lunedì, settembre 29, 2008

QUINTA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Valencia-Deportivo 4-2: autorete Moretti 11' (D); Mata 34' (V); Villa 48' (V); Joaquín 68' (V); Villa 82' (V); Lafita 84' (D).

Numancia-Osasuna 0-0

Athletic Bilbao-Getafe 0-1: Casquero 87'.

Málaga-Valladolid 2-1: Lolo 34' (M); Adrián 53' (M); Pedro León 64' (V).

Almería-Recreativo 1-0: Negredo 95'.

Racing-Mallorca 1-2: Marcano 21' (R); Varela 46' (M); Webó 85' (M).

Sporting-Villarreal 0-1 (giocata sabato): Rossi 64'.

Continua a sorridere la Comunitat Valenciana, Villarreal e Valencia rimangono in testa.
Se ero stato severo col Valencia di Málaga, bisogna dire che ieri le modalità della vittoria son state decisamente più convincenti, e che davvero si comincia a respirare un' altra aria al Mestalla (Joaquín, amicone di Koeman, ha detto che la differenza fondamentale è che ora il Valencia "ha un allenatore").
Non può non essere convincente il fatto che il Valencia sia andato a rimontare, caparbiamente, con pieno merito e con momenti anche di bel calcio, una situazione di svantaggio storicamente prediletta dal Depor di Lotina per il suo gioco attendista oltrechè tradizionalmente indigesta negli anni precedenti di Quique. Dopo un po' di minuti di smarrimento causati dal fortunosissimo vantaggio ospite (non me la son sentita proprio di ascriverlo a Pablo Alvarez), il Valencia ha progressivamente macinato gioco, con una buona circolazione di palla e aggirando il foltissimo schieramento difensivo di Lotina (8 uomini in ripiegamento al limite dell' area) dalle fasce, dove l' hanno fatta da padroni Joaquín e Mata, protagonisti del match assieme all' ovvio Villa.
Di Joaquín rileviamo un crescente entusiasmo (componente fondamentale nel suo gioco lunatico), pare uno di quelli in via di rigenerazione da parte di Emery, e gran parte del merito del primo gol è suo, con la fuga e cross dal fondo. L' altra parte del merito va a Mata, per il quale dobbiamo aprire un' altra parentesi: non è il primo gol di questo tipo che segna, facendosi trovare al posto giusto sottomisura. Continua crescita e maturazione tattica per questo giocatore, che senza essere mai stato un esterno di ruolo (è una seconda punta) interpreta la funzione in maniera estremamente intelligente e proficua: non avendo l' allungo nè la propensione per cercare il fondo, offre altri movimenti, dialoga e incrocia con grande frequenza e qualità di palleggio con gli attaccanti, e a partire dalla fascia fa sentire il suo peso in zona-gol. Mostra uno spiccato senso dell' inserimento senza palla, che assieme a un sinistro affilato come un rasoio lo rende una fonte di gol aggiuntiva preziosissima. Giocatore moderno che intuisce gli sviluppi del gioco, raramente ha il tocco di troppo, e il suo calcio risulta sempre più verticale ed efficace, attualmente più meritevole della vetrina della nazionale rispetto a un Diego Capel, tanto per fare un nome (ma va detto che Del Bosque cerca più che altro ali pure per arricchire di varianti il modello di gioco di baso, e in questo senso il sivigliano ha più chance di Mata).
E la fortuna del Valencia è anche l' intesa sempre più letale che Mata ha con Villa, intesa al centro della stragrande maggioranza degli ultimi gol valenciani. I due si esaltano nel secondo tempo, in cui il Depor nello sforzo invero modesto della rimonta concede inevitabilmente gli spazi al Valencia per esaltarsi nel contropiede manovrato, che fa parte del DNA della squadra del Mestalla da anni ormai, non certo un' invenzione di Emery. Villa ridicolizza Zé Castro (difensore che tollero veramente poco per la sua attitudine blanda: dopo son finiti gli stopperoni rudi di una volta? Questo sembra più un modello che altro...) che gli lascia tutto lo spazio del mondo per rientrare e tirare; il terzo gol nasce da una splendida combinazione sull' asse Villa-Mata finalizzata da Joaquín con un taglio (grande azione, proprio quello che chiede Emery alle ali, di non restare sempre incollate alla linea del fallo laterale ma di aggiungere opzioni di finalizzazione in area di rigore, un movimento questo che Joaquín non ha mai amato eseguire più di tanto), mentre il quarto vede anche il bel lancio di Manuel Fernandes prima che Mata offra il gol facile facile a Villa.

Del Villarreal posso dire che meritava di tutto tranne che i tre punti: i gialli mai son stati padroni della partita contro uno Sporting stavolta incoraggiante malgrado il risultato ancora una volta avverso. Gli uomini di Preciado son tornati ai livelli che ne garantirono la promozione: squadra di nuovo corta e aggressiva, ha imposto le proprie priorità a un avvversario dal tasso tecnico nettamente superiore utilizzando al meglio le sue armi, che sono l' intensità e il ritmo altissimo che ha impedito in tutta la partita al Villarreal di sviluppare con la continuità che necessita il suo futbol de toque. Pressando e restringendo gli spazi all' inizio dell' azione avversaria, lo Sporting ha rubato con frequenza il pallone (molta quantità dalla coppia di cagnacci del doble pivote Diego Camacho-Matabuena, coppia fino ad ora inedita come quella di centrali difensivi Gerard-Neru) e proposto verticalizzazioni rapide che hanno fatto più di una volta vacillare la difesa amarilla, la quale ha avuto difficoltà a controllare le spizzate di Bilic e ha sanguinato sulle fasce, da dove son piovuti cross difesi sempre con un certo affano dai difensori di Pellegrini.
Superiorità sulle fasce dei padroni di casa, con Luis Moran (21enne alla prima da titolare, altro prodotto della cantera di Mareo) in evidenza sulla destra con la sua rapidità e intraprendenza, ma superiorità anche sulla trequarti, dove a mio modo di vedere Carmelo ha giocato una partita entusiasmante, senza dare punti di riferimento, svariando e aiutando spesso gli esterni a creare la superiorità numerica coi suoi spostamenti oltre a crearla da sè con azioni palla al piede di alta qualità. A 25 anni questo ragazzo canario non aveva avuto ancora una chance seria in Primera (non si può considerare tale il Levante 2006-2007 dove fece qualche insignificante apparizione da esterno destro, ruolo che per quanto stiamo vedendo c'entra molto poco con le sue caratteristiche), e mi sta francamente impressionando per le sue doti. Giocatore abile a gestire i ritmi sulla trequarti, a nascondere il pallone, fintare e poi affondare con accelerazioni ficcanti, è in una condizione atletica brillante e mentalmente è in condizione di azzardare con frequenza la giocata incisiva, ha fiducia nei suoi mezzi. Bizzarro che con la squadra già in svantaggio, Preciado abbia tolto proprio lui per far spazio a Maldonado.
Soffocante per l' avversario nel ritmo, lo Sporting aveva creato tutti i presupposti per un vantaggio legittimo, fra l' occasione di Carmelo e la traversa clamorosa, a botta sicura, di Bilic di testa nel primo tempo, e un' altro colpo di testa poderoso di Bilic (che come riferimento offensivo si fa sentire parecchio) salvato provvidenzialmente da Diego Lopez nella ripresa. Il gol del Villarreal è arrivato come una beffa, dopo che Cuéllar era dovuto intervenire in maniera del tutto sporadica e peraltro convincente (soprattutto su un gran riflesso su Llorente sotto la traversa), in quella che era anche la partita del suo esordio dopo i disastri di Sergio Sanchez nelle partite precedenti: Giuseppe Rossi, proprio al suo ritorno, su un' azione contestata (ma a mio avviso regolare), firma la vittoria, che da lì al fischio finale vacillerà solo su un colpo di testa di Diego Castro di poco a lato a portiere battuto, altro episodio non troppo fortunato per lo Sporting.

Continua la sua traiettoria l' Almería, sorpresa solo relativa per chi in estate andava a verificare la bontà dell' organico di Arconada. Al novantacinquesimo, col Recre in nove per le espulsioni di Jesus Vazquez e Pablo Oliveira (cui si aggiungerà un terzo espulso a fine partita, Sisi), è ancora una volta Negredo di prepotenza a risolvere. Il peso che questo giocatore ha sul gioco offensivo dell' Almería è sempre crescente, e crescente è anche l' attenzione che a mio avviso Del Bosque deve rivolgere nei suoi confronti: gli arieti in Spagna sono merce rara, e questo è il migliore della nazione attualmente, e comincia a meritare la convocazione non solo per il suo status di "specie protetta", ma anche per il valore assoluto che giorno dopo giorno sta consolidando: gol come ad esempio quello di testa in torsione poderosa al Valencia non sono affatto da attaccante normale.
Anche il Getafe si avvicina ai piani alti, al termine di una partita che secondo le cronache non meritava di vincere per i costanti attacchi dell' Atlético sventati da un grande Jacobo (preoccupato dagli infortuni prima di Ustari e poi di Abbondanzieri, il Getafe ha trovato una felice soluzione d' emergenza nell' acquisto di questo che l' anno scorso al Numancia fu il miglior portiere della Segunda e che in estate aveva come prospettiva quella di fare il terzo portiere al Valladolid, società cui era tornato a fine prestito), e che risolve nella maniera più spettacolare il gol più bello della giornata, già a forte rischio anche di titolo di gol più bello dell' intera stagione: stavolta non è un Casquerazo, ma un pallonetto morbidissimo, geniale per come passa proprio sotto la traversa, millimetrico, a sollevare da ogni responsabilità Iraizoz che non si poteva aspettare proprio che il pallone infilasse un pertugio così stretto, andando addirittuura a morire vicino all' incrocio.
Altra notizia di rilievo è la prima vittoria in campionato e i primi due gol del Málaga, che approfitta di un Valladolid che fuori casa sta deludendo. Il Mallorca punisce lo smarrimento nel secondo tempo (dopo aver sprecato con Tchité nel primo) di un Racing che ha convinto poco sul piano del gioco in quest' inizio di Liga. Numancia e Osasuna ribadiscono tutta la loro sterilità.

CLASSIFICA
1 Valencia 13
2 Villarreal 13
3 R. Madrid 12
4 Sevilla 11
5 Barcelona 10
6 Almería 10
7 Atlético 9
8 Getafe 8
9 Mallorca 8
10 Espanyol 7
11 Valladolid 6
12 Athletic 5
13 Deportivo 5
14 Osasuna 4
15 Numancia 4
16 Recreativo 4
17 Málaga 4
18 Betis 2
19 Racing 2
20 Sporting 0

CLASSIFICA MARCATORI
Villa 6 (Valencia)
Messi 4 (Barcelona, 2 rig.)
Sinama-Pongolle 4 (Atlético Madrid)
Negredo 4 (Almería)
Van der Vaart 4 (Real Madrid)

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QUINTA GIORNATA: Atlético Madrid-Sevilla 0-1: Luis Fabiano.

