lunedì, marzo 31, 2008

TRENTESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Espanyol-Racing 0-3: Serrano 14’; Munitis 24’; Bolado 94’.

Almería-Levante 2-1: Soriano 1’ (A); Felipe Melo 35’ (A); Iborra 93’ (L).

Valencia-Mallorca 0-3: Güiza 11’; Ramis 19’; Güiza 57’.

Getafe-Osasuna 0-2: Miguel Flaño 40’; Puñal rig., 69’.

Recreativo Huelva-Athletic Bilbao 1-1: autorete Amorebieta 14’ (R); Aduriz 82’ (A).

Valladolid-Zaragoza 2-1: Zapater 28’ (Z); Víctor, rig. 52’ (V); Joseba Llorente 75’ (V).

Se all' inizio della stagione mi avessero parlato di un Villarreal davanti al Barça, di un Zaragoza in lotta per non retrocedere e di un Racing in piena zona-Champions, io avrei pensato al delirio di uno psicopatico.
Ma la classifica dopo trenta giornate non può che rispecchiare fedelmente meriti e demeriti, per cui applausi a un Racing che sta francamente conducendo una delle più memorabili imprese che io ricordi da quando seguo il calcio: incrocio emblematico con l' Espanyol che dall' anno nuovo non ne imbrocca più uno (calo sensibile nel gioco e anche nella forma di elementi-chiave come Riera, ieri partito dalla panchina), polverizzato senza discussioni, addirittura con la ciliegina di un gol di rabona (!) del talentuoso attaccante 18enne Iván Bolado. A pari punti con l' Atlético (che però ha il vantaggio negli scontri diretti), in lotta coi colchoneros per la Champions, con le spalle coperte dai 5 punti di vantaggio accumulati sulla delusione-Sevilla e sull' Espanyol in caduta libera.
Pesante anche la sconfitta del Zaragoza, momentaneo sospiro di sollievo per il Valladolid, che ritrova l' intensità giusta e la coppia Victor-Llorente.
Spacciate Levante e Murcia, si prospetta un duello fra Recreativo e Zaragoza per evitare la terzultima piazza: gli aragonesi son favoriti dal punto di vista tecnico, ma potrebbe pesare tantissimo il profilo psicologico, perchè chi non è abituato alla lotta-salvezza può pagare più di tutti. Recre sfortunato ieri, Caparros ha parlato di "apparizione della Vergine" per riassumere la partita dell' Athletic, arrivato al pareggio negli ultimi minuti di una partita nella quale aveva combinato ben poco. Finalmente gira bene ai Leoni, quasi certi della salvezza così come l' Almeria, altra meravigliosa realtà di questo campionato, la squadra tatticamente meglio organizzata della Liga assieme al Racing.
Senza il contropiede a disposizione e senza la sorte a favore, il Valencia torna il Valencia: il Mallorca è un avversario sempre pungente e insidioso (Gregorio Manzano ci spiega la strategia sul suo blog), con l' ordine e la qualità dei suoi elementi offensivi, fra cui Güiza tornato a pieno regime dopo una fase di acciacchi e difficoltà realizzative.
Il Getafe si fa cogliere di sorpresa, l' Osasuna realizza un grosso passo avanti: in una partita piuttosto violenta, decisiva l' espulsione diretta per Contra nel primo tempo (per me discutibile).


CLASSIFICA
1 R. Madrid 65
2 Villarreal 59
3 Barcelona 58
4 Atlético 50
5 Racing 50
6 Sevilla 45
7 Espanyol 45
8 Almería 42
9 Mallorca 40
10 Athletic 40
11 Valencia 39
12 Getafe 39
13 Betis 38
14 Osasuna 37
15 Deportivo 37
16 Valladolid 35
17 Zaragoza 33
18 Recreativo 33
19 Murcia 26
20 Levante 19

CLASSIFICA CANNONIERI
Luis Fabiano (Sevilla) 22 (2 rig.)
Güiza (Mallorca) 17
Raúl (R.Madrid) 16 (3 rig.)
Diego Milito (Zaragoza) 15 (5 rig.)
Nihat (Villarreal) 14

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TRENTESIMA GIORNATA: Real Madrid-Sevilla 3-1: Heinze (R); Kanouté (S); Raúl (R); Higuaín (R).

Il Real Madrid pone una pietra importantissima sulla strada della vittoria finale, vittoria insospettabilmente comoda, partita ottima e idee sempre nettamente più chiare rispetto a un Sevilla prossimo all’ inconsistenza vera e propria. Una grande delusione la stagione degli andalusi: sfilacciati, svagati, imprecisi, privi di intensità, di equilibrio e della tensione competitiva necessaria, la perdità di ogni serietà in fase difensiva ha impedito di fare tesoro dell’ attacco più affiatato della Liga. L’ anno scorso questa era sì una squadra sfrontata e sempre frizzante, ma aveva una maturità, una concentrazione e un equilibrio lontane anni luce da questa insipida minestrina.

Schuster preferisce Robben al Robinho sottotono delle ultime partite, cercando il massimo della verticalità con la contemporanea presenza di Higuaín sulla destra dell’ attacco; bizzarra e discutibile la formazione di Manolo Jiménez, che tiene Fazio in panchina e butta nella mischia il canterano David Prieto (comunque non un pulcino, 25 anni) al centro della difesa accanto a Mosquera, ma che soprattutto non schiera dall’ inizio Jesús Navas, preferendo avanzare Alves a centrocampo (forse la scelta di Crespo terzino destro si spiega con l’ esigenza di avere un uomo più bloccato su Robben).
Al settimo minuto è già festa per il Bernabeu: tanto per cambiare il Sevilla incassa su calcio piazzato, sulla stupenda parabola di Sneijder (calciata “alla Sneijder”) tutti i merengues nell’ area di rigore sono in fuorigioco, tranne l’ unico che conta, cioè Heinze, colui che in tuffo insacca in rete.
Il Sevilla è blando e confuso, abbozza qualche triangolazione fra le punte e Dani Alves ma si perde quasi sempre al limite dell’ area, e si fa trovare decisamente impreparato e mal posizionato dopo ogni palla persa sulla trequarti, ciò che lascia campo al contropiede madridista, vero asso nella manica della squadra di Schuster, pericolosissima per rapidità e verticalità quando può ribaltare l’ azione. Lungo sul rettangolo verde, il Sevilla non oppone resistenza a centrocampo, e Guti e Sneijder si segnalano nel rilanciare l’ azione, con Robben e Higuain che vanno come frecce negli spazi della metacampo avversaria, restituendo slancio a un’ azione offrensiva che si era decisamente appannata nell’ ultimo periodo.
I padroni di casa strameriterebbero il raddoppio, Palop nega due volte il gol a Raúl, ma a segnare è il Sevilla, sull’ uscita da un calcio d’ angolo Kanouté sarebbe in leggero fuorigioco, ma il guardalinee non se ne accorge, e il maliano fulmina Casillas. In stile Barça però il Sevilla disfa immediatamente tutto, e ne approfittano Sneijder e Raúl: ottimo servizio dentro l’ area dell’ olandese, stupendo movimento dentro l’ area del capitano che difende palla da Adriano e brucia Palop sul primo palo. Nel mentre Jiménez ha già sconfessato la sua formazione iniziale, inserendo Jesús Navas al posto di Crespo e riportando Alves in difesa: evidente la maggior comodità del brasiliano quando ha più campo per partire e impostare il gioco, lui che è il regista nemmeno troppo occulto dell’ azione offensiva della squadra, che in sua assenza fatica ad avviare l’ azione.
Ma le cose non cambiano, e la ripresa conferma che il Madrid c’è e il Sevilla no (Jiménez prova ad aggiungere qualità a centrocampo con Renato per Poulsen, nota ininfluente). I merengues vanno su ritmi superiori, non trovano ostacoli nelle loro transizioni e bucano con relativa facilità la debole difesa sevillista, solo che Higuaín in due occasioni conferma il suo tragico rapporto con la porta avversaria. Ma anche il Pipita merita la sua ricompensa: ancora Sneijder con classe e visione di gioco, apertura sulla destra, Guti controlla in corsa e pur di non usare il destro mette dentro l’ area di collo esterno sinistro, tocco magico che imbecca Higuaín in anticipo sui vulnerabilissimi centrali del Sevilla.
L’ ultima fase del match è discretamente placida, il Sevilla sembra tutto tranne che quella squadra da tutti designata per riaprire (per l’ ottantesima volta nelle ultime settimane) il campionato: al massimo ci prova Navas, che conquista il fondo alla grande ma non trova la dovuta complicità in Luis Fabiano, che di testa smarcato sul primo palo si mangia un gol bello grosso.

I MIGLIORI: Gol da fenomenale predatore di Raúl, stupendo come col Valencia, ancora più grande il merito in questa fase delicata in cui Van Nistelrooy è assente. Sneijder finalmente padrone del gioco: l’ olandese, a parte un inizio di stagione col botto, non era mai parso in grado di assumere le redini della manovra, dimostrandosi tutt’ al più un incursore molto discontinuo nelle sue apparizioni. Stasera invece è stata determinante la sua capacità di stabilire connessioni con l’ attacco: in tutti e tre i gol gioca un ruolo determinante la sua visione di gioco e il suo magnifico calcio col destro.
Importante anche Higuaín: giocatore che apprezzo tantissimo per il movimento, la vivacità e la profondità che offre sul fronte offensivo, peccato però che ogni volta perda almeno mezzo voto per quel piccolo dettaglio che lo porta a sciogliersi ogni volta che si trova davanti un portiere… anche stasera ci ha fatti penare, prima del gol due occasioni divorate.
Un po’ gli tirano addosso, però Palop non risparmia interventi importanti; Navas è uno dei pochi incisivi nel Sevilla.
I PEGGIORI: Inadeguata la coppia Mosquera-David Prieto, continuamente sorpassato Poulsen, testone e privo del tocco magico Luis Fabiano, spento persino Daniel Alves. Poteva essere la partita di Diego Capel, visto che la disorganizzazione del Real Madrid tende a lasciare molti spazi per gli uno contro uno sulla trequarti, invece il canterano ha combinato poco o nulla.

Real Madrid (4-3-3): Casillas 6; Ramos 6,5, Cannavaro 5,5, Heinze 6,5, Marcelo 5,5; Sneijder 7, Gago 6, Guti 6,5 (72'); Higuaín 6,5 (83'), Raúl 7 (86'), Robben 6.
In panchina: Dudek, Torres, Diarra s.v. (72'), Drenthe, Baptista s.v. (83'), Robinho s.v. (86'), Saviola
Sevilla (4-4-2): Palop 6,5; Crespo s.v. (33'), Mosquera 5,5, D. Prieto 5, Adriano 5,5; Alves 5,5, Poulsen 5 (46'), Keita 6, Capel 5,5 (73'); L. Fabiano 5,5, Kanouté 6.
In panchina: De Sanctis, Fazio, Duda, Renato (46'), De Mul, Navas (33'), Koné (73')

Goles 1-0 (7'): Heinze cabecea una falta botada por Sneijder. 1-1 (37'): Kanouté fusila con la izquierda. 2-1 (38'): Pase de Sneijder a Raúl, que controla en el área con el muslo y marca con la zurda. 3-1 (64'): Higuaín, con la derecha, tras gran pase de Guti.
Árbitro: Teixeira Vitienes, del Colegio Cántabro. Amonestó a Crespo (6'), Heinze (22'), D. Prieto (44'), Mosquera (50'), Raúl (56'), Guti (59') y Diarra (79').
Incidencias: Santiago Bernabéu. Lleno. 82.000 espectadores.

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TRENTESIMA GIORNATA: Deportivo-Murcia 3-1: Iván Alonso (M); Xisco (D); Xisco (D); Xisco (D).

Novanta minuti che fanno chiarezza e giustizia: il Depor progredisce nella corsa-salvezza (+4 sulla terzultima), il Murcia affonda (-7, ciao ciao Primera). Vince l’ unica squadra scesa in campo con l’ intenzione di giocare a calcio; non dobbiamo però prendercela troppo col Murcia, che alla trentesima giornata giustamente deve ancora prendere confidenza con quel curioso e misterioso oggetto sferico.

