si sposta sulla sinistra. Proprio l' ex Cazorla gioca una grande partita, e parlando di nazionale, una convocazione se la meriterebbe tutta quando quelli che gli stanno davanti si chiamano Angulo e Arizmendi, e anche questo buon José Enrique non credo stia al di sotto di Antonio Lopez e (soprattutto) Capdevila.
Disastrosi i due portieri, molto più decisivo in negativo Viera, colpevole su tutti i due gol. Bruttissima partita di Matias Fernandez, primo gol per Tomasson.

Athletic-Betis 2-1: Robert 18' (B); Pancratè 75' (B); Urzaiz, rig. 90' (A).
L' Athletic spinge di più e si lamenta per l' arbitraggio, il Betis sfrutta al massimo ciò che crea, con il solito Robert e il record-man Pancraté, che al suo esordio mette dentro il primo pallone che tocca (gentile regalo di Amorebieta). Si segnala ancora una volta Capi; ha molti giocatori di qualità (penso in primis a Rivera, rifintore come ce ne sono pochi nella Liga) a centrocampo il Betis, bisognerà costruirci una buona squadra prima o poi.

Celta-Nàstic 1-1: Oubiña 49' (C); Portillo 66' (N).
Celta sempre più in crisi, Vazquez sempre più a rischio. Ci sono tutte le carte in regola per risollevarsi, ma la zona retrocessione ora è a un passo. Il problema non è più quello di tornare a vincere in casa (l' ultima volta il 6 ottobre 2006 col Valencia), ma sono i tre punti stessi ad essere diventati un tabù (ultima vittoria, 19 Novembre 2006, nel derby del Riazor col Deportivo). La difesa, l' anno scorso la migliore della Liga, è ora fra le peggiori del campionato con 30 gol al passivo. Il gol del pareggio è inconcepibile, con Portillo libero nell' area piccola. Si è visto qualche inserimento in più del solito, soprattutto di Oubina, e questo è un bene, perchè la dipendenza da Baiano (in scarsa vena attualmente) è uno dei mali di questa squadra.
Il Nàstic resta laggiù, però perlomeno quella dei due risultati utili consecutivi era una dinamica sconosciuta fin qui ai catalani.

Sevilla-Real Sociedad 0-0
Di questi tempi basta asserragliarsi dietro per mandare in tilt questo Sevilla con le gomme a terra. Ci prova Alves e Kerzhakov prende una traversa, ma anche Lotina, come il "machote" Fernandez giovedì in Copa del Rey, porta a termine con successo il suo piano (e se fosse entrato quel pallonetto da metacampo del canterano Elustondo...).


CLASSIFICA

1 Barcelona 43
2 Sevilla 42
3 Valencia 39
4 Real Madrid 38
5 Atlético 36
6 Zaragoza 35
7 Recreativo 33
8 Getafe 32
9 Racing 29
10 Villarreal 29
11 Osasuna 27
12 Espanyol 26
13 Deportivo 26
14 Betis 24
15 Mallorca 23
16 Athletic 22
17 Celta 22
18 Levante 22
19 R. Sociedad 14
20 Gimnàstic 13

CLASSIFICA CANNONIERI
1 Kanouté 16
2 Ronaldinho 13
3 Diego Milito 13
4 Van Nistelrooy 10
5 Villa 10

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VENTUNESIMA GIORNATA: Osasuna-Barcelona 0-0