Era la prima grande prova di maturità del filotto di partitissime che attende l’ Atlético e, possiamo dirlo, i colchoneros l’ hanno fallita in maniera piuttosto netta. Certo, c’ erano le assenze pesanti di Simão, Forlán e Maniche (e anche durante la partita sia Seitaridis che Pablo hanno dovuto dare forfait nel giro di pochi minuti) ma, a parte la possibilità di contare su sostituti che comunque si chiamano Luis García, Sinama-Pongolle e Banega, ciò non può in nessun modo attenuare la verità emersa ieri sera, e cioè che quest’ Atlético, costretto dal primo avversario stagionale di alto livello a rimontare una situazione di svantaggio nel risultato, non ha in nessun momento evidenziato una credibilità sul piano del gioco tale da rendere non solo plausibile un risultato positivo in questa partita, ma anche una competitività a lungo termine ai livelli più alti. Almeno stando allo spettacolo offerto ieri sera, pericolosamente somigliante a quello degli ultimi due anni, negli enormi limiti di manovra e nella viva sensazione di approssimazione e di impotenza.
La chiave di lettura risiede tutta qui: l’ Atlético stavolta non si è trovato a gestire un vantaggio immediato come contro PSV e Recreativo, ma, in un primo tempo equilibrato nel quale a parte l’ iniziale entusiasmo dei padroni di casa le due squadre hanno controllato le rispettive posizioni e limitato le occasioni, si è trovato fra capo e collo il capolavoro su punizione di Luis Fabiano (non è una papera di Coupet, ma forse poteva fare meglio), che ha messo la partita su un piano che la squadra di Aguirre, ieri e in troppe altre occasioni, ha mostrato di non saper digerire.
Più che nei primi 45 minuti, l’ Atlético ha mostrato una pochezza sconfortante nel secondo tempo, dove ha ulteriormente abbassato il proprio livello. Risulta incredibile la precarietà delle soluzioni nell’ attaccare la difesa avversaria schierata, non vorrei mai essere nei panni del poveretto che si trova a portare palla a centrocampo, alza la testa e vede il deserto. Con i due esterni e le due punte (qui si sente la mancanza di Forlán: i movimenti senza palla di Sinama sono interessanti, ma sono soprattutto in profondità o dal centro verso la fascia, mentre l’ uruguaiano solitamente si muove lungo tutta la trequarti e viene anche incontro al portatore offrendo maggiori possibilità di elaborazione per linee interne) tutti schiacciati sulla difesa avversaria, e minimo 3 maglie bianche del Sevilla fra questi e il centrocampo, al Raúl García o Banega di turno, volenterosi ma logicamente incapaci di cavare il sangue dalle rape, restano le seguenti opzioni:
a) Lancio lungo
b) Passaggio orizzontale o all’ indietro verso i difensori
c) Improvvisazione palla al piede
d) Spararsi un colpo in testa

L’ orrore di partita dell’ Atlético presenta tutti e tre gli ingredienti. Immaginate un po’ il ritmo che la combinazione di questi può imprimere alla manovra rojiblanca, e immaginate con quale facilità il Sevilla mantenga per tutta la serata le proprie posizioni difensive.
Qui entrano in gioco i meriti dell’ avversario: non è stato un Sevilla spettacolare, ma lui sì maturo, e tosto, e solido, e quadrato, e tutti quegli aggettivi che possano dare l’ idea di qualcosa che non si rompe al primo alito di vento. Manolo Jiménez per darsi un tono nelle interviste del dopopartita ha detto che la sua squadra necessita il possesso del pallone per stare bene in campo. Sarà sicuramente quello che cerca il tecnico sevillista ed è anche quello che abbiamo visto in maniera ricorrente negli impegni di precampionato, ma di certo non spiega il successo di ieri, ottenuto dal Sevilla grazie a una fase di non possesso molto ordinata, diligente e concentrata, altamente competitiva. Impostato con un 4-4-1-1 (in alcuni momenti 4-1-4-1, a seconda dei movimenti di Duscher e Maresca) con Romaric “alla Renato”, ha applicato una riceta decisamente attendista e sorniona, in maniera nettamente più lucida e armoniosa di quella degli avversari, con i reparti ravvicinati, la difesa puntuale nello stringere e accorciare coi tempi giusti, una perfetta vigilanza della zona fra le linee (enorme Duscher) e delle pericolosissime (un po’ meno con l’ assenza di Maniche) incursioni dalla seconda linea dell’ Atlético, e una sensazione di pericolo sempre viva nelle azioni di rimessa, sviluppate con pochi tocchi in verticale e imperniate sulle frecce Navas e Capel.
Nella prima metà della ripresa gli ospiti hanno poi assunto una tale consapevolezza della propria supremazia tattica da passare all’ aperto dominio, che avrebbe anche potuto portare a un incremento del vantaggio nell’ occasione in cui Luis Fabiano di testa schiaffa sulla traversa un cross dalla destra di Navas. C’è pure la sensazione che gli ospiti si lascino colpevolmente scappare l’ occasione di chiudere i conti (come quando Adriano si addormenta davanti a Coupet), e che magari pagheranno, ma lo schieramento di Jiménez resiste senza affanni ai tentativi improvvisati e ai tiri da fuori (l’ unico credibile quello a girare verso il secondo palo di Miguel De las Cuevas, entrato al posto di Banega) di un Atlético con pochissime idee e un Agüero un po’ abbandonato e depresso.

I MIGLIORI: Duscher migliore in campo, tatticamente perfetto davanti alla difesa. Tutti promossi anche nel pacchetto arretrato: da Squillaci che si esprime ai livelli che gli competono, a Fernando Navarro che come al solito non sbaglia una lettura e un intervento. Da sottolineare ancora una volta il ruolo di leader della manovra di Maresca, oltre all’ efficacia e all’ abilità di Luis Fabiano (tre occasioni: un bel gol giustamente annullato, un gran gol validissimo, una traversa). Nell’ Atlético il più vivace è il subentrato Miguel De las Cuevas: condannato ad improvvisare palla al piede, Aguirre lo inserisce perché con più accelerazioni nelle corde rispetto a Banega. Prova a sorprendere Palop con un colpo a girare.
I PEGGIORI: Manca il quartetto offensivo di casa: Maxi non brilla, Luis García non ne azzecca una, Sinama si muove molto e lotta tanto ma incide poco, così come un Agüero nettamente depotenziato dalla pessima serata della sua squadra e dalla buona organizzazione difensiva sevillista.

Atlético de Madrid (4-4-2): Coupet 5,5; Seitaridis s.v. (41'), Perea 6, Ujfalusi 6, A. López 6; Maxi 5,5, Raúl García 6, Banega 6 (60'), Luis García 5; Agüero 5,5, Sinama 5,5.
In panchina: Leo Franco, Pernía 5,5 (46'), Pablo s.v. (41',46'), Assunçao, Keko, Miguel 6,5 (60'), Camacho.
Sevilla (4-4-1-1): Palop 6,5; Crespo 6,5, Squillaci 7, David Prieto 6,5, Navarro 7; Navas 6,5 (72'), Maresca 6,5, Duscher 7,5, Capel 6,5 (84'); Romaric 6,5; Luis Fabiano 7 (66').
In panchina: Javi Varas, Drago, Fazio, Adriano s.v. (72'), Konko s.v. (84'), Chevantón, Kanouté (66').

Gol: 0-1 (21'): Luis Fabiano lanza una falta directa que entra a media altura junto al palo, después de que la barrera no saltara y Coupet tardase en reaccionar.
Árbitro: Mejuto González, del Colegio Asturiano. Amonestó a David Prieto (18'), Crespo (28'), Seitaridis (34'), Banega (58'), Jesús Navas (70'), Duscher (73'), Luis García (86') y Kanouté (92'+).
Incidencias: Vicente Calderón. 45.000 espectadores.

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QUINTA GIORNATA: Espanyol-Barcelona 1-2: Corominas (E); Henry (B); Messi, rig. (B).

Partità di straordinaria intensità, succede di tutto (anche un’ interruzione di nove minuti causata da un criminale lancio di bengala dal settore degli ultrà del Barça verso quello dei tifosi dell’ Espanyol), e in questo tutto si avvera il paradosso di un Barça che vince grazie a un regalo dell’ arbitro (Eto’o non simula e cade sullo slancio dell’ azione, ma Pareja prende la palla: non era rigore), peraltro non l’ unico errore del match, una partita che avrebbe meritato di stravincere sul mero piano del gioco. Trentadue tiri contro tre dell’ Espanyol, undici calci d’ angolo a zero, possesso palla manco a parlarne, e questo anche prima dell’ espulsione di Nené a fine primo tempo che ha ulteriormente ingigantito una situazione di dominio già evidente da inizio gara. Al di là della comprensibile ira dei padroni di casa per la decisione allo scadere di Medina Cantalejo, bisogna osservare che sette o addirittura nove punti sarebbero stati un’ autentica esagerazione in rapporto al pochissimo che l’ Espanyol ha espresso in termini di gioco in queste prime giornate.