Clemente conferma il 4-2-3-1 di grande successo contro l’ Espanyol, nel quale Pablo García ritrova la titolarità a scapito di Movilla, solita formazione invece per il Deportivo.
Pronti via e Murcia in vantaggio: dalla sinistra Dani Aquino, 17enne dal sinistro di qualità, pennella un traversone perfetto, invito a nozze per lo specialista del gioco aereo Iván Alonso, del quale la difesa di casa ha perso la marcatura.
E’ una festa per il Murcia perché in vantaggio da subito gli ospiti possono dedicarsi al puro ostruzionismo: tutti nella loro metacampo gli uomini di Clemente, all’ interno della quale approntano un assetto corto e discretamente asfissiante: la difesa in linea gioca aggressiva, accorcia sugli attaccanti del Deportivo impedendo loro di girarsi e rendendo difficili le combinazioni per linee interne.
Tuttavia la difesa murciana evidenzia macroscopiche incertezze quando si tratta di applicare il fuorigioco e soprattutto quando si tratta di difendere sui cross e sulle palle inattive. E’ così che il Depor crea, e spreca, tante palle gol chiarissime: prima due grandi parate di Carini su colpi di testa di Filipe e Xisco, poi un inserimento di Wilhelmsson sul filo del fuorigioco concluso male dallo svedese per difficoltà di coordinazione, infine un clamoroso errore sotto misura di Coloccini su un calcio d’ angolo difeso in maniera dilettantesca dal Murcia.
Il gol comunque deve arrivare, anche se non possiede proprio tutti i crismi della regolarità, perché quando Sergio apre sulla destra Wilhelmsson parte in chiaro fuorigioco, il resto lo fanno il traversone basso dello svedese e la comica carambola fra il corpo di Carini e il faccione di Xisco.
Il Depor segna anche un altro gol, con Lopo di testa su calcio piazzato, ma stavolta il fuorigioco viene prontamente segnalato. Il resto del primo tempo trascorre senza occasioni significative, col Depor costretto al monopolio forzato del possesso-palla di fronte a un Murcia che etichettare come Anti-Calcio sarebbe fargli un complimento troppo generoso.
I padroni di casa sistemano comunque prontamente le cose con l’ avvio di ripresa. Due squilli in sequenza di Xisco: il primo nasce da un’ azione orchestrata da Sergio, che intelligentemente aggira la difesa murciana aprendo a destra per Manuel Pablo, da questi il cross perfetto per Xisco che sovrasta un Cuadrado che nemmeno prova a saltare; la tripletta del centravanti deportivista si materializza invece su un calcio d’ angolo, altro capolavoro di dilettantismo difensivo del Murcia, Kabous guarda compiaciuto lo stacco di Xisco a centro area, Carini si stira ma non può nulla.
Clemente prova con le due punte (Baiano per Abel), il progetto del Depor ora sarebbe in teoria quello di cedere il pallone all’ avversario e andare in contropiede, ma siccome l’ avversario non esiste, sono i galiziani a continuare a creare, con le zingarate di Lafita, la spinta di Filipe e pure con qualche tocco di classe di Don Juan Carlos Valerón, monumento al calcio entrato al posto di Guardado, purtroppo di nuovo infortunatosi poco dopo il suo ingresso in campo. Si chiude con una traversa sonante su sassata di Filipe dalla lunga distanza.

I MIGLIORI: La serata di Xisco, per l’ impegno che mette ad ogni partita, il 21enne centravanti se lo strameritava questo hat-trick (7 gol totali nella Liga). Generosissimo, si danna l’ anima come unico attaccante, viene incontro protegge palla detta il passaggio lotta su ogni pallone, magari perdendo qualcosa in lucidità: tecnicamente rivedibile, determinato e potente, un bel toro in progressione, si può fare un parallelo col bético Mariano Pavone, altro centravanti che sfacchina di brutto, rispetto al quale ha molto meno fiuto del gol ma qualcosa in più come agilità e velocità.
Oltre a Xisco, giocano tutti bene nel Deportivo: De Guzman e Sergio dominano a centrocampo, il canadese col suo solito dinamismo, il catalano manovrando con continuità e precisione; sbaglia un gol clamoroso, ma Coloccini si mette in evidenza per la sua personalità (meno spazi deve coprire, meno accusa la lentezza e più ci guadagna il suo gioco fatto di senso della posizione e prestanza: uno dei beneficiari della difesa a 5); Manuel Pablo vive quest’ anno una seconda giovinezza, sempre in eccellenti condizioni atletiche, reattivo e dinamico sulla sua fascia.
Altro gol per il saltatore Iván Alonso, eroe della Segunda tornato titolare al posto del flop Baiano. Valgono a poco le parate di Carini.
I PEGGIORI: Abel completamente nullo, va detto comunque che non è facile per uno che di mestire fa il trequartista trovarsi in una squadra che rinuncia completamente a giocare. Assolutamente mediocre la coppia di centrali murciani Cuadrado-Ochoa (soprattutto il primo), non replica l’ ottima prova con l’ Espanyol il marocchino Kabous, lento e fuori dalla traiettorie del centrocampo.

Deportivo (5-4-1): Aouate 6; M. Pablo 6,5, Lopo 6, Pablo Amo 6, Coloccini 6,5, Filipe 6,5; Wilhelmsson 6 (52'), Sergio 6,5, De Guzman 6,5, Lafita 6; Xisco 7 (73').
In panchina: Munúa, Piscu, J. Rodríguez, Valerón 6 (63'), Guardado s.v. (52') (63'), Bodipo, Taborda s.v. (73')
Murcia(4-2-3-1): Carini 7; Mejía 6, Cuadrado 5, Ochoa 5,5, Peña 5,5; Kabous 5, P. García 5,5 (68'); De Lucas 5 (50'), Abel 5 (60'), Aquino 6; I. Alonso 6,5.
In panchina: Notario, Pignol, Arzo, Richi s.v. (68'), Movilla, Rosinei s.v. (50'), Baiano s.v. (60')

Goles: 0-1 (2'): De Lucas, de gran cabezazo a centro de Aquino; 1-1 (22'): Xisco, tras fuera de juego de Wilhelmsson; 2-1 (46'): Xisco, de cabeza a centro de Manuel Pablo; 3-1 (48'): Xisco remata de cabeza un córner.
Árbitro: Rubinos Pérez, del Colegio Madrileño. Amonestó a Xisco (49'), Aquino (71'), Lopo (76') y Baiano (78'),
Incidencias: Riazor. 16.000 espectadores. Tarde tormentosa y algo menos de media entrada, a pesar de que era el Día de las Peñas.

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domenica, marzo 30, 2008

Vila-real sogna.

Il mio videoregistratore non ha fatto compiutamente il suo dovere, così non ho potuto vedere la partita di ieri oltre il 18' del primo tempo (diciotto minuti fin lì molto equilibrati). Comunque, dopo la sciocchezza di Perea che favorisce l' 1-0 di Cazorla, il Villarreal dilaga, batte 3-0 l' Atlético, scavalca il Barça al secondo posto e si trova a soli tre punti dalla vetta in attesa del Real Madrid-Sevilla di stasera. Un fuori-programma originato dalla vergognosa inettitudine delle due grandi storiche di Spagna, ma che il Villarreal pare in grado di giocarsi senza nessuna pressione addosso e con un calcio nettamente migliore rispetto alle sue due concorrenti. Il resto della Spagna tifa per loro.


TABELLINO E GOL DELLA PARTITA

Villarreal (4-4-2): Diego López; Javi Venta, Gonzalo, Godín, Capdevila; Cazorla, Senna (87'), Eguren, Pires (78'); Nihat (74'), Rossi.
In panchina: Viera, Ángel, Bruno (87'), Josemi, Cani (78'), Matías F. (74'), Tomasson.
Atlético de Madrid (4-4-2): Abbiati; A. López, Pablo, Perea, Pernía (31'); Maxi, Raúl García, Camacho (82'), L. García (51'); Agüero, Forlán.
In panchina: Leo Franco, Seitaridis (31'), Cléber Santana, Zé Castro, Jurado (51'), Miguel (82'), Mista.

Goles: 1-0 (38'): Cazorla marca a placer tras un error garrafal de Perea al intentar despejar un pase sin peligro de Rossi. 2-0 (43'): Nihat remacha con facilidad en el segundo palo otro pase de Rossi. 3-0 (66'): Nihat cruza ante Abbiati tras un magnífico pase de Cazorla.
Árbitro: Undiano Mallenco, del Colegio Navarro. Amonestó a Senna (44'), Maxi Rodríguez (60') y Rossi (82').
Incidencias: El Madrigal. Casi lleno. 21.000 espectadores.



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TRENTESIMA GIORNATA: Betis-Barcelona 3-2: Bojan (Ba); Eto’o (Ba); Edu (Be); Juanito (Be); Edu (Be).

Il punto più basso della storia blaugrana recente assieme alla rimonta subita dal Getafe in Copa del Rey l’ anno scorso. Definire questo Barça una “squadra” è una barzelletta di cattivissimo gusto: primo tempo di supremazia totale sull’ undici forse più disorganizzato e scombiccherato dell’ intera Liga, due gol di vantaggio che potevano essere anche di più, sensazione di padronanza e di strapotere assoluto, poi però nel secondo tempo la spina viene staccata e la partita buttata via nella maniera più vergognosa possibile e immaginabile. Uno sfregio al più elementare buonsenso, un’ atroce mancanza di rispetto, l’ ennesima, verso i propri tifosi e verso il calcio in generale, una roba da andare a nascondersi. Persino a Madrid rischiano di rimanere indignati da un’ attitudine simile…

Il Betis può giocare al Rúiz de Lopera perché la squalifica del campo ha subito una sospensione cautelare. Squalificati Fernando Vega e Arzu, Chaparro li rimpiazza con lo spostamento di Damiá a sinistra e con Juande, soliti assenti invece per Rijkaard.
La partita ha un inizio movimentato, cinque minuti da una porta all’ altra, perché il Barça con i suoi consueti squilibri ed errori di posizionamento a centrocampo (Iniesta e Xavi vanno in due nell’ area avversaria, persa palla si apre una voragine) concede un paio di contropiedi al Betis. Anche il Betis però non scherza come disordine, ed è chiaro che se gli spazi per giocare la palla abbondano, fra le due squadre alla lunga può spuntarla solo il Barça.
Nemmeno tanto alla lunga comunque, gli ospiti passano ben presto come un rullo compressore: lo schieramento del Betis è una cosa ridicola, non c’è il minimo accenno di pressing là davanti, fra difesa e centrocampo la distanza è allucinante, e il reparto arretrato verdiblanco è scoordinato e bucherellato in modo inverecondo. Iniesta e Xavi hanno tutta la libertà di creare, gli attaccanti hanno sempre l’ uno contro uno a disposizione, e ogni verticalizzazione blaugrana è già mezzo gol: prima Xavi pesca splendidamente il taglio di Eto’o dalla destra, la conclusione del camerunese va sulla traversa ma Bojan di questi tempo pare abbonato alle respinte, e così è 0-1; il raddoppio è quasi in fotocopia, ora è Iniesta a dare il passaggio, Eto’o ripete il taglio, Damiá e Casto fanno una pessima figura, e stavolta non c’è traversa che possa togliere la gioia del dodicesimo gol (in dodici partite!) in campionato all’ africano.
La cosa pare ridursi a un allenamento per il Barça, che sfonda da tutti i lati come e quando vuole, ma ha la cattiva idea di graziare il Betis e non chiudere la partita prima della fine del primo tempo. Sul traversone di Abidal che scorre nell’ area piccola bética senza trovare una deviazione nessuno lo sa, ma forse si cominciano a decidere le sorti future della partita…
La differenza è nell’ attitudine: il Betis manca di tutto il resto, ma con Chaparro in panchina il carattere lo ha sempre avuto, e mai e poi mai vorrebbe sentirsi rimproverare di non aver lottato dallla sua tifoseria, il Barça invece è tutto l’ anno che gioca con intollerabile indolenza. Sopra di due gol, i pensieri volano chissà dove, le gambe si bloccano, forse a causa della sensazione ebete di aver già vinto la partita perché tanto “semo li più forti”…
Il Betis perlomeno, per una questione di onore, comincia la ripresa mettendoci più grinta, pressando e tentando di accorciare con la linea difensiva, il Barça giochicchia come altre millecenquecento volte quest’ anno, ma ci vuole il gol avversario, anzi nemmeno quello, per riportare sulla terra gli uomini di Rijkaard. Sobis, entrato perché Chaparro non ha più nulla da perdere, ubriaca Zambrotta sulla sinistra (aiutato meno ora che sulla destra c’è Giovani e non Eto’o), cross al centro ed ennesimo (l’ ottavo su dodici totali in campionato) taglio e colpo di testa a rete di Edu, marcato a vista da Iniesta.
Chi ha visto un po’ di Barça in questa stagione, sa che questo è il segnale convenzionale di avvio dello svacco, e che la partita potrà finire in tutti i modi tranne che con una vittoria del Barça… gli ospiti non riescono più a fare nemmeno quello che gli riesce meglio, cioè cincischiare col pallone, Henry è isolato dal resto della squadra, e il Betis arriva ora ad attaccare con estrema facilità, complice l’ inesistenza del centrocampo blaugrana, assolutamente improponibile in fase di non possesso con Xavi e Iniesta mezzeali.
Ci si mettono poi tremori e disattenzioni individuali: su tutti Abidal, che prima con un retropassaggio biascicato apre ad Odonkor la strada verso il gol, negato solo da un grande Valdés, e poi commette un fallo da rigore non evidentissimo ma ingenuo sempre sul velocissimo (ma solo quello) Odonkor. Ancora Valdés regala al Barça ciò che non si meriterebbe, parando il rigore di Edu, ma l’ autolesionismo blaugrana è capace di superare anche questi “inconvenienti”: come già col Valencia in Copa del Rey (3-1 beccato da Mata subito dopo aver riaperto la partita col gol di Henry), la faccia tosta porta a farsi fare gol subito dopo il pericolo scampato: sul fallo laterale successivo a un calcio di rigore appena sventato, una squadra normale stringerebbe i denti e difenderebbe con le unghie, ma non il Barça. Nel magico mondo dei “Fantastici” può succedere che Touré vada a vuoto come un dilettante e che Juanito si trovi totalmente libero di stoppare, coordinarsi e prendere la mira perché Xavi non ritiene opportuno alzare la sua fatata zampetta per contrastarne la conclusione.
E succede ovviamente che dopo il 2-2 a ruota arrivi il 3-2, immagine fedele del dilettantismo tattico del Barça: Zambrotta è appena salito per l’ azione d’ attacco, la palla viene persa, Thuram dovrebbe trovarsi nei pressi per far scattare la copertura, e invece il francese si trova a distanza inaccettabile e perlopiù accentratissimo, tutt’ altro che pronto per scalare, al che Edu ha una prateria per correre palla al piede, puntare Thuram e scagliare una folgore nella quale riassume tutta la sua forza di uomo-squadra.
Rijkaard gioca la carta della disperazione, Gudjohnsen che va a comporre un 4-2-4 ma che spreca calciando l’ unica palla che il Barça avrebbe per pareggiare la partita. Ora sotto con lo Schalke…