Innanzitutto bentornato a Samuel Eto’o, recupero record il suo (e per la prossima col Racing è probabile il ritorno di Messi), gioca pochi spiccioli nel finale giusto per riprendere confidenza. Il “vero” Barça basa tantissimo sulle caratteristiche di Eto’o (ne parleremo), quello “umano” ieri ha dovuto fare a meno di Ronaldinho, sostituito da Ezquerro invece che da Iniesta, scelta non proprio geniale di Rijkaard, che inoltre ha riproposto la coppia di terzini Oleguer-Zambrotta (la migliore e la più equilibrata possibile in questo momento) e ha invertito le posizioni di Marquez ed Edmilson, forse perché il messicano cincischia meno a centrocampo rispetto al brasiliano e quindi diminuisce il rischio di perdere palloni dolorosi a centrocampo, rischio che aumenta ancora di più quando si gioca al Reyno de Navarra, data la spiccata attitudine al pressing che l’ Osasuna è solito mostrare fra le mura amiche.
A partire dalla sfida col Nàstic, i blaugrana si sono rimessi in riga, togliendosi di dosso un po’ di (fisiologica) presunzione e tornando ad affrontare le partite con maggiore concentrazione. La partita di ieri non ha fatto eccezione, prestazione diligente e difensivamente attenta, peccato che non abbia fatto eccezione neanche per quanto riguarda l’ altra caratteristica di quest’ ultimo Barça, cioè la prevedibilità in attacco. Controlla il gioco per larghi tratti, grazie soprattutto a Xavi, ma non cambia marcia, gioca a una sola velocità e l’ azione così rimane strozzata sulla trequarti. A mio avviso ci sono pochi movimenti buoni da parte degli attaccanti (e anche sulle fasce si sorprende assai poco con le rare sovrapposizioni), e se oltre ai pochi passaggi dettati ai centrocampisti aggiungiamo una qualità sensibilmente inferiore a quella dell’ attacco titolare, si spiega molto dello sterile “centrocampismo” evidenziato dal Barça (ancora di più quando Rijkaard toglie Saviola invece che Ezquerro per inserire Iniesta).
A parte qualche scatto di Giuly, sul quale è comunque molto attenta la linea di difesa navarra e nello specifico Corrales, ci sono Ezquerro e Saviola che si scambiano spesso la posizione senza apportare alcunchè. Saviola limita tantissimo le opzioni d’ attacco: non si può ovviamente servire con palle alte e non può giocare spalle alle porta (il ruolo di seconda punta in un modulo a due punte, teoricamente il suo ruolo preferito, non è contemplato nel manuale di Rijkaard), non si propone in profondità e quando riesce a smarcarsi con uno scatto breve viene comunque recuperato subito dai rientri degli avversari, sempre più veloci del Conejo sulla lunga distanza; se si sposta sulla fascia non ha né lo spunto in velocità né l’ uno contro uno per arrivare sul fondo, pressing sui difensori avversari non ne fa, e quando viene a cercarsi palla sulla trequarti lo fa solo per appoggiare al compagno più vicino, perché il tiro da lontano è totalmente assente dal suo repertorio. Si può contare quindi solo sulla sua destrezza e rapidità in zona-gol, ma anche qui sciupa una gran palla su un calcio d’ angolo dalla destra prolungato da Edmilson. Ezquerro è ben disposto a svariare, ma non possiede i requisiti minimi di brillantezza per impensierire una difesa seria come quella dell’ Osasuna.
Alla fine un punto che in sé non è un cattivo risultato, perché ottenuto su un campo ostico, ma che un po’ di amaro in bocca lo lascia al Barça, perché l’ occasione per isolarsi in testa, visti i clamorosi intoppi di Sevilla e Real Madrid, era sin troppo ghiotta. L’ Osasuna me lo aspettavo a dire il vero un po’ più aggressivo, ma ha comunque giocato una partita difensivamente impeccabile (aiutato dalla staticità blaugrana), cercando di ribaltare rapidamente l’ azione sulle fasce e di stuzzicare sulle palle alte la difesa del Barça, che queste situazioni è solita soffrirle abbastanza. Solo Milosevic col suo mestiere nel gioco aereo crea un paio di imbarazzi, ma troppo poco per smuovere la partita da uno 0-0 che ne riflette in pieno gli sviluppi.

I MIGLIORI: Il migliore è Puyol, perfetto in ogni situazione, son campi che lo esaltano questi. Altra prestazione interessante di Zambrotta, l’ unico a creare qualche alternativa buona sulla fascia con alcuni buoni inserimenti, anche se tende un po’ troppo a schiacciarsi centralmente sui difensori avversari invece che allargare il gioco sovrapponendosi all’ ala (ammesso che ieri ce ne fosse una). Xavi il più positivo del centrocampo, smaliziatissimo, controlla il ritmo a centrocampo anche quando il traffico si fa più denso. Prova un paio di conclusioni da fuori senza eccessiva fortuna, e questo è il suo grande punto debole. Con un attacco con le polveri bagnate i centrocampisti dovrebbero segnare qualche gol in più, ma non è roba per lui e Deco (che svolge un lavoro davvero ingrato: prima lanci di 40 metri e colpi di tacco, subito dopo calcioni e sgambetti).
Buona prestazione collettiva dell’ Osasuna, nessuno spicca in particolare, mi è piaciuto Corrales, tanto per fare un nome.
I PEGGIORI: Juanfran è voglioso ma inconcludente, David Lopez abbastanza assente e comunque impreciso quando va al tiro col destro, che dovrebbe essere un suo pezzo forte. Poteva sfruttare molto meglio le fasce l’ Osasuna.