Guardiola come al solito si sbizzarrisce col turnover, cambia la coppia di difensori centrali (Puyol-Piqué per Márquez-Cáceres), concede una chance ad Henry al posto di Eto’o, premia Gudjohnsen per il gol decisivo col Betis e reinserisce Busquets, mantenendo come costanti irrinunciabili Messi, Alves, Xavi e Iniesta. Proseguendo l’ assenza di De la Peña, Tintín Márquez opta per il 4-2-3-1.
Sin dal primo minuto è un monologo blaugrana, e una conferma dei costanti progressi nella qualità di manovra degli uomini di Guardiola, perennemente nella metacampo avversaria e abili a bilanciare in maniera equilibrata la loro manovra fra le due fasce e il centro (a differenza delle prime uscite stagionali, dove ci si muoveva solo sulla destra). Una manovra dinamica, fluida e sviluppata in pochi tocchi, grazie alle ottime opzioni di passaggio che offrono gli scambi di posizione fra centrocampo e attacco. In particolare Messi si muove frequentemente in zona centrale, fra le linee e a pochi metri da Henry, garantendo in questa zona una superiorità numerica che, con l’ ausilio di Xavi e Gudjohnsen, prende in mezzo il doble pivote espanyolista Moisés-Román Martínez. Proprio da una percussione centrale di Messi nasce la prima occasione blaugrana, una girata mancina improvvisa di Henry di poco a lato. E arriva anche una traversa sonante su un magistrale (collo-esterno che gira e si abbassa di colpo) destro dalla trequarti di Xavi, smarcato da un elegante colpo di tacco di Busquets (che continua a dimostrare buona padronanza e intelligenza tattica).
L’ ultima cosa che ci si aspetterebbe sarebbe un’ azione in attacco dell’ Espanyol, figuriamoci quindi un gol: casuale e beffardo, l’ unica maniera in cui onestamente avrebbero potuto trovarlo i padroni di casa. C’è l’ ormai ricorrente rilassatezza difensiva blaugrana ad aprire la strada, quando Piqué svirgola il rinvio e Valdés smanaccia pessimamente sui piedi dell’ accorrente Coro. Va detto che il gol può dirsi tranquillamente irregolare, per la gomitatina di Luis García che sbilancia il portiere blaugrana, ma anche così Valdés aveva comunque la possibilità di mettere la palla in angolo invece che offrire un assist all’ avversario.
La partita prosegue come se non fosse successo nulla, col Barça sempre all’ attacco con veemenza e lucidità e l’ Espanyol che si aggrappa a qualunque cosa per difendere il vantaggio, vedi il grande salvataggio sulla linea di Pareja su Henry a botta sicura. A cristallizzare questa situazione tattica e ad accentuare la sproporzione di forze provvede poi la seconda ammonizione per Nené, che salta col braccio largo su Busquets: personalmente considero sempre un po’ troppo severe queste sanzioni, perché non si vede cattiveria e perché comunque è difficile pensare a un giocatore che salti col braccio attaccato al corpo, ma va detto che son decisioni che nel regolamento ci stanno e che si ha modo di veder adottare con una certa frequenza.
Tintín nella ripresa cerca di far fronte all’ inferiorità numerica con l’ ingresso di Ángel per Tamudo, passando a un 4-4-1 che prevede lo spostamento di Coro a sinistra e l’ adattamento di Román Martínez sulla fascia destra. Guardiola risponde con buon senso più ancora che con coraggio: con Román esterno destro, Abidal, peso morto della squadra in fase offensiva, serve ancora meno, meglio quindi lasciare tutta la fascia sinistra a Iniesta e mettere ancora più pressione sulla difesa dell’ Espnayol aggiungendo Eto’o ad Henry al centro dell’ attacco. Arrivano altri assalti e altri salvataggi per il rotto della cuffia per l’ Espanyol, come un tiro di Henry dopo la trecentocinquantesima situazione di mischia nell’ area espanyolista, tiro che ancora non son riuscito a capire se sia finito sul palo o se abbia trovato qualche altra particolare scusa per non finire in rete.
Insiste Guardiola, e nei suoi cambi successivi il coraggio c’è tutto: Keita per Gudjohnsen era nell’ aria (il maliano permette anche di coprire all’ occorrenza la fascia sinistra allargandosi), ma Bojan per Busquets sorprende quanti come me si aspettavano più che altro l’ uscita di Henry. Ora capita di vedere fino a sei giocatori che occupano l’ area di rigore dell’ Espanyol, un Barça che in pratica gioca con due soli difensori, Alves che copre tutta la fascia destra quando Messi si aggiunge al centro, Xavi e Iniesta in cabina di regia, Keita che si alterna fra la mediana e un’ improvvisata posizione di terzino, Bojan, Henry ed Eto’o che si dividono fra l’ area di rigore e l’ ala sinistra.
Si può dire forse che quest’ intasamento negli ultimi metri in alcuni momenti tolga un po’ di chiarezza alla manovra blaugrana, ma insomma, si resta sempre lì, nell’ area dell’ Espanyol e a guardare meravigliati il tabellone del risultato: Kameni fa la paratona su Eto’o liberato da un ottimo velo di Xavi. A un certo punto però a spezzare il ritmo dell’ assedio non è un giocatore in maglia biancoblu, ma uno o più delinquenti che dal settore occupato dalla frangia estrema del tifo blaugrana, i “Boixos Nois”, lanciano dei bengala verso il settore adiacente occupato dai tifosi dell’ Espanyol. Poteva finire molto peggio, ci si limita alla reazione di alcuni tifosi dell’ Espanyol che addirittura sfondano le protezioni ed entrano a bordocampo per protesta. In tribuna d’ onore qualcuno accusa Laporta additandogli la responsabilità di tutto ciò, ma la risposta piccata del presidente blaugrana è da quel (non tanto) che sappiamo condivisibile, se è vero che questi si è adoperato sin dall’ inizio del suo mandato per estirpare questo cancro del barcelonismo, impedendo ai Boixos l’ accesso alle partite casalinghe e ricevendo anche minacce e un tentativo di aggressione nel suo primo anno di presidenza. Le responsabilità, con una considerazione di semplice buon senso, sarebbero semmai di chi ha permesso che venissero introdotti i bengala allo stadio.
Medina Cantalejo, nell’ unica decisione pienamente azzeccata della sua serata, decide di sospendere fino a quando la cosa non si calma, e dopo nove minuti si riprende esattamente da dove ci si era lasciati, e il Barça trova anche il giusto premio ai propri sforzi: per una volta la carambola fortunosa favorisce gli ospiti, perché sull’ esemplare lancio di Xavi Henry va via sul filo del fuorigioco a Jarque, non controlla benissimo ma trova il decisivo aiuto in un flipper fra la respinta in uscita di Kameni e il corpo di Jarque che non può smaterializzarsi e così dà modo a Titi di appoggiare comodamente nella porta sguarnita.
Fra gli ultimi minuti regolamentari e il recupero la partita si apre pure, perché l’ Espanyol comincia a giocarsi qualche contropiede con qualche uomo in più, per cui gli ultimissimi minuti sono estremamente emozionanti, ad alti ritmi da una porta all’ altra e con le squadre sbilanciate. L’ asso finisce col pescarlo il Barça, proprio a fil di sirena, su una percussione di Messi dalla quale scaturisce l’ episodio del rigore già vivisezionato in apertura di articolo. Al di là del decisivo aiuto arbitrale, si è trattato sicuramente di una prova di carattere del Barça, una reazione e una rimonta che sarebbe stato difficile vedere negli ultimi due anni di Rijkaard, a dimostrazione del fatto che questa squadra comincia ad avere un’ anima oltre che un gioco che migliora di partita in partita.

I MIGLIORI: Xavi il faro, Henry vivace e volenteroso, Iniesta continua il suo buon momento di forma. Nell’ Espanyol, è eccellente la prestazione di Pareja al centro della difesa, sempre concentrato e al posto giusto, preciso anche quando toglie palla a Eto’o lanciato a rete allo scadere, peccato che Medina Cantalejo non sia dello stesso avviso… Buona gara di Coro (e ovviamente anche di Kameni!), con la squadra in dieci cerca di far respirare la squadra provando a ribaltare il gioco con la sua velocità, impresa improba visto il quadro tattico ma comunque apprezzabile.
I PEGGIORI: Tamudo ancora all’ asciutto, al di là della difficoltà nel ricevere palloni è un brutto inizio di campionato per lui, nessun gol e neanche quella sensazione di pericolo che solitamente accompagna i suoi movimenti . Esce alla fine del primo tempo per le necessità dell’ inferiorità numerica. Al di là del fallo di Luis García, quella di Valdés è una papera, e va detto che nell’ ultimo anno il livello offerto dal portiere blaugrana è sensibilmente calato.

Espanyol (4-2-3-1): Kameni 7; S. Sánchez 6, Jarque 6, Pareja 7, Chica 6; Román 5,5, Moisés 5,5; Coro 6,5 (81'), L. García 6 (77'), Nené 5,5; Tamudo 5,5 (45').
In panchina: C. Álvarez, Lola, Ángel 5,5 (45'), Callejón s.v. (77'), Julián, Jonathan, Sielva s.v. (81'),
Barcelona (4-3-3): Valdés 5; Alves, Puyol 6, Piqué 6, Abidal 6 (53'); Xavi 7, Sergio Busquets 6,5 (65'), Gudjohnsen 6 (61'); Messi 6,5, Henry 6,5, Iniesta 6,5.
In panchina: Pinto, Márquez, Touré, Keita s.v. (61'), Bojan s.v. (65'), Pedro, Eto’o 6 (53')

Goles 1-0 (19'): Coro resuelve un barullo en el área de Valdés. 1-1 (76'): Henry a puerta vacía tras rechace de Jarque. 1-2 (95'): Messi, de penalti.
Árbitro: Medina Cantalejo, Colegio Andaluz. Expulsó por doble amonestación a Nené (13' y 45'). Amonestó a Busquets (6'), Valdés (20'), Román (54'), Chica (56') y Jarque (90').
Incidencias: Montjuïc. 31.650 espectadores. El encuentro fue suspendido ocho minutos por el lanzamiento de bengalas en la grada.

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QUINTA GIORNATA: Betis-Real Madrid 1-2: Heinze (R); Sergio García (B); Van Nistelrooy (R).

Il Madrid rifiuta la via semplice: vincere seguendo fino in fondo la strada dei primi 25 minuti, quando Heinze aveva già trovato il vantaggio e la differenza col Betis sembrava quella fra due squadre che giocano sport diversi, sarebbe stato sin troppo banale; meglio quindi passare per un rigore+espulsione per Marcelo, il pareggio avversario, una sofferta inferiorità numerica (neutralizzata comunque negli ultimi dieci minuti col secondo giallo a Sergio García) e infine la sentenza di Van Nistelrooy in pieno recupero per tre punti che pesano come un macigno.