I MIGLIORI: Edu l’ anima del Betis, eccezionale stagione del brasiliano, si fa perdonare ampiamente il rigore sbagliato: il suo taglio e colpo di testa su cross dalla sinistra è lo schema offensivo più praticato dal Betis, nel gol decisivo conferma poi il suo talento palla al piede. Cambi di successo Sobis e Odonkor.
Valdés ha fatto quello che ha potuto, Bojan ha avuto invece la fortuna di uscire prima che si consumasse lo sfacelo (ma ora non voglio leggere boiate del tipo “esce Bojan, si spegne il Barça”…): oltre al gol, l’ ottavo nella Liga, si muove molto bene nel primo tempo, entrando con più frequenza nelle manovre offensive e offrendo sbocchi su tutto il fronte d’ attacco.
I PEGGIORI: Forma precaria per Yaya Touré, che ha rinviato a fine stagione l’ operazione per i suoi problemi fisici perché tutti al Barça sono consci della sua indispesabilità. Anche così però è difficile nascondere le difficoltà, ancora di più quando i tuoi due compagni di centrocampo ti lasciano in balia della marea avversaria. Macchinoso, l’ ivoriano arranca e rischia di perdere palla in più occasioni, inoltre va paurosamente a vuoto sul gol di Juanito.
Mattatori assoluti nel primo tempo, Xavi e Iniesta crollano quando il Barça è costretto (o meglio, si auto-costringe) sulla difensiva nella ripresa: inadeguati come coppia di mezzeali in un 4-3-3, la fase difensiva non li regge contemporaneamente, soprattutto in un Barça che non fa più pressing nella metacampo avversaria e tende a ripiegare (malissimo) nella propria: Xavi perché ha l’ atletismo di un neonato, Iniesta perché invece pur avendo un maggior dinamismo ha un gioco più da trequartista che lo porta non di rado a perdere la posizione (conclusione: o uno solo alla volta oppure Iniesta avanzato sulla linea degli attaccanti). Ed emergono in questa fase anche le carenze nella pianificazione della rosa blaugrana, nella quale non figura un sostituto di Deco ed è precario anche il ricambio di Yaya Touré.
Thuram avrebbe tutto il diritto di godersi in pace la sua pensione, mentre Abidal regala mostruosità nel secondo tempo. Osceno il primo tempo di Damiá adattato a sinistra, responsabile sui due gol del Barça, tremendamente vulnerabile sul suo lato.

Betis (4-1-4-1): Casto 5; Ilic 5,5, Juanito 6,5, Melli 5,5, Damiá 4,5; Juande 5; Edu 7,5, Rivera 5,5, Capi 5 (52'), Mark González 5 (52'); Pavone 5,5 (87').
In panchina: Ricardo, Odonkor 6,5 (52'), Sobis 6,5 (52'), Xisco s.v. (87'), Fernando, Lima, Caffa.
Barcelona (4-3-3): V. Valdés 7; Zambrotta 6, Thuram 4,5, Puyol 6, Abidal 4,5; Xavi 5, Touré 4,5 (78'), Iniesta 5; Eto’o 6, Bojan 7 (63'), Henry 5,5.
In panchina: Pinto, Giovani 5 (63'), Gudjohnsen s.v. (78'), Edmilson, Ezquerro, Sylvinho, V. Sánchez.

Goles: 0-1 (12'): Bojan recoge un balón rechazado por el palo. 0-2 (16'): Etoo cabecea a la red un gran pase de Iniesta. 1-2 (62'): Edu, de cabeza. tras un buen centro de Sobis. 2-2 (75'): Juanito de fuerte derechazo. 3-2 (77'): Edu después de una gran jugada individual.
Árbitro: Turienzo Álvarez, del Colegio castellano-leonés. Amonestó a Mark González (8') y Damiá (51')
Incidencias: Ruiz de Lopera. 52.000 espectadores. Noche cálida.


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venerdì, marzo 28, 2008

Heitinga, nuovo colchonero.

Ufficializzato in settimana il trasferimento per la prossima stagione di Johnny Heitinga dall' Ajax all' Atlético Madrid. Contratto di cinque anni e circa dieci milioni di euro nelle casse dell' Ajax, secondo quanto riportato da "De Telegraaf".
Di seguito Alec Cordolcini, collaboratore del "
Guerin Sportivo" e de "La Settimana Sportiva" (al cui interno vi consiglio la rubrica da lui curata "Radio Olanda"), attento osservatore del calcio olandese, ce ne offre un ritratto.


Promette tanto e mantiene poco, proprio come l’Atletico Madrid. Fosse stato acquistato dai Colchoneros dodici mesi fa questa sarebbe stata una più che fedele presentazione di John Heitinga, ennesimo virgulto del vivaio Ajax (entrò nelle giovanili dopo che la madre lo portò ad un provino come regalo per il suo settimo compleanno) lanciato in età precoce in prima squadra da quel maestro di calcio che risponde al nome di Co Adriaanse (esordio il 26 agosto 2001 in Feyenoord-Ajax 1-2, età 17 anni e 284 giorni, posizione numero 23 nella classifica degli esordienti più giovani di sempre in maglia biancorossa).
Una prima stagione di ottimo livello e foriera di grandi promesse, quella successiva passata quasi interamente in infermeria, poi il ritorno e il definitivo consolidamento della propria posizione nell’undici titolare. Difensore centrale, terzino destro, interno di centrocampo: dove lo mettono lui ubbidisce, anche se qualcosa comincia a non girare. Arriva comunque l’esordio in nazionale nel febbraio 2004 (Olanda-Stati Uniti 1-0, incontro amichevole), ma arrivano anche le prime critiche, perché passano le stagioni e ci si accorge che il 21enne Johnny Heitinga risulta essere tale e quale al 18enne Johnny Heitinga, amnesie ed errori compresi. Crescita zero insomma, e aumenta il sospetto che il tourbillon di ruoli nasconda in realtà il tentativo da parte degli allenatori dell’Ajax di definire una posizione in campo nel quale il ragazzo riesca finalmente a sfruttare appieno le proprie capacità.
Come si diceva all’inizio, promette tanto e mantiene poco. Almeno fino al 2007, l’anno della grande svolta. Schierato nuovamente al centro della difesa a fianco di Jaap Stam, Heitinga termina la passata stagione in crescendo; poi, quando l’ex difensore di Manchester United, Lazio e Milan annuncia il proprio ritiro, la metamorfosi del ragazzo nato nel paesino di Alphen aan de Rijn il 15 novembre 1983 si completa, trasformandolo nel perno principale dell’ondivago e vulnerabile reparto arretrato dell’Ajax. Cuore Johnny, dicono, ma quello c’era anche prima, così come le ottime qualità fisiche e la buona corsa; a queste però si sono aggiunte anche concentrazione, personalità e razionalità tattica. Non solo cuore, quindi, ma anche anima.
Marco van Basten ha deciso di costruire attorno a lui la difesa dell’Olanda proiettata all’Europeo 2008, l’ultimo scoglio verso l’acquisizione della piena maturità. L’Atletico Madrid arriva in un momento cruciale della propria carriera, mai come ora forse nel suo periodo migliore.
Ciò che Heitinga rappresenta oggi per l’Ajax è sintetizzabile in questo dato: nell’attuale stagione 1620 minuti giocati in Eredivisie, 180 nei preliminari di Champions, 210 in Coppa Uefa, 210 nella Coppa d’Olanda e 90 nel Johan Cruijff Schaal, ovvero nemmeno un secondo di un incontro ufficiale saltato, vuoi per infortunio, sostituzione o scelta tecnica. E in più un rendimento altissimo, corroborato anche da quei gol su calcio d’angolo (di testa o in mischia) che rappresentano un po’ il suo marchio di fabbrica e che adesso cominciano ad arrivare con buona costanza persino in nazionale (vedi le ultime due amichevoli degli oranje, il 3-0 rifilato alla Croazia e il recente 4-3 all’Austria).
Avevano cominciato a chiedergli se intendeva soffiare il titolo di mister Ajax a Sjaak Swart, 463 partite in maglia ajacide, e non era un buon segno; la risposta è arrivata da Madrid al prezzo di 10 milioni di euro. La fidanzata Charlotte Sophie Zenden (sorella del calciatore Boudewijn), che recentemente aveva espresso il desiderio di “vivere un’esperienza all’estero”, può ritenersi soddisfatta, l’Atletico Madrid (il cui ultimo precedente con un giocatore battente bandiera oranje, Jimmy Floyd Hasselbaink, è altamente positivo) pure. Se l’anno prossimo la squadra cresce come ha fatto Heitinga negli ultimi dodici mesi, può puntare direttamente al titolo.

Alec Cordolcini

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mercoledì, marzo 26, 2008

Parla Zambrotta.

A un' ora scarsa dall' amichevole fra Spagna e Italia, vi lascio il link a quest' interessante intervista pubblicata oggi su "El Pais", dove Gianluca Zambrotta affronta le differenze, toccate con mano, fra calcio italiano e spagnolo.


"He jugado más el balón en España en un año que en Italia en cuatro"

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martedì, marzo 25, 2008

LIGA BBVATRENTESIMA GIORNATA: Sporting Gijon-Real Sociedad 1-0: Bilic 81’.

Non posso garantire nessuna periodicità a questi servizi sulla Segunda: ho avuto la fortuna di reperire con relativa rapidità questa partita giocata sabato scorso, e mi fa piacere offrirvene un resoconto.

Il big match della trentesima giornata della Segunda riporta al terzo posto lo Sporting Gijon, tre punti decisi in un buon secondo tempo dei padroni di casa. La Real Sociedad scende dalle nuvole, scavalcata dallo Sporting va ora a –2 dalla promozione (l’ unica piazza disponibile ormai è la terza, Málaga e soprattutto Numancia si son staccate dal resto della compagnia), dovendosi oltrettutto guardare dal ritorno dell’ Elche, che lo incalza a un solo punto di distanza.

Assenze pesantissime per Manolo Preciado, che deve fare a meno di tre cardini come gli infortunati Barral (bomber della squadra con 11 gol) e Kike Mateo (centrocampista offensivo dal gol facile) e lo squalificato Michel, 22enne centrocampista centrale emerso dalla celebre prolifica cantera locale (Luis Enrique e David Villa vi dicono nulla?); la Real di Eizmendi presenta invece il suo undici-tipo, con l’ unica modifica dello spostamento a sinistra del jolly Gerardo, in sostituzione del terzino sinistro titolare Castillo.
Si comincia su ritmi altissimi, e francamente non si capisce nulla: entrambe le squadre puntano sulla difesa alta e il pressing, non si può passare per il centrocampo e così ne scaturisce una teoria di pelotazos inservibili, e che gli attaccanti si arrangino. A dire il vero Diaz de Cerio, sempre impegnativo per i difensori coi suoi movimenti ficcanti in profondità, rischia pure di approfittarne al 4’, quando il lancio dalla difesa di Ansotegi trova impreparati i difensori di casa e invola Diaz de Cerio verso Roberto, scartato in uscita al limite dell’ area ma non trafitto, per il provvidenziale successivo salvataggio di Jorge.
Un primo tempo davvero brutto: la Real Sociedad, che ha più qualità, prova un po’ a mettere a terra il pallone, ma l’ aggressività avversaria impedisce di dare continuità ai fraseggi; lo Sporting incontra invece difficoltà drammatiche a elaborare la pur minima azione, condannando Bilic là davanti a corse inutili e snervanti.
Passata la mezzora, alla qualità inesistente si aggiunge un sensibile calo d’ intensità nel gioco dei padroni di casa, ciò che permette alla Real di guadagnare progressivamente metri e guadagnare sempre più calci d’ angolo e calci di punizione dalla trequarti. Si avvicina anche il gol ospite, quando al 39’ Ansotegi sbuca su un calcio d’ angolo dalla sinistra di Nacho, indirizzando però troppo a lato il suo colpo di testa.
Il chiaro dominio dei baschi nelle fasi finali del primo tempo convince lo Sporting a modificare radicalmente l’ approccio. Preciado chiede un gioco più ragionato rispetto alle corse a vuoto del primo tempo, e comunque più in generale cambia la partita, sicuramente più godibile nella ripresa. Le squadre si sciolgono, si apre qualche spazio in più nelle rispettive trequarti, e aumentano le occasioni: al 57’ Bilic incorna su cross di Sastre dalla destra ma troppo centrale per sorprendere Riesgo; al 62’ Xabi Prieto al limite dell’ area sciupa malamente un invitantissimo traversone dalla sinistra di Aranburu, mentre un minuto dopo è fuori misura il destro da fuori di Iván Hernández.
Il controllo della partita sta comunque passando nelle mani dello Sporting, che gioca finalmente con più criterio, non salta più indegnamente il centrocampo come nel primo tempo e a destra porta costantemente in sovrapposizione Sastre. Preciado inoltre interviene ottimamente in corsa, cercando più vivacità con gli inserimenti di Luis Morán per Pedro (comunque non malvagio questo giocatore, altro canterano, ottimo crossatore) sulla destra del centrocampo e soprattutto col minuscolo Omar al posto dell’ inesistente Hidalgo in attacco.
La Real prova ad aumentare il peso offensivo con l’ aitante Delibasic per lo spento Víctor, però ormai il baricentro si è abbassato, i collegamenti fra mediana e attacco sono precari e non aiuta di certo la discutibile sostituzione di Aranburu, sicuramente più capace di portare palla oltre la metacampo rispetto al modesto Garitano.
Dominio sportinguista sempre più chiaro, al 78’ solo una fenomenale parata di Riesgo su Jorge liberissimo nel cuore dell’ area di rigore evita il vantaggio locale, comunque rimandato di soli tre minuti: viene finalmente fuori il talento di Diego Castro, l’ elemento più imprevedibile degli asturiani, fin lì ai margini del match. Grande numero sulla fascia sinistra, in un colpo solo scappa a Carlos Martínez e Xabi Prieto, serve palla al limite dell’ area, da una serie di batti e ribatti la palla schizza sui piedi di Bilic che, in posizione più che sospetta di fuorigioco all’ altezza del dischetto, mette in rete con un tocco d’ esterno sporco ma efficace.
La Real ha pochi minuti, tenta con le mischie e proprio agli sgoccioli, al 93’, rischia di beffare il Molinón su un ingorgo da brividi nell’ area piccola, al termine del quale Roberto riesce in qualche modo ad agguantare il pallone della sicurezza.