AZIONI SALIENTI

Osasuna (4-2-3-1): Ricardo 6; J. Flaño 6, Cruchaga 6, M. Flaño 6, Corrales 6,5; Puñal 6,5, R. García 6; Juanfran 6, Milosevic 6,5 (71'), D. López 5,5; Soldado 6 (83').
In panchina: Elía, Izquierdo, Cuéllar, Nekounam (71'), H. Font, Juanlu, Webó s.v. (83').
Barça (4-3-3): Valdés 6,5; Oleguer 6, Edmilson 6, Puyol 7, Zambrotta 6,5; Xavi 6,5, Márquez 6 (82'), Deco 6 (85'); Giuly 6, Ezquerro 5,5, Saviola 5,5 (65').
In panchina: Jorquera, Belletti, Gio, Motta 6 (82'), Iniesta 6 (65'), Gudjohnsen, Eto’o s.v. (85').

árbitro: Ayza Gámez (Colegio Valenciano). Amonestó a Zambrotta (13'), J. Flaño (17'), Deco (55') y Puñal (55').
Incidencias: Reyno de Navarra. Prácticamente lleno: 17.982 espectadores. Partido declarado de medio día de ayuda al club por la directiva de la entidad rojilla. Noche fría (aproximadamente 8º de temperatura). Terreno de juego en malas condiciones, blando e irregular, sobre todo en la zona cercana a los banquillos, pero no dificultó demasiado el juego.

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VENTUNESIMA GIORNATA: Real Madrid-Levante 0-1: Salva.

Uno schifo simile è difficilmente concepibile anche nei peggiori incubi. Si è toccato il fondo, le bordate di fischi e lo sventolio di fazzoletti nel finale invitano il presidente Calderon a fare appello al proprio buonsenso e a dare le dimissioni. Calderon non ci pensa nemmeno a dare le dimissioni, perché pochi giorni fa una sentenza ha confermato la sua vittoria alle ultime elezioni, contestata dal ricorso dell’ altro candidato Villar Mir, e proprio adesso, penserà lui, viene il bello. Anche Capello le dimissioni non le darà, al massimo aspetta che lo licenzino perché così son costretti comunque a continuare a pagargli il suo lauto stipendio.
Attaccarsi al palo di Nieto, al rigore non fischiato a Van Nistelrooy oppure al fatto che il Madrid ha creato più del Levante e che gli ospiti hanno segnato nella loro unica occasione suonerebbe quantomeno ridicolo. Ci vuole davvero grande impegno per perdere al Bernabeu contro un rivale così modesto.
Okay, grande azione quella di Kapo nell’ occasione del rigore, ma il Levante non riesce a tenere il pallone più di due secondi e anche se pressa con generosità, la coordinazione fra i reparti lascia spesso a desiderare. Insomma gli spazi sulla trequarti si creano (l’unico che ne approfitta, fino a quando non si stufa anche lui, è Higuain), c’è tutto il tempo del mondo a partire dal gol di Salva, ma il Real Madrid fa tutto da solo, senza chiedere aiuto all’ avversario.
Le fasce non esistono, nessuno si assume la responsabilità di venire a prendersi il pallone ed impostare (Gago è assente, torna Guti assieme agli altri due “vecchi” Salgado e Raul, e gli effetti non tardano a farsi notare), tutti si allontanano da chi porta palla, così i accumulano lanci su lanci, si va sempre a sbattere al centro e le imprecisioni si sprecano da una parte e dall’ altra.
Nel secondo tempo il Madrid prova a metterci più grinta, solo quella però. Capello cerca di risolvere il problema delle fasce inserendo Robinho, ma il brasiliano (che prima di crossare deve sempre fare trecentomila finte inutili) non fa in tempo a guadagnarsi l’ ennesima insufficienza perché costretto da un infortunio ad uscire anticipatamente. Entra Nieto (richiamato in fretta e furia da Capello dalla trasferta col Castilla pur di non doversi portare in panchina Beckham) che va a destra e migliora le cose, anche solo per il semplice fatto di offrire un punto di riferimento effettivo a chi imposta l’ azione. Il canterano ha voglia e sa come muoversi, trova un bell’ inserimento ma la sua conclusione finisce sul palo. Sarebbe stato un premio meritato per Nieto, ma non sarebbe stato per nulla giusto mitigare con un punticino la realtà di un Real Madrid allo sbando, che da tempo andrebbe rifondato.