Nelle rotazioni, Schuster fa saltare un turno a Cannavaro, mentre col ritorno di Van Nistelrooy Higuaín torna in panchina. Dall’ altra parte Chaparro modifica il 4-2-3-1 del Camp Nou in un 4-1-4-1 (sono i due moduli di base, fra i quali il tecnico verdiblanco è ancora indeciso) in cui Emaná da trequartista diventa mezzala destra, sulla stessa linea di Capi, Sergio García si sposta a sinistra e Monzón fa il suo esordio da titolare.
Come anticipato, i primi 25 minuti risultano una specie di allenamento del Real Madrid, dominatore di un Betis imbarazzante: i giocatori di casa si riducono soltanto a inseguire l’ avversario, peraltro con una certa disorganizzazione e quindi senza beccare mai palla, e la loro proposta in fase di possesso è miserrima, non per mancanza di qualità ma per totale mancanza di criterio nell’ organizzare la manovra: giocatori distanti fra di loro, difficoltà se non impossibilità ad avviare l’ azione dalle retrovie (capita di vedere palloni persi stupidamente perché a centrocampo mancano gli appoggi più elementari), improvvisazione e conseguente abbondanza di lanci senza speranza verso un José Mari confermato da centravanti ma isolato e con scarsissima credibilità a lungo termine nel ruolo (è un allarme che suona da tempo: Pavone è l’ unico centravanti di ruolo, e non è che faccia fare i salti di gioia).
Di contro il Real Madrid è estremamente autorevole: monopolizza da subito il possesso-palla, dà ritmo al suo palleggio (con De la Red che fa giocare molto meglio la propria squadra di quanto non faccia Guti), apre il campo con un Robben brillante e verticalizza con facilità nelle linee friabili e scoordinate del Betis. Il vantaggio di Heinze, liberissimo di staccare nell’ area bética su calcio piazzato dalla sinistra di Van der Vaart, è il minimo.
Il problema però è che il Real Madrid prende sin troppo alla lettera questa considerazione: minimo inteso come minimo indispensabile, perciò i merengues tolgono troppo presto il piede dall’ acceleratore invece che dare il colpo di grazia che ci starebbe tutto contro un avversario così ridotto. Ciò incoraggia un inizio di reazione del Betis, basato esclusivamente sui nervi, non certo su irrintracciabili geometrie: protagonista Emaná, l’ unico uomo pericoloso del primo tempo verdiblanco, anch’ egli giocatore più emotivo che razionale, che colpisce un palo clamoroso con un scivolata su cross dalla destra (con l’ aiuto decisivo di un gran riflesso di Iker).
Questa condotta rilassata del Madrid si trascina fino all’ inizio del secondo tempo, quando arriva la frittata: la difesa madridista si fa sorprendere al centro dalla geniale verticalizzazione di Capi (giocatore che ha qualcosa in comune con Guti, anche lui un fantasista incapace di dettare i tempi e legato più che altro ad invenzioni estemporanee in rifinitura), il taglio di Damiá è l’ unica cosa buona della fin lì orrenda partita dell’ ex blaugrana, ma pesa, perché l’ intervento di Marcelo è da rigore e interrompe una chiara occasione da gol, costringendo gli ospiti all’ inferiorità numerica oltre che a mandare giù il pareggio di Sergio García (in due tempi: prima batte il rigore malissimo, poi ha la fortuna che la respinta di Casillas sia centrale ed ideale per la ribattuta).
Una svolta radicale alla partita non solo nel tabellone, perché l’ uomo in più regala un completo vantaggio tattico al Betis, che può trovare quella continuità di manovra che in condizioni “normali” non avrebbe mai trovato. Robben rimane più secondo attaccante che quarto centrocampista anche nella mutata situazione, Capi e Mehmet Aurelio trovano più spazi e tempo per tessere gioco, mentre Nelson può ora sganciarsi costantemente. Non pungono comunque i padroni di casa, che cercano infatti logicamente più peso in area avversaria con l’ ingresso di Pavone.
Schuster reagisce ingrossando la corazza della mediana con Javi García per un De la Red un po’ svuotato nella ripresa, mentre Drenthe è un altro cambio logico, più portato a coprire la fascia di Van der Vaart e anche con un altro passo e un’ altra freschezza per ripiegare e ripartire in velocità obbligando il Betis a guardarsi un po’ anche dietro. Mossa-chiave che frutta il ristabilimento della parità numerica, perché è proprio Drenthe a provocare la seconda ammonizione di Sergio García.
A questo punto anche Chaparro non sputa su un punto che pare quasi fatto, inserendo il terzino destro Ilic per Emaná e avanzando Nelson sulla linea dei centrocampisti per un 4-4-1 meglio raccolto al fine di evitare squadre lunghe e situazioni in campo aperto che possono favorire solo il potenziale superiore del Real Madrid. Evidentemente ciò resta solo nelle intenzioni, perché la maniera in cui i giocatori di casa prendono il gol della sconfitta è priva di qualsiasi senno, in contropiede e con la solita difesa scoordinata, i due centrali che salgono per fare il fuorigioco (a palla scoperta…) e Nelson che invece tiene in gioco Van Nistelrooy, infallibile come sempre.

I MIGLIORI: Drenthe è stato un ingresso incisivo, vivace e in partita da subito. Un paio di grandi interventi da Casillas, ancora un apporto convincente nel primo tempo da De la Red, sempre bravo a offrirsi e giocare in pochi tocchi, dando fluidità e garantendo ottimi inserimenti dalla seconda linea (nel primo tempo sfiora il gol in due occasioni, sventato solo da un Casto molto convincente). Non ha le intuizioni improvvise di Guti, ma non c’è dubbio che lui globalmente garantisca più razionalità, fluidità e continuità di manovra del biondo, oltre a maggiore completezza nelle due fasi. Una coppia di mezzeali con Sneijder va assolutamente considerata per il futuro.
Nel Betis il più vivace è Emaná: centrocampista offensivo molto mobile e dalle iniziative esplosive, gli manca però la capacità di amministrare i ritmi sulla trequarti, non ne ha le caratteristiche, è un giocatore energico che vuole i ritmi sempre alti.
I PEGGIORI: José Mari non la vede, e viene assistito poco in un ruolo che non è nemmeno il suo preferito, a dirla tutta. La coppia di centrali Arzu-Juanito è un punto debole del Betis. Raúl nullo.

Betis (4-1-4-1): Casto 7; Nelson 6, Arzu 5,5, Juanito 5,5, Monzón 6 (75'); M. Aurelio, 5,5; Damiá 6 (65'), Emaná 6,5 (84'), Capi 6, S. García 6; Jose Mari 5.
In panchina: Ricardo, Melli, Ilic s.v. (84'), Babic s.v. (75'), Juande, Rivera, Pavone s.v. (65').
Real Madrid (4-3-3): Casillas 7; Ramos 6,5, Pepe 6,5, Heinze 6,5, Marcelo 6; De la Red 6,5 (68'), Diarra 6,5, V. der Vaart 6 (80'); Raúl 5 (58'), Van Nistelrooy 7, Robben 6,5,.
In panchina: Dudek, Torres 6 (58'), Metzelder, J. García s.v. (68'), Higuaín, Drenthe 7 (80'), Saviola.

Goles 0-1 (18'): Heinze cabecea la falta botada por Van der Vaart. 1-1 (53'): Penalti que lanza Sergio García, Casillas rechaza, y el bético marca con la zurda. 1-2 (91'): Van Nistelrooy, de tiro cruzado con la derecha.
Árbitro: Teixeira Vitienes, Cántabro. Expulsó por roja directa a Marcelo (52') y doble amarilla a S. García (43' y 81'). Amonestó a V. der Vaart (36'), Marcelo (39'), Diarra (61'), Casillas (74'), Pavone (79') y Juanito (87').
Incidencias: Ruiz de Lopera. 38.000 espect.

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venerdì, settembre 26, 2008

QUARTA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

GIOCATE MERCOLEDÌ

Villarreal-Racing 2-0: Capdevila 59'; Llorente 78'.

Getafe-Atlético Madrid 1-2: Sinama-Pongolle 29' (A); Albín 76' (G); autorete Cortés 82' (A).

Barcelona-Betis 3-2: Eto'o 17' (Ba); Eto'o 23' (Ba); Monzón 59' (Be); José Mari 67' (Be); Gudjohnsen 80' (Ba).

Sevilla-Espanyol 2-0: Maresca 56'; Chevantón 85'.

Osasuna-Deportivo 0-0:

GIOCATE IERI

Valladolid-Almería 2-0: Álvaro Rubio 66'; Medunjanin 95'.

Mallorca-Numancia 2-0: Jurado 11'; Webó 50'.

Recreativo Huelva-Athletic Bilbao 1-1: Javi Guerrero 70' (R); David López 75' (A).

Il Villarreal al vertice col Valencia dopo un' altra ottima prestazione, la squadra più in forma del campionato al momento. Il Barça invece continua a cercare una regolarità: messa seriamente a rischio una vittoria che al termine del primo tempo pareva sicura.
Dominante e divertente la squadra di Guardiola nei primi 45 minuti, trova continui sbocchi grazie agli ottimi scambi di posizione fra gli attaccanti (soprattutto Messi ed Eto'o, fra la destra e il centro), puntualmente assistiti dagli inserimenti a turno di Keita e Xavi per un tourbillon difficile da leggere per la difesa avversaria. Garantiscono invece l' ampiezza Iniesta, che largo nel tridente sta offrendo una soluzione credibile anche per la fascia sinistra, e Alves, che sembra cominciare a capire che ciò che gli si chiede è "apparire meno per apparire meglio", offrendo sovrapposizioni senza palla sull' esterno più diradate ma anche più incisive di quelle prolisse conduzioni palla al piede non compatibili coi movimenti di Messi (ma in fase difensiva quella del brasiliano resta la fascia più vulnerabile, quella che il Barça fa più fatica a "chiudere" dopo aver perso palla). Determinante anche il ruolo in costruzione di Márquez (nell' occasione invece decisamente meno convincente sul piano puramente difensivo), spesso vero regista della squadra quando il 4-2-3-1 bético tiene sorvegliati Touré, Xavi e Keita e lui può avanzare creando spazi o aprendo il campo coi cambi di gioco verso le fasce.
Dagli spogliatoi però rientra un' altra squadra, imborghesita, convinta che il più sia fatto, passiva in fase di non possesso e con le maglie larghe in difesa: questo offre l' opportunità di rimonta a un Betis che, ricordiamolo, al Camp Nou ci è andato per giocarsela oltre che per contenere (gran giocatore Mehmet Aurelio, gran giocatore): prima l' esordiente (ma da esterno di centrocampo, non da terzino, subentra all' infortunato Mark González) Monzón su punizione e poi addirittura il gol di José Mari (!!!), preferito a Pavone, a sfruttare un bel buco fra Cáceres e Abidal, sull' invito di Sergio García, libero di ricevere e alzare la testa sulla trequarti. E nel mezzo c'era stato anche un rigore grosso come una casa di Cáceres su Sergio García non visto dall' arbitro.
Ma il Barça comunque una reazione ce l' ha: decisi i cambi di Guardiola, Busquets e Gudjohnsen per Touré e Keita e poi addirittura Bojan per Eto'o (non proprio comprensibile questo). Ed è proprio uno dei nuovi entrati, Gudjohnsen (generalmente visto come una delle ultime ruote del carro nella rosa blaugrana), a siglare il gol che salva capra e cavoli, con una spaccata mancina nella quale fortuna e audacia si combinano in ugual misura. E il finale del Barça è gestito in maniera intelligente, stazionando nella metacampo avversaria ed evitando complicazioni ed autolesionismi vari (a parte Bojan che si pappa un gol lanciato a tu per tu con Casto da una grande azione di Messi).