I MIGLIORI: Due centrali macchinosi e tecnicamente rozzi, ma molto attenti, efficaci e puntuali i due dello Sporting, Gerard e Jorge. Importante anche il vecchio bucaniere Matabuena, un Gattuso dei poveri, mediano di grande quantità, inesauribile anche se come piedi meglio lasciar perdere. Riferimento offensivo costante il croato Mate Bilic: generoso, lotta su tutti i palloni, bravo spalle alla porta, buon calcio col destro. Corre a vuoto nel primo tempo, non per colpa sua, decide nel secondo tempo.
Solito dinamismo e buona qualità palla al piede per Aranburu, il più propositivo della Real: ingiusto e probabilmente controproducente il cambio. Sfarfalla sempre un po’ nelle uscite e in generale non trasmette mai grande sicurezza, però grande prodezza la parata di Riesgo su Jorge.
I PEGGIORI: Non entra mai in partita Hidalgo: 21enne colombiano ingaggiato dallo Sporting durante la finestra invernale, alla seconda gara da titolare, praticamente non tocca un pallone, e quando lo fa, si incarta. Nella Real, incide pochissimo Nacho.

Sporting (4-4-2): Roberto 6,5; Sastre 6,5, Gerard 6,5, Jorge 7, Canella 6; Pedro 6 (Omar 6, 59'), Matabuena 6,5, Iván Hernández 5,5, Diego Castro 6; Bilic 6,5 (Andreu s.v., 90'), Hidalgo 4,5 (Luis Morán 6, 59').
Real Sociedad (4-4-1-1): Asier Riesgo 6,5; Carlos Martínez 6, Ansotegi 6 (Uranga 84'), Mikel González 6, Gerardo 6; Xabi Prieto 6, Martí 6, Aranburu 6,5 (Garitano s.v., 68'), Nacho 5,5; Víctor 5,5 (Delibasic s.v., 64'); Díaz de Cerio 6.

Gol: Bilic 81'.
Árbitro: Del Cerro Grande (Comité Madrileño). Mostró cartulina amarilla a los locales Iván Hernández, Luis Morán y Roberto.
Incidencias: Partido de la trigésima jornada de la Liga de Segunda División disputado en El Molinón ante unos 25.000 espectadores. Unos 2.500 aficionados de la Real Sociedad.




CLASSIFICA LIGA BBVA 30esima giornata
1 Numancia 60
2 Málaga 56
3 Sporting 50
4 R.Sociedad 48
5 Elche 47
6 Castellón 45
7 Sevilla At 44
8 Celta 42
9 Tenerife 42
10 Eibar 40
11 Granada74 39
12 Hércules 38
13 Cádiz 38
14 Salamanca 37
15 Córdoba 36
16 Alavés 34
17 Las Palmas 34
18 Gimnástic 33
19 R. Ferrol 33
20 Albacete 30
21 Xerez 29
22 Poli Ejido 29

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lunedì, marzo 24, 2008

VENTINOVESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Athletic Bilbao-Getafe 1-0: Etxeberria 28'.

Racing-Recreativo Huelva 2-0: Orteman 80'; Smolarek 94'.

Murcia-Espanyol 4-0: Iván Alonso, rig. 36'; Iván Alonso 48'; Abel, rig. 62'; Richi 85'.

Osasuna-Betis 0-1: Mark González 53'.

Levante-Villarreal 1-2: Matias Fernández 27'(V); Miguel Ángel 64' (L); Guille Franco 82' (V).
Zaragoza-Almeria 1-1: Ricardo Oliveira 67' (Z); Negredo 88' (A).

Avendo firmato un contratto che mi impone di tifare Barça, non posso farlo in prima persona, ma ai neutrali consiglio di prendere le parti del Villarreal: non sarebbe male come lezione a Real e Barça, le Grandi più piccole che la storia ricordi, se la Liga finisse davvero da quelle parti.
Fatte un paio di considerazioni, è un' eventualità da tenere in conto: il Real Madrid dà l' impressione di poter perdere qualunque partita, il Barça stai sicuro che il filotto non lo fa (nonostante un calendario da qui alla fine preferibile rispetto a quello del Real), quindi i margini per l' impresa ci sarebbero anche, pur rimanendo ancora una possibilità remota ( i gialli devono ancora giocare con Sevilla e Atlético).
Ieri, vittoria non facile per gli uomini di Pellegrini, contro un Levante che da quando non ha più nulla da perdere è avversario scomodo per molti. Decide Guille Franco appena entrato: il messicano gioca a due all' ora, però ha il pregio di saper giocare con calma e ciò talvolta gli permette di crearsi la migliore occasione, vedi il gol di ieri, quello al San Mamés e il rigore procurato al Camp Nou un paio di settimane fa.
Netto il calo di rendimento dell' Espanyol col nuovo anno, ieri travolto in maniera indecente dal Murcia. Prima gioia per Clemente, che disegna un 4-2-3-1 nel quale brillano il marocchino Kabous in mediana, Abel (unico giocatore di fantasia della squadra) sulla trequarti, l' idolo di casa Iván Alonso (l' uruguaiano volante, salta come una cavalletta) e il 17enne Daniel "el torito" Aquino, autore di una prestazione notevole largo a sinistra: campione d' Europa e vice-campione del mondo con la Under 17 dei Bojan, Fran Mérida, Iago Falqué, Camacho e Rochela (una delle generazioni più interessanti degli ultimi anni, anche se non hanno mai giocato un calcio collettivo convincente), Aquino è l' ennesima conferma che, in una stagione per molti altri aspetti mediocre, il calcio spagnolo agevola la produzione e la maturazione di giovani talenti. Aquino, Bojan, Camacho già titolare nell' Atlético, Susaeta, Diego Capel, José Crespo, Asenjo, Azpilicueta, Kike Sola... tante belle notizie.
Espanyol che esce dai posti Uefa per il contemporaneo successo casalingo del Racing, tre punti negli ultimi minuti di una partita sofferta, col Recre disperatamente attaccato al punticino e in dieci per l' espulsione di Cáceres. Qualcuno lo guarderà in modo strano, ma Marcelino ci crede, l' Atlético quarto è lì a tre punti...
Paura a Zaragoza, pareggio con l' Almeria tranquillo a metà classifica e nuovo infortunio a Matuzalem (sono guai, era il giocatore più importante per dare il salto di qualità alla manovra). A metà classifica si installa anche l' Athletic dopo gli ottimi tre punti casalinghi col Getafe, comincia a consolidarsi il progetto di Caparros.
Era in partenza un bel confronto di stili: la furia dell' Athletic contro il calcio manovrato di Laudrup, ma nei novanta minuti è stata chiara la supremazia, soprattutto sul piano del ritmo e dell' intensità, dei baschi, i quali avrebbero potuto conseguire pure un vantaggio più ampio, al di là del palo clamoroso di Albin negli ultimi minuti (comunque anche Llorente aveva colpito un legno precedentemente). Getafe che ci ha provato, ma con poca brillantezza, forse comincia a pesare anche l' impegno sui tre fronti. Da sottolineare le prestazioni di Orbaiz, di Susaeta (nel primo tempo soprattutto, ottimo in combinazione con Etxeberria, sempre mobilissimo da seconda punta) e della coppia di difensori centrali Amorebieta-Ustaritz.
Pesantuccia anche la vittoria fuori casa del Betis (sassata di Mark Gonzalez, che in questa seconda parte di stagione sta finalmente giustificando il suo ingaggio), l' Osasuna preme tutto il tempo ma non sfonda.


CLASSIFICA
1 R. Madrid 62
2 Barcelona 58
3 Villarreal 56
4 Atlético 50
5 Racing 47
6 Sevilla 45
7 Espanyol 45
8 Athletic 39
9 Getafe 39
10 Almería 39
11 Valencia 39
12 Mallorca 37
13 Betis 35
14 Osasuna 34
15 Deportivo 34
16 Zaragoza 33
17 Valladolid 32
18 Recreativo 32
19 Murcia 26
20 Levante 19

CLASSIFICA CANNONIERI
Luis Fabiano (Sevilla) 22 (2 rig.)
Raúl (R.Madrid) 15 (3 rig.)
Diego Milito (Zaragoza) 15 (5 rig.)
Güiza (Mallorca) 15
Forlán (Atlético) 13 (1 rig.)

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VENTINOVESIMA GIORNATA: Real Madrid-Valencia 2-3: Villa (V); Raúl (R); Raúl (R); Villa, rig. (V); Arizmendi (V).

Beffa clamorosissima: proiettato generosamente all’ attacco, chiaramente meritevole del vantaggio, col Valencia che (un po’ come all’ andata col Barça in Copa del Rey) si aggrappa ai miracoli di Hildebrand e ai salvataggi disperati, il Madrid all’ 89’ subisce una vera e propria mazzata quando Arizmendi (sì lui proprio lui!) improvvisa un’ incursione tanto estemporanea quanto devastante: il lancio di Miguel non sembra molto commestibile, ma se l’ ex Depor ha un pregio, riconosciuto anche dai suoi più acerrimi detrattori (quorum ego), è proprio quello di crederci sempre. In campo aperto la sua falcata è poi tutt’ altro che trascurabile, e le lunghe leve gli permettono di guadagnare un testa a testa sulla destra con Cannavaro, saltato di slancio: conquistato il fondo del campo, il manuale consiglierebbe di alzare la testa e controllare a centro area la migliore opzione… ci sono però due condizioni che in questo caso specifico mandano all’ aria ogni premessa teorica: la prima è che dalla mezzora del secondo tempo in poi il Valencia ha praticamente smesso di portare più di uno-due giocatori oltre la sua metacampo, quindi c’è poco da alzare la testa; la seconda è che Casillas, aspettandosi il cross verso il centro, ha lasciato uno spiraglio sul suo palo… Arizmendi se ne accorge, l’ intuizione è geniale e desacralizza bruscamente la figura del distratto portiere madridista, gettando nella crisi più nera il Real Madrid, ora a solo +4 sul Barça e addirittura sotto attacco del Villarreal, portatosi a –6.
L’ impressione è stata quella di una sorta di beffardo contrappasso, col Real Madrid vittima della più classica delle partite stregate, proprio come lo erano frequentemente le sue avversarie fino a qualche mese fa: nelle ultime fasi di partita, più si intensificavano gli attacchi madridisti, più pareva accrescersi la sensazione d’ invincibilità del Valencia.