I MIGLIORI: Kapo è decisivo nell’ azione del rigore, l’ unico che spicca per classe in questo poverissimo Levante. Trattiene palla fino all’ ultimo, come fanno i giocatori bravi, quelli che sanno tenere sulla corda i difensori avversari, dal fondo serve l’ inserimento di Tommasi, fallo di Diarra e calcio di rigore. Rigore con cui Salva inaugura al meglio la sua nuova avventura nel Levante. Inutile dire che dalle performances realizzative dell’ ex Malaga dipenderà una buonissima parte delle chances di salvezza del Levante. Camacho è il punto di riferimento a centrocampo, il giocatore più continuo quest’ anno del secondo club di Valencia. Ottimo in interdizione, molto intelligente e sempre presente nel cuore dell’ azione: ingiustamente quest’estate volevano scaricarlo. Accanto a lui Tommasi, col dinamismo che tutti conosciamo. Procura il calcio di rigore, non era considerato molto da Lopez Caro, mentre con Abel Resino è diventato da subito titolare fisso.
Fra i meno peggio del Madrid ci sono Helguera e Sergio Ramos, che sono fra i pochi in generale a salvarsi in questa stagione. Anche Nieto perlomeno porta un po’ di freschezza, privo di quei condizionamenti psicologici che attanagliano molti dei suoi compagni. Higuain dura solo per il primo tempo, ma è l’ unica risorsa del Madrid coi suoi controlli a seguire, il suo gioco veloce, elegante e pungente alle spalle dell’ unica punta. Crea un azione sulla quale Raul manca il tap-in, salta l’ uomo e si offre tagliando alle spalle dei difensori del Levante, ma progressivamente si spegne e si adegua all’ andazzo generale, ancora di più quando nel finale va a fare l’ esterno sinistro.
I PEGGIORI: Indecente Guti, non era opprortuno ovviamente che Calderon facesse quelle dichiarazioni, ma “promessa di 31 anni” è una definizione indiscutibilmente calzante. Se facciamo un confronto con l’ attitudine di Gago, viene da mettersi le mani nei capelli. L’ argentino potrà anche sbagliare, ma sin da subito si è assunto le sue responsabilità, viene a prendersi il pallone, si offre ai difensori, cerca di dare un ritmo e un’ impronta al gioco. Guti si assenta, compie errori di deconcentrazione e tira sempre indietro la gamba. Obbliga i difensori al lancio lungo e abbandona a sé stesso Diarra. Il maliano compie un fallo vistosissimo sul rigore e, costretto ad impostare, sbaglia tutto quello che può.
Raul mette tristezza, ancora di più quando è uno dei pochi a non tirarsi mai indietro. Quel suo inseguire il pallone ovunque, in sé ammirevole, sottolinea ancora di più la sua condizione attuale di mediocrità. Parte da esterno, non incide da nessuna parte. Porta troppo palla, la controlla in modo approssimativo, quasi sempre impreciso. Non si merita tutto questo. Van Nistelrooy nel secondo tempo prova ad allargarsi sulla fascia destra, perché non ci sono altri a farlo al suo posto, si procurerebbe anche un rigore, ma è un periodo in cui non solo non vede la porta, ma in cui fatica anche a costruirsi occasioni chiare. Reyes infine, lo nomino e basta, non c'è altro da aggiungere.

AZIONI SALIENTI

Real Madrid (4-4-2): Casillas 6; Salgado 5,5, Helguera 6, Sergio Ramos 6, Torres 5,5; Raul 5,5, Diarra 5, Guti 4,5, Reyes 4,5 (1’ s.t. Robinho s.v.; 26’ s.t. Nieto 6,5); Higuain 6,5, Van Nistelrooy 5,5.
In panchina: Diego Lopez, Minambres, Pavon Mejia, Emerson.
Levante (4-4-1-1): Molina 6,5; Manolo 6, Dehu 6, Alexis 6,5, Rubiales 5,5; Riga 6,5, Tommasi 6,5, Camacho 6,5, Robert 6 (21’ s.t. Ettien 6); Kapo 7 (36’ s.t. Berson s.v.); Salva 6,5 (42’ s.t. Reggi s.v.).
In panchina: Cavallero, Descarga, José Serrano, Nino.