Continua la sua sorprendente marcia d' inizio stagione l' Atlético, sbanca il Coliseum capitalizzando al massimo il poco calcio prodotto. Sinama si burla di coloro (me compreso) che criticavano la sua scarsa prolificità issandosi in testa alla classifica cannonieri. Ma le belle verranno adesso per i colchoneros, che affronterà in fila Sevilla, Barça, Real Madrid e Villarreal (senza contare la Champions con Marsiglia e Liverpool). Qui si parrà la loro nobilitate.
Il Sevilla viene a capo dell' ostruzionismo espanyolista e allontana almeno per un po' le nubi da Jiménez (sempre un po' nel mirino di stampa e tifoseria), Osasuna e Depor ribadiscono la loro sterilità (anche se nell' occasione ci hanno provato solo i padroni di casa). Importante vittoria del Valladolid (golazo di Medunjanin, elegante colpo sotto sull' uscita del portiere) in una partita brutta e spigolosa con l'Almería, che frena un po' la sua corsa presentando una formazione con qualche stranezza (Acasiete terzino sinistro e Corona in panchina).
Il Mallorca non convince (ma Jurado sì, gran gol), il Numancia prende due traverse con Barkero ma comincia come prevedibile a tornare nei ranghi che gli competono. L' Athletic se la sfanga in trasferta grazie a una papera del modesto Riesgo.

CLASSIFICA
1 Valencia 10
2 Villarreal 10
3 R. Madrid 9
4 Atlético 9
5 Sevilla 8
6 Barcelona 7
7 Almería 7
8 Espanyol 7
9 Valladolid 6
10 Athletic 5
11 Getafe 5
12 Deportivo 5
13 Mallorca 5
14 Recreativo 4
15 Osasuna 3
16 Numancia 3
17 Betis 2
18 Racing 2
19 Málaga 1
20 Sporting 0

CLASSIFICA MARCATORI
Villa 4 (Valencia)
Sinama-Pongolle 4 (Atlético Madrid)
Van der Vaart 4 (Real Madrid)
Eto'o 3 (Barcelona)
Bilic 3 (1 rig., Sporting)
Messi 3 (1 rig., Barcelona)
Negredo 3 (Almería)

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QUARTA GIORNATA: Málaga-Valencia 0-2: Villa; Villa.

Valencia primo in classifica a 10 punti col Villarreal, ma piano con le fanfare. In larga parte si è trattato di una prestazione modestissima, tanto modesta che persino la stessa sconfinata modestia del Málaga (l’ unica squadra a non avere ancora segnato un gol in tutta la Liga) a un certo punto del match aveva cominciato a meritare qualcosina. Insomma, rispetto allo sfascio della scorsa stagione questo è il Paradiso, ma la strada che separa il Valencia dal diventare una squadra capace di imporre il proprio gioco è ancora piuttosto lunga.

Turnover per Emery: rispetto all’ Osasuna, Pablo Hernández per Joaquín, Del Horno per Moretti e Angulo a fianco di Villa al posto di Morientes. Tapia invece rispetto alla trasferta di Almería perde Cuadrado e Miguel Angel, sostituiti da Hélder Rosario (ricomposta la coppi di centrali della promozione con Weligton) e Lolo, mentre in attacco Albert Luque viene sostituito da Adrián. Gioca con un 4-4-2 il Málaga, caratterizzato però in fase di non possesso dal costante rientro in aiuto al centrocampo di una delle due punte a turno. Il solito caratteristico esubero di esterni mancini porta poi ad insistere in un adattamento discutibile come quello di Duda a destra e all’ utilizzo di Calleja come terzino (che rispetto alla partita precedente rileva Nacho, un altro centrocampista esterno di ruolo).
Storture della programmazione estiva a parte, dobbiamo dire che l’ approccio dei padroni di casa è nettamente preferibile. Tapia imposta una partita aggressiva, cercando di sopperire col ritmo e l’ intensità al gap tecnico: Lolo e soprattutto Barros in mediana fanno tantissima quantità, c’è pressing e anche un possesso palla leggermente superiore all’ avversario, ma non si crea proprio nulla, perché sulla pochezza tecnica si arenano le buone intenzioni: frequenti errori di misura e rarissimi palloni puliti per le punte, costrette nella maggior parte delle occasioni a sgobbare sulle fasce, a sgomitare e a venire incontro a metacampo per entrare in contatto col pallone e guadagnarsi quel po’ di visibilità (Baha in particolare si fa il mazzo: hai voglia a dire che ha concluso pochissimo, che è vero, ma non è facile per un attaccante muoversi in questo contesto).
E il Valencia? Meglio tacere. Nel primo tempo degli ospiti si fa fatica, anche con tutta la buona volontà di questo mondo, a ricostruire delle trame riconoscibili, sembra una delle partite più brutte dell’ era-Quique: impossibile avviare l’ azione dalle retrovie in maniera limpida, impossibile mettere più di due passaggi di fila e attaccare in azione manovrata la difesa avversaria schierata. Nella mancanza di appoggi credibili dal centrocampo, la palla esce dalla difesa nove volte su dieci sparacchiata lunga e inservibile per le punte. Il Valencia va vicinissimo al gol, ma è un episodio del tutto estemporaneo: calcio di punizione di Fernandes deviato sul palo e ribattuta facile facile incredibilmente calciata in curva da Villa.
Emery nell’ intervallo prova a ovviare all’ evidente asfissia e mancanza di soluzioni della manovra inserendo Edu per Fernandes e Joaquín per Pablo Hernández: il Valencia della ripresa prova a ragionare e a tenere di più il pallone (Edu si offre di più di Fernandes per ricevere il pallone dalla difesa), ma queste sensazioni sono più favorite dal fisiologico calo di ritmo (e conseguente arretramento del baricentro) del Málaga e da qualche improvvisazione palla al piede di Joaquín che da un vero e proprio cambio di marcia della squadra.
E poi è comunque il Málaga a rendersi più pericoloso, quando una gran percussione di Barros dopo palla rubata libera Adrián al tiro e sulla respinta lo stesso Barros vede la propria respinta a porta vuota (comunque troppo centrale) salvata sulla linea da Albiol. E poi ancora Cheli, unico esterno destro di ruolo nella rosa di Tapia, entrato al posto di Eliseu, fallisce clamorosamente una conclusione relativamente facile favorita da un rinvio di testa un po’ maldestro di Albiol (sola sbavatura del centrale della nazionale, ma poteva costare cara).
Nel momento forse migliore del Málaga, l’ immeritato vantaggio ospite, originato da un contropiede corto nato da un pallone rubato da Albelda (molto più in partita nel secondo tempo) a centrocampo e finalizzato in due riprese da Villa (peraltro non ispiratissimo a parte i due gol facili): il Guaje fugge in profondità e scaglia un diagonale mancino non trattenuto da Arnau sul quale Jesús Gámez commette l’ errore di tentare di uscire palla al piede, permettendo così il ritorno di Mata, bravo a rubare palla e rimetterla subito nell’ area piccola per un Villa che deve solo appoggiare in rete di testa.
Non ha nessuna possibilità di rimonta ora il Málaga coi suoi limiti qualitativi (sebbene l’ ingresso di Salva cerchi di dare la carica: forse troppa carica, se è vero che l’ esperto centravanti finisce presto espulso per un’ entrataccia) non può certo attaccare con efficacia un Valencia che può comodamente mantenere le proprie posizioni e addormentare la gara per darle infine il colpo di grazia con un contropiede a recupero già iniziato, quando il Málaga ha ormai tirato i remi in barca e Villa (lanciato da Mata, sempre sveglio e svelto il ragazzino) può andare all’ uno contro uno col portiere e freddarlo.

I MIGLIORI: Il meglio del Valencia risiede sicuramente nella coppia di centrali Albiol-Alexis, due difensori di razza. Nel Málaga due nomi da segnalare: Barros, 20 enne mediano in prestito dal Zaragoza, cursore veramente inesauribile e dalla contagiosa esuberanza atletica, ottimo nello spezzare e rilanciare il gioco (ma non chiedetegli compiti di regia), reattivo rubapalloni, veloce nei recuperi e nelle percussioni; Jesús Gámez, pur con l’ errore del vantaggio valenciano, è uno dei migliori e uno dei pochi giocatori di reale interesse di questa squadra, terzino dalla notevolissima facilità di corsa e dalla presenza attiva, continua ed efficace nelle due fasi.
I PEGGIORI: Continua a non ingranare Pablo Hernández, ancora una volta intimidito e legato, senza mai proporre e senza neanche cercare il suo spunto. Del Horno poi: dalle sue parti non succede quasi nulla, per l’ innocenza dell’ avversario, ma vederlo dà l’ impressione di un giocatore vuoto, incapace di offrire alcunchè. Angulo è una presenza insignificante per tutti i novanta minuti.
Male le fasce nel Málaga, che non affonda mai coi suoi esterni: praticamente nullo Eliseu, molto veloce quando ha gli spazi ma con poca qualità nello stretto; appesantito Duda: già non mi ha mai entusiasmato come giocatore, ancora meno può fare se un mercato indecente lo costringe a spostarsi a destra. Certo, da qui può rientrare per scagliare il suo sensibilissimo mancino direttamente verso la porta avversaria, ma sul breve non ha mai avuto grande rapidità, per cui con queste caratteristiche il movimento a rientrare per il tiro può risultare macchinoso e molto prevedibile per il difensore avversario, e facile da neutralizzare. In questa occasione, quasi ogni volta che ha provato a rientrare dalla destra si è trovato presto chiuso in un imbuto e costretto al passaggio corto a un compagno. Si adira per la sostituzione, ma non ha proprio inciso, ed è parso anche in condizione atletica discutibile.

Málaga (4-4-2): Arnau 6,5; Jesús Gámez 6,5, Hélder 6, Weligton 6,5, Calleja 6; Duda 5 (75'), Lolo 6, Pablo Barros 7, Eliseu 5 (67'); Adrián 6, Baha 6 (75').
In panchina: Goitia, Manolo, Apoño, J. Luque s.v. (75'), Fernando, Cheli 5 (67'), Salva 5 (75')
Valencia (4-4-1-1): Renan 6; Miguel 6, Albiol 6,5, Alexis 7, Del Horno 5,5 (68'); Pablo Hernández 5(46'), Albelda 6, Fernandes 5,5 (46'), Mata 6,5; Angulo 5; Villa 6,5.
In panchina: Guaita, Helguera, Moretti s.v. (68'), Joaquín 6 (46'), Edu 6 (46'), Morientes, Zigic

Goles 0-1 (70'): Villa bate a Arnau de cabeza en el área pequeña tras un buen centro desde la izquierda de Mata. 0-2 (92+'): Villa define con maestría un mano a mano ante Arnau.
Árbitro: Álvarez Izquierdo, del Colegio Catalán. Expulsó a Salva (88') por roja directa. Amonestó a Fernandes (18'), Del Horno (31'), Alexis (45'), Weligton (79') y Edu (90').
Incidencias: Estadio La Rosaleda. Un total de 24.140 espectadores presenciaron el partido de ayer en las gradas de Martiricos. Pese a la fuerte lluvia que cayó durante la segunda parte, el público no dejó de animar a los suyos en ningún momento.