Senza Van Nistelrooy, Schuster imposta Raúl prima punta, con Julio Baptista sulla trequarti; Koeman replica il 4-3-3 estremamente atipico dell’ ultima col Barça: Silva falso centravanti, Villa largo a sinistra, Mata mezzala sinistra.
Nelle prime fasi, il Valencia sembra messo meglio in campo e più reattivo: interessante il contropiede manovrato degli ospiti, che aspettano nella loro metacampo e una volta riconquistata palla si lanciano come frecce negli spazi. L’ assetto di Koeman dà pochi punti di riferimento e induce i difensori madridisti a perdere la posizione: Villa, Silva e Mata si incrociano ed escono dalla metacampo con combinazioni palla a terra di rapidità e qualità veramente sopraffina, la sensazione di pericolo, anche solo potenziale, è viva.
Entrando nel cuore del primo tempo è però il Real Madrid a venire maggiormente fuori, avvicinandosi con maggior frequenza dalle parti di Hildebrand quando fra le linee comincia a crearsi qualche combinazione in più e quando Sergio Ramos trova spazio sulla destra. Poche palle-gol serie, la più ghiotta per Raúl che però non trova l’ impatto migliore sul tiro-cross veloce dalla destra di Sneijder.
Quando però sta venendo fuori il Real Madrid, il Valencia passa: fa tutto Villa, prima ottiene un calcio d’ angolo con una gran sassata, poi fredda Casillas imbeccato da Silva, al termine di un’ azione avviata da una gravissima palla persa sulla trequarti in uscita dal calcio d’ angolo da Sneijder, azione nella quale il solito disastroso ritardo difensivo di Marcelo tiene in gioco Villa.
Nemmeno il tempo di fare i conti però che Raúl ristabilisce la parità, approfittando con mestiere della disattenzione di Helguera (appena subentrato a Marchena, stordito da una pallonata) sul cross di Robinho dalla sinistra. Successivamente Robinho incorna male un crossa di Baptista dalla destra, ultima emozione di un primo tempo equilibrato e di buon spessore.
Competitivo e a tratti convincente nel primo tempo, il Valencia perde campo nella ripresa: comincia progressivamente ad affiorare la mancanza di riferimenti saldi là davanti, non si riesce più a uscire dalla metacampo con la limpidezza e la fluidità del primo tempo, e il Madrid si impadronisce del gioco, sfondando al 10’: palla recuperata sulla trequarti, Guti filtra e ha finalmente a disposizione il “pase definitivo”, del quale beneficia un Raúl semplicemente perfetto nella finalizzazione, controllo e sinistro angolato che fa sponda sul primo palo, lo chiamano senso del gol.
Koeman capisce che è ora di cambiare il copione: dentro Morientes come pivot offensivo, e Baraja per uno spento Banega, si torna a un 4-2-3-1 vecchio stile. Però visto l’ andazzo della partita per tirare su il Valencia è fondamentale la benevolenza madridista, che si materializza nello stupidissimo rigore regalato da Cannavaro, il quale con Silva spalle alla porta dentro l’ area di rigore affollata non trova niente di meglio che un evitabilissimo goffo spintone, prontamente ravvisato dall’ arbitro: Villa ringrazia e completa la sua doppietta.
In situazione di parità, le squadre, poco lucide, cominciano ad allungarsi paurosamente, situazione che favorisce il Real Madrid che su queste transizioni da un’ area all’ altra avrà costruito un 90% dei suoi punti stagionali. Hildebrand appronta i santini a protezione della sua porta, comincia il bombardamento: 29’: Robinho dalla destra sevizia Albiol con una doppia finta sulla linea di fondo (!), pase de la muerte per l’ inserimento di Sneijder ma Helguera nonsisacomenonsisaperchè salva sulla linea; 32’: punizione a spiovere di Sneijder dalla sinistra, nessuno la tocca, Hildebrand respinge non solo questa ma anche la successiva doppia ribattuta di Higuain; 40’: Raúl di prima serve lo scatto di Higuain (entrato al posto di Robinho, con l’ altro subentrato Robben, al ritorno dall’ infortunio, spostato a sinistra), che evita il portiere ma da posizione defilata scaglia sul palo esterno, davvero complicato il rapporto fra il valido “Pipita” e il gol.
Il Valencia difende nella maniera più rozza possibile, ammucchiando uomini e guardando nervosamente l’ orologio, ma ecco arrivare il citato episodio-clou, la “follia” di Arizmendi (e di Casillas…), una doccia forse anche più gelida del gol-farsa subito col Getafe. E non è finita, già nel recupero l’aura di invincibilità di Hildebrand trova la sua manifestazione più estrema, strepitoso il guizzo del portiere tedesco sul colpo di testa a botta sicura di Raúl, guizzo che nega al Madrid perfino il contentino di uno striminzito pareggio.

I MIGLIORI: Arizmendi eroe per caso, oltre al gol da notare la solita partita di sacrificio difensivo, che non fa mancare mai (è uno di quei giocatori che indubbiamente piacciono agli allenatori, per la loro dedizione alla causa e per la loro disponibilità a fare da cavia per gli esperimenti tattici più bizzarri). Il mio timore è che prodezze come questa possano spingere Aragonés a portarselo agli Europei… quindi caro Angel, nelle prossime partite vedi di tornare in te!
E’ Villa comunque il leader tecnico della squadra, partitone il suo: largo a sinistra, tutti lo cercano per portare l’ azione nella metacampo madridista, e il Guaje conferma di essere un attaccante meraviglioso, il migliore di quelli spagnoli, perché capace di creare gioco per i compagni oltre che di finalizzare l’ azione con classe e freddezza. Due gol e tanto sacrificio sulle avanzate di Sergio Ramos (questo Valencia non è affatto una squadra ben messa in campo, però tutti vogliono dare una mano, questo è già importante), speriamo soltanto che non vogliano farne un’ ala sinistra a tutti gli effetti: è vero che la partenza da sinistra è la sua azione preferita e che giocando così non corre il rischio di rimanere schiacciato sui centrali avversari, ma è anche vero che alla lunga il rischio è quello di costringerlo troppo lontano dalla porta e di togliergli lucidità al momento di eseguire le giocate. Sarà quindi importante che in questo triangolo offensivo che forma con Mata e Silva (un’ idea interessante di Koeman, perché Mata esterno sinistro e Villa unica punta mi parevano più irrigiditi), gli scambi di posizione siano costanti e la ripartizione degli sforzi equilibrata.
Hildebrand benedetto dagli dei del calcio: un po’ con la fortuna, un po’ con le prodezze, salva il risultato. Colpi di reni prodigiosi, parate sulla linea, doppi salvataggi… c’è di tutto nella sua partita, ora dovrà dare continuità, perché a partite come questa e quella di Copa del Rey al Camp Nou ha già alternato sin troppe indecisioni e letture errate.
Non toglie l’ amarezza della sconfitta, ma non va messa in secondo piano la prestazione da grande capitano e da grande campione di Raúl: costretto a surrogare Van Nistelrooy in un ruolo non suo, ci mette tutto il mestiere e la caparbietà che gli sono propri: difende palla, favorisce i compagni, lotta su tutti i palloni riuscendo spesso ad anticipare gli avversari, arrivando al quindicesimo gol, il che inizia ad avvicinarlo alle sue migliori stagioni. Si nota il rientro di Sergio Ramos, solito enorme contributo atletico.
I PEGGIORI: Il Madrid regala letteralmente questa partita, basta vedere il secondo e il terzo gol. L’ imputato principale è un Cannavaro semplicemente catastrofico: inconcepibile per un difensore della sua esperienza e del suo blasone il rigore del 2-2, piuttosto triste poi la resa ad Arizmendi (già suo torturatore l’ anno scorso col Deportivo) sul 2-3. L’ altro Babbo Natale è Iker, cui per stavolta siamo obbligati a togliere il titolo di santo: il gol preso sul suo palo da Arizmendi è una gaffe pesantissima. Pesci fuor d’ acqua Baptista, Sneijder (grave la palla persa sullo 0-1) e Gago, non è la prima volta.
Non molto in partita anche Banega, è un match di transizioni rapide che non si addice tanto alle sue caratteristiche. L’ argentino ama infatti “assaporare” il pallone, come dimostra anche quando rallenta un paio di contropiedi piuttosto interessanti.

Real Madrid (4-4-1-1): Casillas 5; Ramos 6,5, Pepe 6, Cannavaro 4, Marcelo 5,5; Sneijder 5,5, Gago 5,5, Guti 6,5, Robinho 6 (77'); Baptista 5,5 (62'), Raúl 7,5.
In panchina: Dudek, Heinze, Diarra, Drenthe, Robben 5,5 (62'), Higuaín 6 (77'), Soldado
Valencia (4-3-3): Hildebrand 7,5; Miguel 6, Albiol 6, Marchena s.v. (32'), Caneira 6; Banega 5,5 (64'), Maduro 6, Mata 6 (64'); Arizmendi 7,5, Silva 6,5, Villa 7,5.
In panchina: Mora, Helguera 5,5 (32'), Alexis, Sunny, Baraja 6 (64'), Joaquín, Morientes 5,5 (64').

Goles 0-1 (33'): Gran pase al hueco de Silva a Villa, que se planta ante Casillas y le bate con la derecha. 1-1 (34'): Raúl remata de cabeza en el área pequeña un centro de Robinho. 2-1 (55'): Raúl recibe de Guti y marca de tiro ajustado con la izquierda. 2-2 (66'): Villa convierte con la derecha un penalti de Cannavaro a Silva. 2-3 (88'): Arizmendi culmina un contragolpe con la derecha.
Árbitro: Clos Gómez, Del Colegio Aragonés. Amonestó a Marchena (23'), Pepe (83'), Cannavaro (83') y Marcelo (91').
Incidencias: Santiago Bernabéu. Tres cuartos largos. 69.198 espectadores.


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domenica, marzo 23, 2008

VENTINOVESIMA GIORNATA: Barcelona-Valladolid 4-1: Eto’o (B); Sesma, rig. (V); Iniesta (B); Bojan (B); Bojan (B).

Vittoria abbastanza comoda per il Barça, troppa la differenza di qualità, anche se non sono mancate le preoccupazioni, specialmente quando il Valladolid si era portato sul pareggio nel primo tempo e quando ha rischiato di riaprire i giochi nel secondo, colpendo due traverse sul risultato di 3-1.

Mendillibar deve fare a meno dei due centrali titolari, il leader García Calvo e Iñaki Bea, quindi improvvisa con Javier Baraja (fratello del “Pipo” valenciano) e il canterano Rafa, che era titolare fisso fino a qualche partita fa. Confermati Diego Camacho in mediana e Vivar Dorado trequartista (con Víctor in panchina). Rijkaard sostituisce lo squalificato Milito con Thuram, preferisce Sylvinho a Abidal e riporta Iniesta a centrocampo, in coppia con Xavi.
Subito occasioni per i padroni di casa, nello specifico due palle-gol ghiotte fallite da Bojan: nella prima, su svarione della difesa del Valladolid, ha spazio per saltare il portiere e battere a rete, ma la conclusione è debole e viene salvata da Javier Baraja prima della linea di porta, nella seconda invece Xavi di prima lo mette a tu per tu con Asenjo, ma l’ ispano-serbo spara addosso al portiere.
Il Valladolid rinuncia al suo classico pressing alto e intasa la metacampo, il Barça controlla placidamente, con la sensazione che il gol sia nell’ aria: funziona la fascia sinistra, dove gravitano gli ispirati Bojan e Iniesta e sulla quale si sovrappone Sylvinho, sicuramente più utile in questo tipo di partite rispetto ad Abidal, sempre tecnico ed incisivo nelle sue incursioni offensive il brasiliano. Dalla sinistra nasce il gol del vantaggio blaugrana: dimostrazione di classe pura di Bojan, avversario mandato a vuoto, parabola al bacio per Eto’o che da destra taglia e imbuca in rete, ignorato da Marcos.
Strada in discesa per il Barça, se non fosse per l’ arbitro, l’ estrosissimo signor Paradas Romero, il quale inventa un rigore su un contatto minimo fra Thuram e Llorente. Il penalty trasformato da Sesma è una botta dura per i padroni di casa, che nell’ ultimo quarto del primo tempo non ci sono con la testa, praticamente spariscono dal campo, col Valladolid che inversamente acquista fiducia, ben ordinato sul terreno di gioco guadagna pure qualche metro e si affaccia, anche se il risibile potenziale offensivo del quale dispongono gli ospiti impedisce di tradurre tutto ciò in timori concreti per il Barça.
Riordinate le idee, i blaugrana ritrovano la marcia giusta e passano già ad inizio ripresa: bello il no-look con l’ esterno di Touré, è decisiva però la casuale e leggera deviazione di testa di Bojan per prolungare la traiettoria e servire l’ inserimento di Iniesta, che scarta Asenjo e deposita in rete da posizione angolata. Il Camp Nou torna tranquillo, e arriva anche il 3-1: sulla punizione di Xavi dalla destra, il guardalinee non si accorge del fuorigioco di Puyol, quindi ne approfitta Bojan sotto misura.
In vantaggio di due gol, nei blaugrana subentra quell’ attitudine riprovevole più volte sottolineata: giochicchiano, rilassati, svagati, sbagliano un gol inconcepibile a porta vuota con Eto’o, e permettono al sempre dignitoso Valladolid di prendere coraggio: con le forze fresche Víctor, Sisi e Manchev gli ospiti inquietano Valdés, colpendo prima un palo col solito Sesma, poi una traversa con una sassata di Manchev. Due occasioni che avrebbero potuto riaprire tutto e gettare nel panico il Barça, ma invece all’ 84’ arriva a chiudere i conti il secondo gol di Bojan, facile appoggio nella porta sguarnita al termine di una fuga di Eto’o sulla destra lanciato in profondità da Xavi.

I MIGLIORI: La Festa della Cantera, Bojan e Iniesta su tutti. L’ ispano-serbo oltre a realizzare due gol ha ribadito di possedere la naturalezza dei grandissimi, vedere l’ eleganza e l’ apparente semplicità con cui ogni volta si divincola degli avversari e inventa le giocate; Iniesta è stato ancora una volta il trascinatore: dappertutto, splendido, sempre creativo ed efficace palla al piede.
Già all’ andata Sesma era stato il più pericoloso del Valladolid: giocatore incisivo il canario, lo ribadiamo. Purtroppo il Valladolid è la squadra che ho potuto seguire meno quest’ anno, quindi certe considerazioni posso farle solo come osservatore distante, ma mi pare ben strana la panchina per Víctor nelle ultime partite, sicuramente l’ elemento più estroso e tecnico della povera rosa vallisoletana.
I PEGGIORI: Mediocre la difesa del Valladolid, nei centrali e in Marcos (“custode” di Eto’o sull’ 1-0). Almeno Pedro López ha dato un pochino di spinta, come sa fare. Nullo Llorente (meglio Manchev stasera), inesistente Kome in fase offensiva (per me anche se giochi al Camp Nou e devi fare una partita prettamente difensiva, sempre meglio tenerti dall’ inizio un Sisi che almeno può dare pepe ai contropiedi).

Barcelona (4-3-3): Valdés 6; Zambrotta 6, Thuram 5,5 (dal 71’ Abidal s.v.), Puyol 6, Sylvinho 6,5; Xavi 6,5, Yaya Touré 6,5 (dal 61’ Gudjohnsen s.v.), Iniesta 7; Eto’o 6,5, Henry 6, Bojan 7 (dall’ 86’ Pedrito s.v.).
In panchina: Pinto, Víctor Sánchez, Edmilson, Víctor Vázquez.
Valladolid (4-2-3-1): Asenjo 6,5; Pedro López 6, Javier Baraja 5,5, Rafa 5,5, Marcos 5; Diego Camacho 6 (dal 74’ Víctor 6,5), Álvaro Rubio 5,5; Kome 5 (dal 65’ Sisi 6), Vivar Dorado 5,5, Sesma 6,5; Llorente 5 (dal 60’ Manchev 6,5).
In panchina: Alberto, Óscar Sánchez, Alexis.