Gol: Salva, rig. 10’.
Arbitro: Alvarez Izquierdo. Ammoniti: Sergio Ramos, Torres, Diarra per il Real Madrid; Molina, Manolo, Tommasi ed Ettien per il Levante.

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domenica, febbraio 04, 2007

VENTUNESIMA GIORNATA: Valencia-Atlético Madrid 3-1: Ayala (V); Morientes (V); Mista (A); Morientes (V).

Quique può gonfiare il petto, grande vittoria e netta dimostrazione di superiorità. Il Valencia passa subito in vantaggio, e così può annichilire l’ Atlético sfruttando al meglio le armi che predilige: difesa solidissima, contropiede devastante e una impressionante capacità di concretizzare ogni minima occasione creata (non sono poche le similitudini col Chelsea, sia in positivo che in negativo). Terrificante l’ asse Vicente-Morientes (due gol in fotocopia, il secondo e il terzo), peccato che Quique non si possa mai sentire al riparo dai maledetti infortuni: si ferma di nuovo Vicente, ed è frustrante, ed anche Canizares è costretto ad uscire prima. Se poi Villa si fa ammonire in maniera stupida e perde per squalifica la prossima gara col Getafe, il quadro è completo.

Teoricamente sarebbe l’ Atlético a dominare i primissimi istanti del match, il Valencia come al solito se la prende comoda e fatica ad entrare in partita, l’ inconveniente per gli avversari però è che non di rado nel momento stesso in cui entra in partita il Valencia si trova già in vantaggio. Calcio d’ angolo dalla destra di Villa, la difesa dell’ Atlético (non) marca a zona e Ayala può arrivare in corsa e imprimere tutta la potenza che vuole alla sua testata, che si infila sul primo palo.
Aguirre propone dall’ inizio la sua nuova passione (dopo la scappatella col trivote, vecchia storia per fortuna), il 4-3-1-2 con centrocampo a rombo. Jurado alla Seedorf dà più qualità, Mista dietro Torres e Aguero aggiunge peso offensivo, ma così schierato l’ Atlético non riesce a coprire il campo in tutta la sua ampiezza: in fase di possesso non trova il modo di aggirare le due ravvicinatissime linee da 4 con cui Quique blinda i suoi, e del resto coi soli Antonio Lopez e Seitaridis sulle fasce e al massimo qualche allargamento di Torres, è difficile pensare ad un esito diverso; quando è invece il Valencia a ripartire sono dolori, perché la difesa, poco protetta dal centrocampo, rimane esposta e viene ripetutamente scompaginata dai fulminanti contropiedi valenciani. Il gol del 2-0 simboleggia questo disagio e al tempo stesso esalta il Valencia, che vi trova impresso il suo classico marchio di fabbrica: tre tocchi e dritti in gol, spettacolare. Un’ azione già vista tante altre volte: Villa si allarga sulla sinistra, serve Vicente nel corridoio, cross in corsa verso il centro dell’ area e Morientes che impatta in rete.
Il gol di Mista, per quanto bello, rimane un dettaglio, perché Vicente (el imponente) e Morientes concedono il bis; nel finale gli unici motivi di interesse restano il solito cammeo di Joaquin e la ricerca della tripletta da parte dello stesso Morientes, mentre l’ Atlético rimane lì a rimuginare sulla sua impotenza.