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giovedì, settembre 25, 2008

QUARTA GIORNATA: Real Madrid-Sporting 7-1: Van der Vaart 2 (R); Higuaín (R); Van der Vaart (R); Robben (R); Kike Mateo (S); Raúl 2 (R)

Rammarico in casa Sporting: solo sfiorata la tabellina del due. Due gol incassati alla prima giornata, quattro alla seconda, sei alla terza, sette ieri: 19 dopo quattro giornate (e zero punti in classifica, of course), un’ indecenza per la quale francamente non può valere la giustificazione dell’ aver affrontato subito tutte le big (e ora arriva il Villarreal, capolista e in ottima forma). Se persino il generoso e “romantico” Barça domenica aveva giocato a tennis, figuratevi il “cinico” Real Madrid, che alla prima verticalizzazione ti squarta. Così effettivamente è stato, dopo un quarto d’ora in cui i merengues avevano lasciato giochicchiare l’ avversario, come spesso capita loro.
Questa squadra tende a colpire in maniera immediata, senza prima passare per il controllo del gioco: non entusiasmerà mai da questo punto di vista, ma personalmente, al di là dell’ indebolimento tecnico determinato dalla cessione di Robinho, vedo un Madrid decisamente più convincente dal punto di vista collettivo rispetto a quello dello stesso momento della passata stagione: quello tendeva a spezzarsi in due tronconi e a subire molte occasioni, questo invece segue la stessa buona strada intrapresa nel finale dello scorso campionato: cioè non concede più tante palle gol all’ avversario, ripiega in maniera ordinata quando non ha il pallone e mantiene idee chiare e grande efficacia quando lo recupera. Ovvio che non si possa giudicare molto da questa partita, ma il Real Madrid delle grandi resta quella con più certezze al momento attuale.

Schuster attua il turnover, fuori Sergio Ramos oltre agli infortunati Guti e Gago, ancora una volta schivato abilmente il dilemma Raúl-Higuaín, stavolta riposa Van Nistelrooy (ma la sceltà andrà fatta comunque, perché nelle partite-chiave né Ruud né Robben sono discutibili). Preciado il suo undici invece lo rivoluziona proprio, cambiando 8/11 in cerca di una scossa: mentre Colin rimpiazza logicamente lo squalificato Gerard, sono perfettamente comprensibili i rientri alla titolarità di Canella e Míchel, gli accantonamenti di Matabuena e di Sastre-desastre (nemmeno convocati, così come il difensore centrale Jorge, titolare in tutte le partite precedenti) con il contestuale esordio di Diego Camacho a centrocampo, e, perché no, risulta accettabile anche l’ innesto dal primo minuto di Barral al posto di Bilic. Meno convincente invece la rinuncia a Diego Castro, che è pur sempre il miglior giocatore di una squadra che in fondo non si chiama Manchester United, e a Carmelo, che aveva mostrato cose interessanti (torna titolare Kike Mateo, uno dei protagonisti della promozione) nelle gare precedenti.
Come detto, l’ inizio dello Sporting non è stato male, come atteggiamento e come copertura degli spazi: più spavaldo di Racing e Numancia, non si limita a fare densità nella propria metacampo, ma cerca di chiudere le linee di passaggio più avanti, quando a impostare sono i difensori madridisti. La proposta di Preciado sembra credibile perché il Madrid inizia un po’ legato e gli ospiti recuperano con una certa facilità il pallone in mediana, non rifiutando la manovra elaborata e le sovrapposizioni sulle fasce, soprattutto a destra con Cámara e Pedro.
Peccato però che tutte queste buone intenzioni durino un quarto d’ ora, il tempo per il Madrid di far filtrare il primo pallone fra le linee ed andare in gol con un’ azione corale esemplare per velocità e verticalità: fra le linee si smarca l’ intelligentissimo De la Red, il passaggio di Diarra taglia fuori Míchel e Camacho in un colpo solo, Colin esce dalla difesa ma rimane a metà strada, perché De la Red ha il tempo di girarsi e perché si sta inserendo Van der Vaart; De la Red alza un pallonetto, Raúl prolunga di testa e Van der Vaart fulmina al volo nella zona che Colin ha abbandonato senza venir coperto né da Cámara né dall’ altro centrale Iván Hernández che si dimenticano di stringere.
Il diluvio: subito il primo gol gli altri vengono di conseguenza. Gli ospiti perdono facilmente le posizioni e il possesso del pallone, si allungano e perdono ogni minima velleità di pressing, in difesa non accorciano o lo fanno al momento sbagliato, gli attaccanti del Real Madrid si trovano quasi sempre in situazione di uno contro uno e la vigilanza sugli inserimenti dalla seconda linea è inesistente.
Così non è possibile competere ad alto livello, e infatti la partita si trasforma in “allenamento ufficiale” per il Real Madrid e in passeralla per un Van der Vaart sublime: deviato da Iván Hernández, ma il suo colpo di tacco per il 2-0 è arte pura, talmente bello che pure difensori e centrocampisti dello Sporting si fermano ad ammirarlo in area di rigore. Tanto per gradire poi lo Sporting si prende pure un bel contropiede con l’ uno contro uno per Robben, nell’ occasione gentile servitore di Higuaín: tre a zero alla fine del primo tempo.
Nella ripresa il Madrid giustamente rispetta chi ha pagato il biglietto continuando a garantire gol e belle giocate: il piattone chirurgico di Van Der Vaart (su intelligente scarico di Raúl) completa la tripletta di Rafa, che poi si esalta ancora con un magnifico suggerimento in profondità per Robben, che ridicolizza la spalancata difesa asturiana. Infine, detto dell’ intermezzo di beneficenza col gol di Kike Mateo (il minimo per quei tifosi che sul 7-1 facevano ancora sentire il coro “Sporting! Sporting!”), c’è gloria finalmente anche per Raúl, non più giocatore decisivo (non raccontiamoci storie) ma comunque splendido nel pallonetto del settimo gol, colpo più volte mostrato durante la propria carriera.

I MIGLIORI: Van der Vaart si prende l’ Oscar: fa le cose più determinanti e senza mai scinderle da un’ espressione artistica di prim’ ordine. Come ribadito in altre occasioni, dà il meglio di sé negli ultimi metri di campo, a ridosso dell’ area di rigore piuttosto che nella costruzione del gioco a metacampo. Ancora una buona prestazione di De la Red, che ha dovuto approfittare degli infortuni di Sneijder, Guti e Gago per trovare lo spazio che merita. Chissà che il fatto di essere canterano possa finalmente smettere di essere una colpa (magistrale la frase con cui Don Alfredo Di Stefano accolse a suo tempo l’ acquisto di Gago: “ma come, ci andiamo a comprare le uova fuori quando abbiamo già la gallina in casa?”): intanto Rubén sfrutta questa parentesi muovendosi per il campo con il solito criterio e la solità personalità nel tessere il gioco. In una partita nella quale logicamente risalta più l’ aspetto offensivo, non va messa in secondo piano la prestazione di Diarra, che raramente sbaglia partita: perfetto il maliano nelel coperture, nell’ occasione ottimo anche nell’ avviare l’ azione del primo gol.
I PEGGIORI: Sarebbe del tutto fuori luogo fare nomi nello Sporting.

Real Madrid (4-3-3): Casillas s.v.; Torres 6, Pepe 6,5, Cannavaro 6, Marcelo 6,5; De la Red 7, Diarra 7 (53'), V. der Vaart 8,5; Robben 6,5 (67'), Raúl 6,5, Higuaín 6,5 (61').
In panchina: Dudek, Heinze, Salgado, Javi García s.v. (53'), Drenthe s.v. (67'), Saviola s.v. (61'), V. Nistelrooy.
Sporting (4-2-3-1): S. Sánchez 6; R. Cámara 5 (46'), Colin 5,5, I. Hernández 5, Canella 5,5; Míchel 5, D. Camacho 5,5; Pedro 5,5 (56'), Kike Mateo 5,5, Maldonado 5 (46'); Barral 5.
In panchina: Cuéllar, Neru s.v. (46'), Andreu, D. Castro s.v. (46'), De Lucas, L. Morán s.v. (56') Bilic.

Goles: 1-0 (17'): Van der Vaart, con la izquierda. 2-0 (32'): Van der Vaart, de tacón con la zurda. 3-0 (36'): Higuaín, con la derecha, pegado al palo. 4-0 (46'): Van der Vaart. 5-0 (50'): Robben, de zurda. 5-1 (53'): Kike Mateo, con la derecha, tras pase de Barral. 6-1 (58'): Raúl, a puerta vacía. 7-1 (63'): Raúl, de vaselina con la izquierda.
Árbitro: Rodríguez Santiago, del Colegio Castellano-Leonés.
Incidencias: Bernabéu. 80.000 espectadores.

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lunedì, settembre 22, 2008

TERZA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Almería-Málaga 1-0: Negredo 75'.

Valencia-Osasuna 1-0: Mata 83'.

Betis-Sevilla 0-0

Numancia-Villarreal 1-2: Brit 42' (N); Cazorla 50' (V); J. Llorente 76' (V).

Deportivo-Mallorca 0-0

Athletic Bilbao-Valladolid 2-0: F. Llorente 50'; Iraola, rig. 80'.

Mischia in testa: il Valencia viene a capo della solita partita ultra-ostruzionistica dell' Osasuna da trasferta grazie a un bel gol di Mata servito splendidamente da Villa (che sembrava non dovesse giocare per i problemi alla caviglia che comunque persistono: speriamo non ne forzino troppo la presenza in campo nelel partite a venire, la salute prima di tutto); il Villarreal rimonta contro il solito Numancia dalla formula rustica (il culo attaccato alla linea di porta e aspettiamo l' episodio, preferibilmente da palla inattiva: ieri in gol Brit alla prima occasione), grazie a due gol nel suo stile più puro, palla a terra per la gioia degli occhi (si sblocca Joseba Llorente e non è l' unica buona notizia, visto il ritorno dall' infortunio di Nihat); l' Almería doma un' altra squadra esclusivamente preoccupata di difendersi (perchè altro non è capace di fare: zero gol all' attivo dopo tre giornate, troppo facile prevederne il destino finale), ovvero il Málaga: ancora Negredo, il cui protagonismo cresce ogni giorno di più, un progetto di Vieri spagnolo.
Il derby di Siviglia non soddisfa un Betis più apprezzato sul piano del gioco (ottimi giudizi per Emana e Mehmet Aurelio) ma con difficoltà a concretizzare, mentre le prestazioni del Sevilla continuano a non persuadere. Il Deportivo costruisce le palle-gol per vincere, ma Moyá non ci sta e nel secondo tempo le decisioni secondo le cronache pittoresche dell' arbitro (un espulso per parte, Bravo da una parte e David Navarro dall' altra, e otto ammoniti) condizionano la gara.
I tre punti sono un eccellente tonico per l' Athletic (che pare aver trovato un buon terzino sinistro in Balenziaga), e sono meritati contro un Valladolid il cui atteggiamento rinunciatario ha fatto storcere il naso alla critica.