Gol: Eto’o 21’ (B); Jonathan Sesma, rig. 30’ (V); Iniesta 47’ (B); Bojan 62’ (B); Bojan 84’ (B).
Arbitro: Paradas Romero. Ammoniti: Puyol per il Barcelona; Camacho per il Valladolid.

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Convocati Spagna-Italia.

Diramata la lista dei convocati per l’ amichevoli di mercoledì con l’ Italia ad Elche. Sono 22, manca solo il terzo portiere, per il resto la lista può già servire per fare un’ analisi in prospettiva Europeo.

Portieri: Casillas (Real Madrid); Reina (Liverpool).
Difensori: Sergio Ramos (Real Madrid); Puyol (Barcelona); Albiol, Marchena (Valencia); Juanito (Betis); Arbeloa (Liverpool); Capdevila (Villarreal); Fernando Navarro (Mallorca).
Centrocampisti: Xabi Alonso (Liverpool); Iniesta, Xavi (Barcelona); Cesc (Arsenal); De la Red (Getafe); Senna (Villarreal); Silva (Valencia); Riera (Espanyol).
Attaccanti: Villa (Valencia); Torres (Liverpool); Luis García (Espanyol); Güiza (Mallorca).

L’ unica novità è De la Red: strameritata convocazione per il leader del centrocampo del Getafe. Qualità e quantità, personalità, visione di gioco, sacrificio e duttilità, tutte doti profuse con grande generosità in una stagione fin qui di altissimo livello. L’ ex madridista potrebbe rivelarsi una carta tanto sottovalutata quanto preziosa: a centrocampo può giocare indifferentemente davanti alla difesa o come mezzala più portata ad inserirsi in appoggio all’ attacco, se poi ci aggiungiamo che nelle ultime partite ha pure fatto, e con risultati apprezzabili, il difensore centrale....
È importante inoltre il suo buon feeling col gol (negli inserimenti e nel gioco aereo, quando va a staccare nell’ area avversaria sui calci piazzati): in una Spagna col 4-5-1, dal possesso palla ridondante e a forte rischio sterilità, sarà fondamentale il contributo realizzativo che gente come lui e Cesc (che però deve ancora sciogliersi con la maglia della Seleccion) sapranno fornire in aiuto all’ eventuale unica punta.

La convocazione di De la Red significa la mancata convocazione di Albelda, ormai tagliato fuori. Uno dei punti da definire della rosa sarà proprio quello del centrocampista davanti alla difesa: col valenciano fuori dai giochi, non rimangono tanti altri giocatori eleggibili con quelle caratteristiche (consideriamo anche Zapater, quest’ anno più riserva che titolare al Zaragoza), e si profila una scelta quasi obbligata per elementi con caratteristiche più di costruzione, come De la Red, come Xabi Alonso e come il villarrealense Bruno (seguito attentamente da Aragonés, anche se attualmente nelle gerarchie di Pellegrini gli è passato davanti il solido uruguagio Eguren). Potrebbe giocare quindi un ruolo importante la polivalenza di Marchena, in tempi recenti parso peraltro molto più a suo agio da centrocampista che da difensore, dove comincia ad accusare eccessivamente le sue carenze di agilità.
Rimangono indefinite le fasce: questa squadra potrebbe pure morirci di “tiki-taka” se andasse in Svizzera e Austria senza esterni in grado di dare respiro e fornire alternative importanti alla manovra: in quest’ ultima lista di ruolo troviamo solo il mancino Riera, la destra è completamente scoperta.
Avendo menzionato anche la polivalenza di Marchena, Senna pare onestamente un’ eccedenza, che a Giugno andrà rimpiazzata con uno fra Joaquín e Pablo Hernández da piazzare all’ occorrenza sulla destra: il getafense (già sicuro partecipante al progetto 2008-2009 del Valencia) sarebbe stato molto probabilmente convocato se non lo avesse fermato un infortunio domenica scorsa col Racing, mentre la presenza di Joaquin segue gli alti e i bassi del giocatore nel Valencia, ma è difficile pensare a una sua assenza a giugno: l’ ex Betis ha caratteristiche difficilmente rimpiazzabili (tutti gli altri esterni destri spagnoli tendono ad avere il loro punto di forza nello scatto breve, Joaquin ha anche un allungo che nelle serate buone può risultare devastante), tanto più con la perdurante ineleggibilità di Jesús Navas.

In attacco, non c’è stavolta Bojan Krkic, ma solo perché serve di più all’ Under 21 impegnata contro il Kazakhistan: restano vive le chances del talento del Barça, che anzi si trova in un buon periodo di forma. Quello della quarta punta rimarrà l’ enigma più avvincente fino all’ ultimo: ancora non convocato Raúl, confermato Güiza, che personalmente non ritengo particolarmente utile alla causa. Innanzitutto è probabile che non sia all’ altezza del palcoscenico internazionale, poi c’è da dire che per attuare un gioco da contropiedista bastano e avanzano Villa e Torres.
La cosa importante è avere un parco-attaccanti completo, non fatto di doppioni: Villa e Torres hanno caratteristiche tattiche simili ma sono indiscutibili, Luis Garcia può essere una buona variante per la completezza del suo repertorio e per la capacità di giocare sia seconda punta tra le linee che prima punta, il quarto posto teoricamente dovrebbe quindi andare a un ariete, per avere un ventaglio più ampio possibile di alternative.
Il problema però è che gli unici arieti spagnoli di buon livello sono Morientes e Negredo, entrambi difficilmente convocabili al momento attuale, per motivi differenti (il valenciano è appena tornato da un infortunio e non pare rientrare nei piani di Koeman; l’ almeriense potrebbe invece sembrare un po’ troppo una scommessa): la scelta finale, ammesso che gli attaccanti saranno quattro e non solo tre, credo sarà quindi fra Raúl e Bojan (Tamudo terzo incomodo).

Ma il problema più serio in prospettiva è indubbiamente la difesa: se Sergio Ramos, Puyol e Albiol non reggono la baracca, sono guai. La spinta di Sergio Ramos non ha un’ alternativa, a sinistra c’è discreta affidabilità manon si vola di certo, al centro i disastri ripetuti con la maglia dell’ Atlético hanno chiamato fuori Pablo, ma la sensazione di precarietà rimane, con la macchinosità di Marchena, l’ indefinitezza di Arbeloa (terzino o centrale? Nel primo caso non servirebbe a nulla alla nazionale, mentre nel secondo, che sarebbe il suo vero ruolo, si scontrerebbe col fatto che nel Liverpool solo raramente viene impiegato centrale) e Juanito che non è proprio un’ assicurazione sulla vita. Allarmante il fatto che, scorrendo le rose della Liga, di soluzioni alternative se ne intravedono ben poche.

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VENTINOVESIMA GIORNATA: Sevilla-Atlético Madrid 1-2: Maxi Rodríguez (A); Diego Capel (S); Agüero (A).

Non è (nemmeno per sogno) ciò che si definisce una grande squadra, ma è inconfutabile la prova di maturità con la quale l’ Atlético si è aggiudicato tre punti meritatissimi e potenzialmente devastanti in questo spareggio per il quarto posto: ora i punti sul Sevilla sono 5, e c’è anche il vantaggio degli scontri diretti in caso di arrivo a pari punti. Sevilla deludentissimo: come il ritorno col Fenerbahçe, questa partita è l’ immagine fedele di una squadra che durante la stagione si è mostrata incapace di controllare le situazioni con la sicurezza che le era propria l’ anno scorso, perdendo continuità e solidità nell’ espressione del suo gioco, stasera paurosamente involuto.
Da sottolineare anche i deprecabili episodi di violenza di cui si son resi protagonisti i giocatori di casa, evidentemente incapaci di accettare con sportività la superiorità dell’ avversario: da squalifica mensile la testata con cui, già sull’ 1-2, Maresca spacca il naso ad Agüero e manda praticamente in malora la partita, ma vanno segnalati anche l’ entrataccia di Poulsen su Raúl García nel primo tempo (che costringerà poi il giocatore colchonero ad uscire ad inizio ripresa) e il calcio sul volto (questo forse più involontario, ma evitabile)di Luis Fabiano a Pablo, già dopo l’ espulsione di Maresca.

Dopo una primissima fase di batti e ribatti in un’ area e nell’ altra (terrificante Pablo, i primi due palloni li cicca e quasi regala due palle-gol al Sevilla), il dominio passa chiaramente all’ Atlético. Il Sevilla non riesce proprio a trovare le misure, disunito e incapace di trovare gli appoggi e le connessioni per poter sviluppare la propria manovra: il pallone viene perso facilmente prima che arrivi a Kanouté e Luis Fabiano, Camacho e Raúl García fanno la voce grossa a centrocampo, la mediana sevillista viene saltata con facilità e una volta filtrato sulla trequarti l’ Atlético attacca con insistenza il lato destro della difesa sevillista, dove Simao, con l’ appoggio a turno di Forlán e Agüero, crea facilmente situazioni di superiorità numerica, approfittando della nota propensione di Alves a lasciare scoperta quella zona, cosa che costringe Mosquera (e Poulsen) ad allargarsi e a liberare spazi al centro per gli inserimenti degli incursori colchoneros.
Proprio da una situazione di questo tipo al 18’ nasce il sacrosanto vantaggio dell’ Atlético: Forlán viene incontro sulla trequarti come suo costume, Poulsen esce a vuoto, si crea un buco fra le linee, Navas tenta di tapparlo stringendo al centro ma Forlán ha già scaricato sulla sinistra per Simao, cross in libertà del portoghese, velenoso attraversa tutta l’area e dall’ altra fascia arriva smarcato Maxi Rodríguez (questa è la sua azione, inserimento a sorpresa sul lato scoperto delladifesa avversaria), il quale sentenzia con l’ aiuto di una deviazione di Adriano.
Da qui, dalla sinistra, l’ Atlético costruisce la sua superiorità, e ancora sono brividi al 32’ quando Simao scappa ad Alves sulla sinistra, trova Agüero al centro dell’ area e il Kun con uno dei suoi movimenti dentro l’ area manda al bar Mosquera e solo per poco non trova il tap-in di Forlán sul suo diagonale rasoterra.
L’ ultimo quarto del primo tempo vede un Atlético un po’ più attendista, il Sevilla riprende familiarità col pallone, sguinzaglia Daniel Alves e sollecita di più Luis Fabiano: non crea però grossi pericoli, e anzi perde pure per infortunio Jesús Navas, sostituito da De Mul. Più convinto l’ assalto di inizio ripresa, che porta subito al gol: Poulsen azzecca la prima azione della serata, facendo filtrare un bel pallone sulla trequarti, la triangolazione Kanouté-Luis Fabiano taglia fuori Perea e Pablo, Abbiati respinge la conclusione di Kanouté, ma lo fa sui piedi dell’ accorrente Diego Capel, che può liberare la gioia per il suo terzo gol nella Liga.
Sembra la svolta, il Sevilla preme, ma rimane sempre vivo il pericolo dell’ attacco colchonero, l’ unico vero ingrediente “da Champions” dei biancorossi madrileni: Agüero prima avvisa scappando via ad Escudé in area di rigore (il francese lo stende, ma l’ arbitro non vede il rigore nettissimo), poi al 56’ non perdona col suo istinto magico: traversone dalla destra di Antonio López, pisolino di Alves (che con le sue debolezze difensive ha compensato negativamente il solito grande attivismo offensivo), il Kun ruba il tempo, da sinistra taglia verso il centro dell’ area e fredda Palop.
La cosa precipita, ci pensa Maresca a mettere la parola fine: non ha nessun interesse quello che gli dice prima Agüero (probabilmente non un invito a cena), la testata è disgustosa, insensata ed irresponsabile, compromettendo quasi del tutto le chances della sua squadra. E pensare che Manolo, soltanto sei minuti prima, lo aveva inserito per evitare la seconda ammonizione a Poulsen…
Da qui al fischio finale l’ Atlético si dedica a una gestione magari un po’ rilassata del vantaggio (se Kanouté non venisse fermato per un fuorigioco inesistente ci potrebbe anche scappare il 2-2) ma di successo di fronte a un Sevilla comunque costretto a giocare tutto sui nervi e sull’ improvvisazione, con Koné come carta della disperazione.