I MIGLIORI: Vicente è un tornado nel secondo tempo: bisogna gustarseli tutti i momenti in cui questo straordinario giocatore viene risparmiato dagli infortuni e può mostrarci tutta la sua arte. Ha grande talento, velocità, ma sa giocare semplice e in maniera quasi sempre utile per la sua squadra, dando costantemente una mano in copertura: chiede triangolo, si getta negli spazi e solo nei pressi della linea di fondo (quando serve veramente: impari Reyes!) comincia a puntare l’ avversario e ad umiliarlo in dribbling. A dire il vero ieri non ha avuto bisogno del suo dribbling, dato che giocando in contropiede doveva solo correre nelle praterie e crossare subito al centro, ciò che ha eseguito alla perfezione in occasione dei due assist per Morientes. Ora quest’ ennesimo infortunio tiene tutti col fiato in sospeso per questo cruciale mese di Febbraio. Morientes era apparso poco, ma insomma, quando gli arriva la palla buona non è che stia lì a formalizzarsi più di tanto…
Fenomenale la partita di Albelda, il solito imprescindibile colosso che sradica e intimidisce chiunque si aggiri nei paraggi. La coppia proposta, a causa degli infortuni di Edu e Baraja e della totale sfiducia del tecnico nei confronti di Hugo Viana, assieme a Marchena sta funzionando meglio di quanto ci si potesse aspettare da due giocatori di mera interdizione, uno dei quali peraltro di ruolo fa il difensore. Fortunatamente Marchena a centrocampo si sa orientare e, senza essere Baraja, sa pure dare la palla coi tempi giusti. Ottimi i centrali di difesa, rapido Albiol e saggio Ayala, che segna un gol con una delle sue fantastiche incornate.
Mista è il migliore dell’ Atlético, l’ unico che crea qualche problema al Valencia offrendosi fra le linee. Splendida l’ esecuzione del gol: controllo a seguire col sinistro, rientra sul destro (che non è il suo piede prediletto) e dal limite dell’ area, con un rasoterra millimetrico, prende Canizares in controtempo sul primo palo. Galletti fa un ingresso promettente, ma purtroppo per lui la partita in pochi minuti verrà chiusa dal 3-1 di Morientes.
I PEGGIORI: Aguero inesistente, deve fare un corso su come si gioca senza palla. Si appiattisce sui due centrali del Valencia e così si annulla praticamente da solo, venendone fuori solo quando partecipa, scambiando con Jurado, all’ azione del gol di Mista. La difesa è scoperta e deve intervenire sempre all’ ultimo, soffrendo tutta la partita: il peggiore è Antonio Lopez, disastroso responsabile sia del 2-1 che del 3-1. In fotocopia: invece che eseguire la diagonale si addormenta, e Morientes lo brucia. Inutile Maniche sul centro-destra.
In una partita tutta difesa&contropiede, Silva non si è trovato benissimo. Lui è uno da scambi e dribbling sulla trequarti, non può certo farsi le galoppate di Vicente e Joaquin, più aumentano i metri da percorrere più diventa difficile per lui, sebbene non gli si possa rimproverare nulla per quanto riguarda il lavoro di copertura sulla fascia destra.

AZIONI SALIENTI

Valencia (4-4-2): Cañizares 6 (74'); Miguel 6,5, Albiol 6,5, Ayala 7, Moretti 6; Silva 5,5 (67'), Albelda 7, Marchena 6,5, Vicente 7 (72'); Morientes 7, Villa 6,5.
In panchina: Butelle s.v. (74'), Curro Torres, D. Navarro, Jorge López, Hugo Viana, Joaquín 6 (67'), Angulo s.v. (72').
Atlético(4-3-1-2):Leo Franco 6; Seitaridis 5, Pablo 5, Zé Castro 5,5, A. López 4,5; Maniche 5, Luccin 5,5 (71'), Jurado 6 (71'); Mista 7; Agüero 4,5 (63'), Torres 6.
In panchina: Pichu, Perea, Pernía, Valera, Costinha s.v. (71'), Gabi s.v. (71'), Galletti 6 (63').

Goles: 1-0 (14'): Ayala cabecea un córner lanzado por Villa; 2-0 (53'): Morientes remacha un pase de Vicente en una gran contra empezada por Villa; 2-1 (56'): Mista marca con la derecha desde fuera del área; 3-1 (68'): Morientes le gana la espalda a Antonio López y remata otro centro de Vicente.
Árbitro: Pérez Burrull, del Colegio Cántabro. Amonestó a Seitaridis (24'), Mista (25'), Maniche (83'), Costinha (85'), Villa (89') y Antonio López (92'+).
Incidencias: Mestalla. 40.000 espect.

P.S.: Nell' altra partita del Sabato, vittoria per 1-0 del Deportivo sul Mallorca, grazie a un rigore di Estoyanoff al 45' del primo tempo. Qui le azioni salienti.

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