CLASSIFICA
1 Valencia 7
2 Almería 7
3 Villarreal 7
4 Espanyol 7
5 Atlético 6
6 R. Madrid 6
7 Sevilla 5
8 Getafe 5
9 Barcelona 4
10 Athletic 4
11 Deportivo 4
12 Numancia 3
13 Valladolid 3
14 Recreativo 3
15 Osasuna 2
16 Betis 2
17 Racing 2
18 Mallorca 2
19 Málaga 1
20 Sporting 0

CLASSIFICA MARCATORI
Bilic 3 (1 rig.)
Messi 3 (1 rig.)
Sinama-Pongolle 3
Negredo 3
Moreno 2

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TERZA GIORNATA: Sporting Gijón-Barcelona 1-6: Xavi (B); Eto’o (B); autorete Jorge (B); Maldonado (S); Iniesta (B); Messi (B); Messi (B).

Poco da dire: il Barça è stato praticamente perfetto e, contro una squadra che ha nella difesa il suo punto più sensibile, diciamo così, la grandinata è stata inevitabile, risarcendo abbondantemente Guardiola per il maltolto del Racing.

Tiene duro il tecnico blaugrana, e insiste nelle sue scelte razionalmente anticonformiste: confermato Sergio Busquets davanti alla difesa (Pep non lo vede proprio Yaya Touré), Iniesta scala in attacco con Keita mezzala sinistra. Preciado a sorpresa parte con Míchel in panchina (dopo averlo bocciato al termine del primo tempo di Siviglia) e Andreu accanto a Matabuena in mediana. Cámara sostituisce Canella a sinistra (Cámara di ruolo è un terzino destro, destro di piede: Preciado lo piazza lì probabilmente per contrastare il mancino Messi, ma Guardiola risponde spostando Eto’o sulla destra nel corso della partita).
Riassumendo il primo tempo, si può dire molto semplicemente che tutto quello che il manuale dice di fare il Barça lo applica alla lettera: bastano due minuti per accorgersi di un dominio totale di tutte le variabili del match. Intensità, aggressività, pressing alto, eccellente copertura degli spazi in entrambe le fasi e fluida circolazione del pallone, un possesso-palla come sempre smisurato nelle percentuali ma finalmente senza la minima parvenza di sterilità.
Gli ospiti liberano costantemente gli uno contro dei loro talenti negli ultimi metri di campo, in particolare Iniesta, mattatore sulla fascia sinistra: va via una volta dopo l’ altra a Sastre e ripete la società con Xavi già vista nel terzo gol allo Sporting. Ancora una carezza dalla fascia sinistra di Iniesta (Sastre lo marca dandogli le spalle… no comment), ancora un inserimento coi tempi giusti di Xavi, sul quale Cámara colpevolmente non stringe. Su azione da calcio d’ angolo è poi Eto’o ad arrotondare, appoggiando in rete un colpo di testa a centro area di Puyol.
A inizio ripresa un altro calcio d’ angolo accresce ulteriormente il passivo per lo Sporting, solo che stavolta è un giocatore di casa a freddare Sergio Sánchez, e cioè Jorge con un maldestro (aggettivo che temo accompagnerà le imprese dei difensori asturiani per tutta la stagione) colpo di testa in anticipo sul primo palo.
Il Barça pregusta un mega-torello da lì al novantesimo, ma l’ orgoglio dello Sporting (straordinario il pubblico del Molinón, che continua a far festa e sostenere i suoi anche a goleada inoltrata) tiene viva la partita per almeno cinque minuti: il gol di Maldonado sfrutta un calo di tensione difensivo del Barça, e nei pochi minuti seguenti i catalani sembrano perdere un po’ di certezze di fronte al rinnovato ardore biancorosso. Non potremo però mai sapere quello che sarebbe potuto accadere, perché ancora una volta la goffaggine di un componente delle retrovie dello Sporting rovina tutto sul nascere: Sergio Sánchez, il portiere, sempre lui, ci tiene a mantenere la media di una papera a partita: stavolta un rinvio sciagurato che apre un’ autostrada a Messi e obbliga Gerard al fallo da rosso diretto (chiara occasione da gol).
Finisce qui, la scena torna tutta per il Barça, che giochicchia in discesa e sazia il suo appetito arretrato esaltando Messi e continuando a esaltare Iniesta (puro lusso il suo gol).

I MIGLIORI: Serata d’ ispirazione incontenibile per Iniesta, in generale in un ottimo periodo di forma: si alterna fra gli uno contro uno, ripetuti e incisivi, sulla sinistra e le escursioni sulla trequarti (interessante vedere come in alcune di queste occasioni a coprire la fascia sinistra in sovrapposizione sia Keita: dato che il movimento rientra ampiamente nelle caratteristiche del maliano, può essere un arma per surrogare in qualche modo all’ inefficacia offensiva di Abidal), lasciando sempre il segno col suo stile incantevole. Magnifico vedere come muove il pallone quando punta in dribbling l’ avversario, delizioso il tocco di palla. Un gol, un assist e una presenza determinante in gran parte delle azioni blaugrana.
Poi Xavi e Messi: il regista è da tempo in buona forma, e sta trovando le condizioni che esaltano il suo gioco, cioè un assetto che non lo obbliga a ripiegare nella propria metacampo (perché la squadra mantiene il baricentro alto nella metacampo avversaria) e che gli offre una buona varietà di opzioni di passaggio. Guardiola lo vuole liberare da eccessive incombenze difensive, fa quasi il trequartista e trova con sempre maggior frequenza i tempi giusti negli inserimenti. Messi si accende nel secondo tempo (quando a dire il vero la partita è già segnata), con lo splendido assist per Iniesta e la doppietta.
La risorsa migliore dello Sporting resta la linea dei trequartisti: Diego Castro, Carmelo e Maldonado confermano anche in questa serata balorda di essere elementi rapidi, tecnicamente dotati e capaci di creare la superiorità numerica, specie questa mai troppo diffusa nei bassifondi della classifica. Peccato poi che là dietro…
I PEGGIORI: Non stiamo a fare tanti nomi, diciamo che lo Sporting in difesa (portiere compreso) fa acqua da tutte le parti, mentre in mediana la mediocrità tecnica è palese: in attesa di verificare le possibilità di Míchel, i vari Matabuena e Andreu e anche l’ Iván Hernández centrocampista visto nel secondo tempo di Siviglia non sanno giocare un pallone decentemente, e pure l’ inizio dell’ azione da parte della difesa è pessimo (ecco perché lo Sporting dà il meglio di sé recuperando alto il pallone e ripartendo subito coi suoi trequartisti).

Sporting (4-2-3-1): Sergio 5; Sastre 5, Gerard 5, Jorge 5, Cámara 5; Matabuena 5 (46'), Andreu 5,5; Maldonado 6,5 (63'), Carmelo 6, D. Castro 6; Bilic 6 (60').
In panchina: Cuéllar, Canella, Iván, Michel s.v. (46'), Pedro, K. Mateo s.v. (63'), Barral s.v. (60')
Barcelona (4-3-3): Valdés 6; Alves 6,5, Márquez 6,5, Puyol 6,5, Abidal 6,5; Xavi 7,5, Sergio Busquets 6,5 (82'), Keita 6,5 (71'); Messi 7, Eto’o 6,5 (68'), Iniesta 8.
In panchina: Pinto, Piqué, Cáceres s.v. (82'), Touré, Gudjohnsen 6 (71'), Pedro, Bojan 6 (68')

Goles 0-1 (27'): Xavi, de cabeza. 0-2 (33'): Etoo, de cabeza tras un córner que desvía Puyol. 0-3 (49'): Jorge, en pp. 1-3 (50'): Maldonado, de derecha tras toque de Bilic. 1-4 (70'): Iniesta, de derecha a pase de Messi. 1-5 (85'): Messi, de zurda. 1-6 (89'): Messi, de cabeza.
Árbitro: Megía Dávila (Col. Madrileño). Expulsó a Gerard (57'). Amonestó a Cámara (7') y Carmelo (41').
Incidencias: El Molinón. Lleno: 24.000 esp.

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TERZA GIORNATA: Racing Santander-Real Madrid 0-2: De la Red; Van Nistelrooy.

Avido e spietato, il Real Madrid massimizza all’ estremo i profitti. Due occasioni, due perfetti contropiedi, e tutti a casa.

Schuster risolve il dibattito settimanale “Raúl o Higuaín?” schierando tutti e due (abile mossa strategico-psicologica) e mettendo a riposo Robben, mentre De la Red ha spazio in luogo di Van der Vaart. Muñiz deve fare a meno dell’ infortunato Munitis.
Il primo tempo è la quintessenza del Nulla, i ritmi sono lenti ma non per questo le imprecisioni sono poche, anzi. Il Real Madrid stenta a dare ritmo all’ azione e a trasmettere palla dal centrocampo all’ attacco. Le due linee da quattrro del Racing, schierate bassissime come contro Sevilla e Barça, non fanno fatica a leggere le traiettorie dei passaggi e non vanno mai in inferiorità numerica nelle zone in cui si sviluppa l’ azione. Dall’ altra parte però i padroni di casa rilanciano l’ azione in maniera laboriosissima e troppo spesso imprecisa, senza mai innescare un contropiede realmente pericoloso (Pereira entra in azione pochissimo, sebbene sia il più vivace, anche se con la “Sindrome di Fernando Torres” nei controlli di palla), davanti a un Real Madrid che peraltro ripiega con buona costanza, ordine e spirito di sacrificio dietro la linea della palla (in questo Higuaín e Raúl sono meglio di Robben). Risultato: al massimo uno-due “uuuuy!” per il pubblico del Sardinero, che per qualcosa dovrà pur sussultare (registriamo la rovesciatina maligna sottomisura di Pereira salvata in angolo sul primo palo da Casillas, giusto questo).
In apertura di ripresa però il Real Madrid fa calare la mannaia, guardacaso alla prima azione in campo aperto, il suo pezzo forte: contropiede condotto magistralmente dall’ irreprensibile Higuaín, e concluso in sicurezza da De la Red. Partita segnata, sebbene Muñiz provi e in parte riesca a ravvivare la propria squadra coi cambi: Luccin dà più vigore di Lacen al centrocampo, Tchité per l’ inutile Valera aggiunge peso all’ attacco (con Pereira che migra sulla destra): dal belga viene l’ occasione più pericolosa della partita del Racing, un colpo di testa su calcio d’ angolo salvato sulla linea da Van der Vaart (entrato già nel primo tempo per un infortunio occorso a Guti). Prima di questo salvatggio però, il Real Madrid la partita l’ aveva già chiusa, con un contropiede finalizzato da campionissimo da Van Nistelrooy.