I MIGLIORI: L’ Atlètico, abbiamo detto, ha vinto buona parte del match sulla fascia sinistra: il quadro tattico favorevole ha offerto continui uno contro uno a Simao nel primo tempo, e sappiamo che il portoghese sa conquistare il fondo con grande facilità. Giocatore di spessore internazionale indiscusso, senza dubbio l’ esterno di maggior profondità nel parco di cui dispone Aguirre (pericoloso anche per l’ abilità nel trovare il palo lungo col destro a girare dalla sinistra), si sta rivelando importante in quest’ ultima fase di stagione nella quale finalmente ha potuto trovare la continuità sperata.
L’ attacco colchonero è poi la solita macchina: come al solito movimento e quantità in dosi industriali da Forlán, magia da Agüero, la cui rapidità e abilità negli ultimi metri si è dimostrata assolutamente fuori portata per i poveri difensori del Sevilla. Ruba sempre quel secondo decisivo, sia quando scappa sullo stretto sia quando arriva primo sulle palle vaganti in area di rigore (potrebbe non sembrare, ma è piuttosto bravo anche di testa, ne ha segnati parecchi così quest’ anno). Al dodicesimo gol, è la vera perla di questa Liga 2007-2008.
Funziona bene il centrocampo: il giovane Camacho fa le cose semplici ed è sempre presente, Raul Garcia gioca un primo tempo continuo e autorevole.
I PEGGIORI: Dispiace perché sembra la Pecora Nera, ma Pablo è un brivido ogni volta che tocca palla (anche se migliora nel corso del match, pure stavolta regala svarioni che potevano costare carissimo), logico che Aragonés non lo abbia convocato. Anche Abbiati trasmette poca sicurezza: qualche buon riflesso, ma non trattiene il pallone, respinge male e nelle uscite fa venire gli incubi (in un'’occasione ha quasi regalato un gol a Luis Fabiano).
Va a segno, ma Capel continua a far pensare che in realtà sia di più quello che toglie rispetto a quello che dà alla squadra: gli avvesari lo conoscono bene, non lo lasciano girare, lo portano verso l’ interno e lui tocca il pallone mille volte tutto in orizzontale, prima di scaricarlo e mandare a monte ogni volta una potenziale azione pericolosa. O impara a giocare a calcio oppure rischia di diventare un bluff. A vuoto Poulsen, non trova la posizione giusta in campo e non ha mai il controllo della situazione. Soffrono le pene dell’ inferno i due centrali, soprattutto Mosquera che spesso si vede arrivare Agüero… Maresca non merita ulteriori commenti.

Sevilla (4-4-2): Palop 6; Alves 6, Mosquera 5,5, Escudé 5,5, Adriano 5,5 (76'); Navas s.v. (44'), Poulsen 5,5 (53'), Keita 6, Capel 5,5; Kanouté 6, L.Fabiano 6.
In panchina: De Sanctis, Fazio, Duda, Renato, De Mul 5,5 (44'), Maresca 2 (53'), Koné s.v. (76')
Atlético (4-4-2): Abbiati 5,5; A. López 6,5, Pablo 5,5, Perea 6, Pernía 6; Maxi 6,5, Camacho 6 (87'), R. García 6,5 (51'), Simao 7; Agüero 7,5 (92'+), Forlán 7.
In panchina: Leo Franco, Seitaridis, C.Santana 6 (51'), Eller, Jurado s.v. (87'), L. García, De las Cuevas s.v. (92'+)

Goles 0-1 (19'): Maxi remata un centro de Simao. 1-1 (48'): Diego Capel anota tras rechazar Abbiati. 1-2 (57'): Agüero, bien desmarcado, marca tras un centro de Antonio López.
Árbitro: Delgado Ferreiro, del Colegio Vasco. Expulsó por roja directa a Maresca (59'). Amonestó a Raúl García (26'), Poulsen (45'+), Adriano (68'), Perea (76'), Camacho (81'), Antonio López (84') y Alves (93'+).
Incidencias: Sánchez Pizjuán. 30.000 espectadores.

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VENTINOVESIMA GIORNATA: Mallorca-Deportivo La Coruña 1-0: Arango.

Spettacolo insostenibile, Mallorca che col minimo indispensabile si porta momentaneamente a +5 sulla terzultima, Deportivo condannato a soffrire sino all’ ultimo dai suoi contenuti poverissimi.

Assenze di peso: De Guzman nel Deportivo, Ibagaza e Basinas nel Mallorca, dove Ramis (ultimamente affermatosi, con prestazioni convincenti, come partner di Nunes al centro della difesa) viene adattato a centrocampista difensivo.
Avevamo elogiato nelle ultime settimane la svolta all’ insegna del realismo da parte del Depor, ma ciò non vuol dire che ci sia da divertirsi a guardare le loro partite, anzi: il Mallorca, squadra di casa e dal maggior tasso tecnico e potenziale offensivo, inizia comandando le operazioni, ma non decolla, perchè gli ospiti, in nove dietro la palla e bassissimi nella loro metacampo, impediscono che la partita acquisisca quel minimo di ritmo necessario a renderla digeribile. Il match ha comunque la sua svolta al 22’, episodio isolato, altro non poteva essere: punizione di Arango dalla destra, nessuno la tocca e, come sempre in questi casi, la traiettoria si avvelena, cogliendo impreparato Dudu Aouate.
E’ una svolta per il risultato, ma non per lo spettacolo: i ritmi restano soporiferi, cambia solo che ora il Mallorca si ritrae aspettando magari il contropiede giusto (la strategia prediletta di giocatori come Varela e soprattutto Güiza e Jonas che notoriamente amano gli spazi ampi) e che il Depor, una volta costretto a fare la partita, mostra tutte le sue più che prevedibili miserie. Le uniche emozioni son due contropiedi non concretizzati dal Mallorca, il primo con Güiza a botta sicura anticipato su una traversone di Varela dalla destra, il secondo con lo stesso Varela che sparacchia a lato da posizione discretamente favorevole.
Andazzo confermato e pure accentuato dal secondo tempo: Mallorca che ormai specula apertamente sul risultato (tendenza un po’ radicata negli isolani, che avrebbero anche i mezzi per offrire un po’ più di buon calcio), mutismo assoluto dal Depor. Prevedibile l’ ingresso di Taborda (al posto di Xisco, gran lottatore come sempre, uscito malconcio e con la testa fasciata), obbligatorio quello di Guardado, un po’ tardivo invece quello della seconda punta Riki (espulso a fine partita per doppia ammonizione): la difesa a 5 non è un amuleto, quando non c’è nulla da perdere se ne può fare a meno anche un po’ prima (e in ogni caso convince pochino l’ uscita di Filipe: non richiedeva sforzi sovrumani togliere Manuel Pablo o uno dei tre centrali, sicuramente meno utili alla produzione offensiva del brasiliano, pure non trascendentale stasera). In ogni caso, il Depor nulla era e nulla rimane, cambi o non cambi.
Manzano guarda brutalmente allo scopo, a Ramis si aggiunge Scaloni per fare legna, e il Mallorca fallisce pure due occasioni chiare nell’ ultimo quarto d’ora, entrambe con Güiza: nella prima, smarcato stupendamente da Webó, il bomber maiorchino spara addosso a Aouate, nella seconda fallisce incredibilmente un appoggio di testa a porta spalancata, al termine di una delle classiche cavalcate inarrestabili di Jonas Gutiérrez.

I MIGLIORI: Piuttosto attento e puntuale nei suoi interventi David Navarro.
I PEGGIORI: Incerto sul gol e non solo su quello Aouate (non basta a risollevare la media l’ ottimo intervento a tu per tu con Güiza nel finale), stavolta non incide Lafita (molto movimento ma poca carne al fuoco). Güiza si dà parecchio da fare coi suoi movimenti, ma non è da lui, uno dei più freddi esecutori del campionato, fallire occasioni simili.

Mallorca (4-4-2): Moyá 6; Héctor 6, David Navarro 6,5, Nunes 6, Fernando Navarro 6; Varela 6,5 (dal 78’ Webó 6), Ramis 6,5, Borja Valero 6 (dall’ 83’ Scaloni s.v.), Jonas Gutiérrez 6; Arango 6 (dal 90’ Tuni), Güiza 5,5.
In panchina: Lux, Molinero, Trejo.
Deportivo (5-4-1): Dudu Aouate 5,5; Manuel Pablo 6, Lopo 6, Pablo Amo 6, Coloccini 6, Filipe 6 (dal 77’ Riki 5); Wilhelmsson 5,5, Sergio 5,5, Antonio Tomás 5, Lafita 5,5 (dal 56’ Guardado 6); Xisco 5,5 (dal 56’ Taborda 5,5).
In panchina: Munúa, Laure, J. Rodríguez, Valerón.

Gol: Arango 22’.
Arbitro: Fernández Borbalán. Ammoniti: Ramis e Varela per il Mallorca; Pablo Amo e Coloccini per il Deportivo. Espulso: Riki (doppia ammonizione).

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venerdì, marzo 21, 2008

L’ iceberg è un po’ più vicino.

Il Barça saluta il suo primo obiettivo stagionale, il primo passo verso uno dei più colossali sprechi di talento che la storia recente del calcio ricordi. Partita con tanti gol, più per giocate isolate ed errori difensivi che per altro, in piena linea con una mediocre stagione di calcio spagnolo.
Il Valencia, squadra che ancora dovrà sudare per ottenere la salvezza, ha perlomeno messo l’ orgoglio e la cattiveria (e anche un po’ di fortuna, vedi il gol sblocca-partita di Baraja e tanti altri episodi fra andata e ritorno) nei momenti puntuali che hanno deciso il match, tutt’ altro discorso per il Barça, sempre fiacco, svuotato, inanimato, capace di affossarsi anche quando sembra avere il controllo della situazione, come in un primo tempo nel quale il chiaro dominio territoriale (con traversa di Milito e occasioni per Bojan e Abidal) ha fruttato soltanto un passivo di due gol, forse un po’ bugiardo ma comunque subito con la solita passività, sul primo gol quando Baraja (servito gentilmente da Zambrotta) non trova nessuno a contendergli la respinta al limite dell’ area e può inventarsi uno spettacolare sinistro all’ incrocio, ma ancora di più nel secondo gol, da far cadere le braccia per la facilità con la quale viene persa palla a centrocampo e aperta un’ autostrada al contropiede valenciano.
Nel secondo tempo figurarsi se i blaugrana cambiano ritmo o sfoderano gli artigli… si procede fischiettando e al piccolo trotto, squadra da passeggio che non conosce la differenza fra uno 0-0 in un’ amichevole estiva e uno 0-2 in una gara decisiva di coppa. Solo Bojan, una volta spostato a sinistra (molto meglio che a destra come nel primo tempo, dove è un po’ limitato: qui può rientrare sul destro e fare più un gioco da seconda punta), mostra la brillantezza necessaria a sfondare nell’ ammucchiata di maglie bianche davanti a Hildebrand: gli si aggiunge Henry (cambio uguale ad Almeria: fuori il “pivote”, un Touré evidentemente fuori forma), che è colui che con un ottimo stacco di testa al termine di una bella combinazione sulla sinistra proprio fra Bojan e l’ altro neo-entrato Sylvinho (che a differenza di Abidal sa crossare) sembra riaprire la partita… sembra, perché il Barça è forse l’ unica squadra al mondo capace di farsi far gol subito dopo averla portata dalla sua: nemmeno festeggiato e Silva va in fuga sulla destra, mette al centro e coi blaugrana tutti sbilanciati Mata può andare alla conclusione al volo dalla sinistra, conclusione che scivola in rete nonostante i tentativi di salvataggio di Valdés e Xavi. Patetico, decisamente patetico.
L’ ultimo quarto di partita è follia pura: Eto’o riapre una porticina sfruttando una triangolazione con Gudjohsen e un comico scontro fra Baraja e Marchena, Rijkaard passa alla difesa a tre, il Barça prova ad improvvisare ma il tempo scorre spezzettato dalle comprensibili perdite di tempo dei padroni di casa, che si trascinano fino al fischio finale.

Barça a casa dopo essersi mostrato per l’ ennesima volta incapace di sovrapporsi agli eventi, privo della necessaria concentrazione e tensione competitiva. Niente pressing, niente intensità, i blaugrana non conoscono più il concetto di “transizione”, sia quando attaccano che quando difendono, bastano due passaggi in fila agli avversari per arrivare con un’ azione pulita sulla trequarti, col centrocampo che corricchia e arranca a rimorchio.
In fase di possesso, raro vedere azioni fluide col giocatore che viene incontro in appoggio, scambi di prima, inserimenti e sovrapposizioni nello spazio: la comunicazione fra i reparti è precaria, e spesso l’ unico modo per rompere la monotonia del gioco orizzontale è solo e soltanto la percussione palla al piede dell’ Iniesta o Messi di turno, e la scarsità di alternative del gioco offensivo rimane una vera palla al piede di questa squadra (non ci sono colpitori di testa, i tiratori da fuori scarseggiano, o si entra in porta col pallone o niente). Gli stessi problemi di sempre, la parentesi di buon calcio col Celtic e all’ andata di questa semfinale a posteriori assume sempre più i contorni del miraggio.
Al di là della consueta ramanzina al Barça, va detto che il Valencia si è affidato alla sorte e all’ istinto di sopravvivenza, perché altro non c’è. Inizio in piena soggezione, dopo l’ improvviso vantaggio di Baraja la squadra ha alzato il tono e giocato con più aggressività (molto bene Albiol, sempre col fiato sul collo di Eto’o) e contrattaccando con maggior decisione e velocità, però è chiaro che questa è la più classica delle prestazioni una tantum, la Liga è tutto un altro discorso, impone regolarità, stabilità, cose che il Valencia ha ribadito di non possedere nell’ ultima parte del match, quando il Barça, più per dovere che per convinzione, ha provato a mettere un po’ di pressione. Ancora in evidenza Mata, autore di una doppietta facile ma che conferma la crescita del giocatore, l’ unico vero apporto positivo finora della gestione di Ronald Koeman.

Dall’ altra semifinale, cioè quella delle squadre veramente meritevoli, esce vincitore il Getafe, al termine di una partita vibrante ma macchiata dalla polemica (come già domenica), perché Casquero sigla l’ 1-1 stronca-speranze per il Racing (passato in vantaggio ad inizio partita con Munitis) quando Garay è a terra infortunato (starà fuori le prossime sei settimane, come Van Nistelrooy) e non solo i giocatori del Racing, ma addirittura alcuni dei suoi stessi compagni, chiedono di buttare il pallone fuori.
Da parte mia faccio soltanto i complimenti a Sky che mercoledì ha deciso di non trasmettere la partita, evidentemente “non importante” secondo la loro opinione: decisamente una mancanza di rispetto verso gli appassionati del calcio spagnolo, che non sono solo quelli in ansia per sapere se Ronaldinho tornerà a sorridere o Raúl verrà convocato in nazionale…

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lunedì, marzo 17, 2008

VENTOTTESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Aggiornamento. Sconfitta a tavolino per il Betis, nella partita con l' Athletic sospesa per la bottigliata al portiere bilbaino Armando. Ad essa si aggiungono due giornate di squalifica per il campo.
In basso la classifica aggiornata.

Getafe-Racing 2-1: Smolarek (R); Uche 66’ (G); Gavilán 76’ (G).

Villarreal-Zaragoza 2-0: Nihat 10’; Rossi, rig. 65’.

Espanyol-Mallorca 2-1: Güiza 12’ (M); Luis García, rig. 58’ (E); Luis García 89’ (E).

Valladolid-Osasuna 0-0

Atlético Madrid-Levante 3-0: Simao 24’; Forlán 38’; Forlán 54’.

Comodo allenamento per l' Atlético. Protagonisti Simao e Forlan: per il portoghese è stata finora una stagione irregolare, ha faticato a trovare la continuità (anche per problemi fisici), ieri ha ribadito la crescita delle ultime partite con un' eccellente prestazione, gol e assist per il 2-0 al termine di una grande azione personale sul fondo; l' uruguaiano invece si conferma per l' ennesima volta: se Aguero è il genio (ieri un po' appannato) capace di risolvere con una giocata, lui è imprescindibile col suo costante movimento qualche metro dietro al Kun, e in più è la solita sicurezza in termini realizzativi.
L' Espanyol si mantiene in Europa al termine di una sfida sofferta e piena di polemiche, ne esce invece il Racing perdendo a Getafe (antipasto del ritorno della semifinale di Copa del Rey di mercoledì, che però si giocherà al Sardinero): anche qui temperatura altissima, Tono impazzisce, mena fendenti a destra e a manca e si fa espellere assieme a Braulio, quando già il Getafe, trascinato dall' ingresso del solito Pablito Hernandez, era riuscito a rimontare: benissimo per Laudrup, ancora qualche punto e la sua allegra banda potrà considerarsi tranquilla in Liga e guardare con tutto l' appetito di questo mondo a Uefa e Copa del Rey.
Ancora un po' e, visti gli impresentabili inquilini dei primi due piani, il Villarreal potrà tornare nella lotta per il campionato: nel mentre, puntella il suo posto-Champions con una vittoria non troppo meritata contro il Zaragoza, che domina ma si arresta davanti a Diego Lopez (e prende pure un palo con Oliveira).
C'è panico in casa Valladolid: la squadra non riesce più a vincere, ed è pure in crisi di gioco e di sicurezza. Sarebbe un po' amara una loro retrocessione, perchè da quelle parti si fanno veramente il mazzo. L' Osasuna, in puro Ziganda-style, fa buon viso allo 0-0 fuori casa, anche se Kike Sola una traversa l' ha presa.



CLASSIFICA
1 R. Madrid 62
2 Barcelona 55
3 Villarreal 53
4 Atlético 47
5 Sevilla 45
6 Espanyol 45
7 Racing 44
8 Getafe 39
9 Almería 38
10 Athletic 36
11 Valencia 36
12 Mallorca 34
13 Osasuna 34
14 Deportivo 34
15 Zaragoza 32
16 Betis 32
17 Valladolid 32
18 Recreativo 32
19 Murcia 23
20 Levante 19

CLASSIFICA MARCATORI
Luis Fabiano (Sevilla) 22 (2 rig.)
Diego Milito (Zaragoza) 15 (5 rig.)
Güiza (Mallorca) 15
Raúl (R.Madrid) 13 (3 rig.)
Forlán (Atlético) 13 (1 rig.)

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VENTOTTESIMA GIORNATA: Almeria-Barcelona 2-2: Bojan (B); Pulido (A); Eto’o (B); Kalu Uche (A).

Prosegue la farsa di una Liga che nessuno vuole vincere e nessuno merita di vincere. Parole sante quelle di Clemente in settimana (“El Madrid y el Barça no juegan un pimiento”), anche se valgono più per un discorso globale che per la partita di stasera: era infatti difficile attendersi un grande Barça in questa occasione. I punti più gravi son stati persi in altre partite, il “Juegos del Mediterraneo” è uno dei campi più complicati e l’ Almeria era una delle squadre che per caratteristiche poteva mettere più in difficoltà i blaugrana (molto più di Atlético e Villarreal).
Squadra tutta intensità, ritmo e organizzazione, proprio quello che manca al Barça, che per cavarsela doveva fare leva sulla qualità dei singoli e sul carattere che era assolutamente chiamato a sfoderare. Va detto che, dopo un primo tempo assolutamente censurabile, i catalani non hanno fatto mancare questi aspetti nella ripresa, prima inventando l’ 1-2 con Henry ed Eto’o e poi sacrificandosi a protezione del vantaggio dopo l’ espulsione di Milito (forse discutibile il primo giallo), ma la doccia fredda è arrivata lo stesso: due gol in fotocopia (su calcio d’ angolo, uno dei punti di forza dell’ Almeria, Emery cura in maniera maniacale le palle inattive) che chiamano a precise responsabilità la difesa, son “dettagli” che possono costare un campionato.

Formazione-tipo per Emery, non per Rijkaard che con l’ incessante pioggia di assenze non sa nemmeno cosa voglia dire questa parola: comunque Frank opta per aumentare i chili a centrocampo, affiancando Gudjohnsen a Xavi e avanzando in attacco Iniesta, mentre Bojan scalza il criticatissimo Henry.
Le linee della partita son chiare sin dall’ inizio: aggressione totale dell’ Almeria, come suo costume fra le mura amiche, pressing intensissimo che provoca numerosi errori perfino fra i fini palleggiatori blaugrana, riducendo il predominio nel possesso-palla del Barça al di sotto del 60% (il che è praticamente un’ impresa). Già in avvio poi un contropiede supersonico di Crusat, anche se innocuo, fa capire la differenza di velocità nelle transizioni fra le due squadre.
Quadro tattico che sembra spinosissimo per il Barça, costretto contro sua natura a mostrare i denti e a intervenire all’ ultimo su ogni pallone, ma gli ospiti vanno comunque in vantaggio al primo affondo: Iniesta sfonda sulla sinistra, si accentra, forse sono un po’ passivi i centrali dell’ Almeria a non stringere per chiudergli lo spazio, il tiro non è irresistibile, ma abbastanza angolato, respinta difettosa di Diego Alves, tap-in di Bojan, sempre molto pronto in queste situazioni.
Come tante altre volte, dopo essere passato in vantaggio, il Barça si siede e non gioca più, indeciso se cercare il secondo, se temporeggiare, se difendersi, finendo col non fare nessuna delle tre cose, discorso vecchio questo. Palese, come contro Atlético e Villarreal, la mancanza di coesione e di equilibrio: il pressing è una parola per nostalgici (addirittura a un certo punto si è visto Eto’o sbracciarsi per chiedere aiuto ai compagni mentre pressava da solo i centrali avversari), e saltata questa prima linea il centrocampo va facilmente sotto per i suoi limiti dinamici, ed è relativamente semplice arrivare sulla trequarti per gli avversari.
Dopo lo 0-1, i ritmi si abbassano notevolmente e l’ Almeria non può più agire in maniera diretta e verticale come predilige, ma gli uomini di Emery non si tirano comunque indietro quando c’è da elaborare l’ azione, e costruiscono con pazienza il meritato pareggio: calcio d’ angolo dalla destra, liberissimo sbuca Pulido, specialista del gioco aereo, e la conclusione è senza appello per Valdés e per il solito Barça passivo e irritante. Pareggio che galvanizza l’ Almeria, che torna ad aumentare i ritmi e mette pressione con un’ azione rimpallata di Felipe Melo in area di rigore. L’ occasione più ghiotta del primo tempo è comunque per il Barça: magnifica palla in profondità di Xavi, Bojan a tu per tu con Alves che si riabilita dopo l’ errore del gol.
La ripresa però cambia di segno: dopo un’ iniziale supremazia a centrocampo dell’ Almeria (gran percussione e tiro da fuori di Melo), esce fuori il Barça. Importante l’ ingresso in campo di Henry: viste le condizioni di Edmilson, Rijkaard decide di prescindere dall’ interdittore per piazzare Iniesta davanti alla difesa, la circolazione del pallone ne guadagna e il Barça ha un po’ più il controllo della situazione. Henry poi risponde alle critiche e, praticamente alla prima azione dall’ ingresso in campo, incide da grande campione: palla che gira da Bojan sulla destra a Xavi, Xavi alza la testa e serve Henry largo a sinistra, Titi con la sua classica azione finta di rientrare e guadagna il fondo, pase de la muerte e gran riflesso di Eto’o che anticipa tutti e infila in rete.
A questo punto la partita sembra tutta del Barça: l’ altra faccia della medaglia del gioco super-intenso dell’ Almeria implica infatti un dispendio energetico mostruoso, e passata l’ ora di gioco il conseguente calo atletico accresce le distanze fra i reparti. Più spazi per il Barça, che ha però la grave colpa di non chiudere la partita in contropiede: prima Henry su traversone dalla destra di Bojan si vede respingere la sua conclusione in controtempo da Alves, poi Eto’o si invola a tu per tu con Alves su un passaggio filtrante di Xavi, ma ancora una volta Alves è bravo a fargli perdere l’ attimo e costringerlo ad allargarsi.
Passato il treno dell’ 1-3, si apre una fase soffertissima per il Barça: tanti i gialli accumulati in una partita dal tasso agonistico assai elevato, il primo a Milito come detto si può discutere, ma sul secondo Corona scappa via e la somma di ammonizioni è presto fatta. Rijkaard costretto all’ emergenza toglie Bojan, inserisce Sylvinho e sposta Abidal centrale (ruolo originario del francese): la fase migliore del Barça paradossalmente è proprio questa, perlomeno per il carattere, con dieci giocatori tutti dietro e disposti al sacrificio, Eto’o ed Henry che si aggiungono al centrocampo prima di prendere palla e portarla su per perdere tempo.
Emery prova il tutto per tutto, aggiungendo la seconda punta centrale (Kalu Uche), togliendo un difensore, aggiungendo Iriney al centrocampo e allargando Corona a sinistra. Nonostante questo gran dispiegamento, i padroni di casa non sembrano però in grado di creare grandi pericoli, manca ormai lucidità, il Barça sembra reggere ma Abidal si dimentica dell’ uomo, e proprio il neo-entrato Kalu Uche incorna a rete un calcio d’ angolo praticamente uguale a quello dell’ 1-1, cambia solo il lato.

I MIGLIORI: Iniesta uno dei più positivi nel Barça, vivace quando gioca sulla trequarti e persino più consistente del derelitto Edmilson quando viene spostato davanti alla difesa, come sempre gioca ogni pallone con buon criterio. Bene Bojan, propone azioni interessanti, sveglio ed incisivo. Henry si rifà con la grande azione dell’ 1-2: sono il primo a pensare che il momento migliore della sua carriera sia già passato, però non bisogna dimenticare che la classe rimane comunque, e le critiche nei suoi confronti son state troppo violente, tese come abitudine nell’ ambiente blaugrana ad individuare il capro espiatorio di turno (prima Ronaldinho, poi Xavi, ora è toccato a lui) per problemi che prima di tutto sono collettivi.
Altra prova autorevole e di sostanza di Felipe Melo, uomo-chiave dell’ Almeria e grande neo-acquisto della Fiorentina: dinamismo, forza, tecnica e personalità.
I PEGGIORI: Edmilson non si regge in piedi, imbarazzante vedere in tale stato un giocatore che dovrebbe invece essere assai importante in questa fase della stagione, come prima alternativa all’ acciaccato Touré. Un po’ in affanno Puyol (lo spremono troppo, e quando non è al massimo della forma si nota qualche errore di posizionamento), disastroso Abidal, sul 2-2 si fa scappare come un dilettante Kalu Uche.

Almería (4-3-3): Diego Alves 6; L. Rekarte 6, C. García 6, Pulido 6,5 (80'), Mané 6; Melo 6,5, Juanito 6, Corona 6,5; Juan Ortiz 6 (64'), Negredo 6, Crusat 6 (80').
In panchina: Cobeño, Bruno, Kalu Uche 6,5 (80'), José Ortiz s.v. (64'), Cisma, Iriney s.v. (80'), Soriano.
Barcelona (4-3-3): Valdés 6; Puyol 5,5, Thuram 6, Milito 5,5, Abidal 5; Xavi 6, Edmilson 4,5 (54'), Gudjohnsen 5,5 (92'); Bojan 6,5 (74'), Eto’ o 6, Iniesta 6,5.
In panchina: Pinto, Sylvinho s.v. (74'), Henry 6,5 (54'), Oleguer, Victor Sanchez. s.v. (92'), Pedrito, V. Vázquez.

Goles: 0-1 (16'): Bojan aprovecha un rechace de Alves. 1-1 (32'): Pulido remata un córner de Corona. 1-2 (57'): Etoo. 2-2 (85'): Kalu Uche, en otro córner.
Árbitro: Rubinos Pérez, madrileño. Expulsó a Milito (71') por doble amonestación. Amonestó a Puyol (30'), Iniesta (60') y Gudjohnsen (68').
Incidencias: Estadio Juegos Mediterráneo. 18.605 espectadores.


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