I MIGLIORI: Higuaín è un bene prezioso, giocatore che mai si lamenta e sempre rende. Nel deprimente primo tempo del Real Madrid è lui a costruire l’ unica accelerazione interessante con una fuga sul fondo dalla destra, nel secondo indirizza la partita con una fantastica galoppata delle sue in contropiede. Attaccante moderno, per la versatilità, per la concezione sempre verticale del gioco, per il movimento senza palla e per la capacità di velocizzare il gioco utilizzando pochi tocchi. Il secondo gol, quello di Van Nistelrooy, è una perla, ciò che distingue l’ attaccante eccezionale dall’ attaccante solamente buono: formidabile come guadagna lo spazio per il tiro e ruba il tempo a Toño sul primo palo.
I PEGGIORI: Insufficiente la coppia Colsa-Lacen: va bene la quantità, ma se poi 9 palloni sui 10 che rigiochi sono di cattiva qualità, allora questa quantità non serve a un bel nulla. Christian Fernández ha molta corsa, ma ha qualche ingenuità sul piano difensivo. Juanjo non incide: la partita di (teorico) contropiede della sua squadra non aiuta le sue caratteristiche di ariete, ma lui non tiene mai su un pallone, impegna poco gli ottimi centrali madridisti, non lascia il segno.
C’è poi Valera, la cui titolarità è un segnale degli errori di mercato del Racing: scappato Jorge López, e rimanendo ad oggi un oggetto misteriosissimo Ismodes, l’ esterno destro più di ruolo diventa lui (Pereira e Munitis sono varianti più offensive da utilizzare nel ruolo prevalentemente a partita in corso), ovvero un giocatore mai esploso, utilizzato pochissimo e con scarso successo negli anni all’ Atlético (da terzino e da esterno), di scarsissima incisività sul piano offensivo, solo corsa e poca qualità. Ha perso molto il Racing rispetto all’ anno scorso in questa zona del campo. Raúl ancora una volta nullo in fase offensiva.

Racing (4-4-2): Toño 6; Pinillos 6, C. Navas 6, Marcano 6, C. Fernández 5,5; Valera 5 (67'), Lacen 5,5 (57'), Colsa 5,5, Serrano 5,5 (77'); Pereira 6, Juanjo 5.
In panchina: Coltorti, Oriol, Sepsi, Gonçalves s.v. (77'), Luccin 6 (57'), Edu Bedia, Tchité 6 (67').
Real Madrid (4-3-3): Casillas 6,5; Ramos 6,5, Pepe 6,5, Cannavaro 6,5, Heinze 6; Guti s.v. (44'), Diarra 6, De la Red 6,5; Higuaín 7 (84'), Van Nistelrooy 7, Raúl 5,5 (68').
In panchina: Dudek, Marcelo, Torres, Drenthe, Robben (68'), V. der Vaart 6 (44'), Saviola s.v. (84')

Goles 0-1 (53'): Contragolpe del Madrid, Higuaín se hace con el balón en su campo, se marcha de Colsa por velocidad, llega al área del Racing y culmina su galopada cediendo a De la Red, que marca con la puntera del pie derecho. 0-2 (73'): Van Nistelrooy recibe un pase de Van der Vaart, entra en el área y con César Navas delante saca un disparo con la pierna derecha que bate a Toño.
Árbitro: Miguel Ángel Pérez Lasa, del Colegio Vasco. Amonestó a Heinze (23'), Higuaín (34'), Cannavaro (41'), De la Red (78') y Van der Vaart (89').
Incidencias: Campos de Sport de El Sardinero. Casi lleno. 20.558 espectadores. Asistieron al encuentro en el palco presidencial Miguel Ángel Revilla, presidente de Cantabria, e Iñigo de la Serna, alcalde de Santander.

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domenica, settembre 21, 2008

TERZA GIORNATA: Espanyol-Getafe 1-1: Manu del Moral (G); Sergio Sánchez (E).

Un tempo per uno, risultato giusto. Più razionale e geometrico, direi anche più squadra, il Getafe, più emotivo l’ Espanyol.

Cambio di modulo nell’ Espanyol: siccome De la Peña è assente e nessuno in rosa ha le caratteristiche per surrogarlo, allora via un centrocampista e passaggio al 4-2-3-1, con l’ esordio di Nené dal primo minuto. Víctor Muñoz invece deve fare a meno di Granero, e a Soldado ed Uche preferisce la coppia leggera Albín-Manu.
Dopo i primi dieci minuti spezzettati dall’ elevata aggressività a centrocampo e dai numerosi falli, emerge progressivamente la sensibile superiorità degli ospiti. L’ Espanyol mantiene quei problemi già denotati nell’ esordio contro il Valladolid: in fase di possesso, le distanze non corrette fra i reparti e i giocatori obbligano a una certa improvvisazione, che riduce gli sfoghi offensivi dei padroni di casa a lanci lunghe verso le punte o a qualche sporadico ribaltamento in campo aperto, le poche volte che l’ avversario concede questa opportunità. Il Getafe invece è disposto decisamente meglio in campo oltre che più autorevole e convinto nella sua proposta: ben raccolto, fa girare la manovra palla a terra con pazienza, guadagnando costantemente campo e coinvolgendo sempre più elementi, dai due esterni Gavilán e Guerrón che allargano il campo con l’ aiuto delle sovrapposizioni dei terzini (più Cortés a destra), a Casquero che detta i tempi e ai movimenti senza palla sul fronte offensivo come al solito intelligenti di Manu del Moral.
Le occasioni non sono vistosissime perché come già l’ anno scorso manca un po’ di peso viste le caratteristiche degli attaccanti, prevalentemente di movimento, ma gli attacchi sono costanti e il vantaggio è nell’ aria. Vantaggio che si materializza ad inizio ripresa, al primo grande spunto di un Guerrón fin lì sottotono: l’ ecuadoriano ruba il tempo nello stretto a Béranger che casca in un fallo da rigore ingenuo. Rigore trasformato senza indugio da Manu.
È la concretizzazione della superiorità ospite, ma da qui la partita cambia: l’ Espanyol reagisce d’ orgoglio, alza i ritmi e la pressione nell’ area avversaria arrivando in breve al pareggio che ristabilisce la situazione: Nené (discontinuo, ma sempre con spunti di classe) guadagna abilmente un calcio piazzato sulla sinistra, Luis García lo taglia abilmente verso il secondo palo dove sbuca Sergio Sánchez che insacca in due tempi.
Il Getafe soffre un po’ in questa fase, perché perde metri non riesce più a dettare i ritmi del gioco e finisce con l’ accettare quelli imposti dalla reazione espanyolista, che pregiudicano la precisione delle giocate degli uomini di Víctor Muñoz impedendo loro di rifiatare. Ma nell’ ultimo quarto di gara si stabilizza l’ equilibrio che porterà alla logica conclusione del pareggio, col Getafe che ritrova anche un po’ più di presenza sulla trequarti con l’ ingresso di forze fresche come Uche e Soldado.

I MIGLIORI: Jarque e Cata Diaz leaders difensivi, Guerrón promette, e con un po’ più di continuità sfonderà anche nella Liga.
I PEGGIORI: Tamudo ha ancora le polveri bagnate: assai sottotono il suo inizio di stagione.

Espanyol (4-2-3-1): Kameni 6; S. Sánchez 6,5, Jarque 6,5, Pareja 6, Béranger 5,5 (79'); Moisés 6, Román 6; Coro 6, L. García 6 (84'), Nené 6, Tamudo 5,5 (74').
In panchina: C. Álvarez, Valdo, Callejón s.v. (84'), Lola, Finnan s.v. (79'), Jonathan s.v. (74'), Sielva
Getafe (4-4-2): Jacobo 6; Cortés 6, Cata 6,5, Mario 6, Licht 6; Guerrón 6,5 (65'), Celestini 6, Casquero 6,5, Gavillán 6 (74'); Albín 6 (78'), Manu 6,5.
In panchina: Gonzalo, Ibrahim, Soldado 6 (65'), Polanski, Contra s.v. (74'), Adrián, Uche s.v. (78')

Goles 0-1 (47'): Manu, de penalti. 1-1 (57'): S. Sánchez, de derechas en segunda jugada.
Árbitro: Delgado Ferreiro, colegio vasco. Amonestó a Casquero (5'), Jarque (37'), Manu (38'), Pareja (50') y Soldado (80').
Incidencias: Montjuïc, menos de media entrada. 18.225 espectadores. Terreno de juego en buenas condiciones. Una noche fría en Barcelona y con una ligera lluvia, a partir de la segunda parte.

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TERZA GIORNATA: Atlético Madrid-Recreativo Huelva 4-0: Agüero; Maniche; Sinama-Pongolle; Sinama-Pongolle.

È ancora presto per trarre conclusioni serie (datemi una decina di partite per una valutazione globale), ma è ancora una vittoria convincente per l’ Atlético, il terzo 4-0 consecutivo casalingo dopo Schalke e Málaga.
Come ad Eindhoven, il vantaggio immediato (colpo di testa di Agüero incredibilmente lasciato solo a centro area su punizione dalla destra di Simão) mette in discesa la partita. Cambia però la gestione del vantaggio: in Olanda basata sul contropiede, in questa occasione di puro dominio del possesso-palla e degli spazi nella metacampo avversaria. È un Atlético che si vede che sta bene di mente e di gambe: reattivo, arriva primo sul pallone, mantiene i giocatori vicini l’ uno all’ altro, apre il campo coi cambi di gioco di Raúl García mescolandoli con apprezzabili combinazioni in velocità nelle zone interne, animate in prevalenza dai movimenti di Sinama-Pongolle e gli inserimenti di Maniche, gli elementi di maggior dinamismo di prima e seconda linea.
Riposano un po’ i padroni di casa negli ultimi 10 minuti del primo tempo e ad inizio ripresa quando il Recre sembra volerci provare, ma la sassata di Maniche dal limite dell’ area dopo calcio d'angolo archivia la pratica. Zambrano per dovere prova ad accrescere il potenziale offensivo inserendo Sisi e passando a un 4-3-1-2 con Camuñas prima e Javi Guerrero poi alle spalle di Ruben e Adrián Colunga, ma ormai ci sono gli spazi, e sappiamo che negli spazi l’ Atlético fa male come pochi: esce Agüero, preservato, e così si può mettere in mostra Miguel De las Cuevas, interessante mezzapunta ventiduenne purtroppo condannata dalla feroce concorrenza a trovare pochissimo spazio: scappa sulla fascia sinistra e serve il 3-0 a Sinama Pongolle, il quale potrà togliersi un ulteriore sfizio nel finale saltando netto Arzo e seccando Riesgo, con un Recre ormai demoralizzato (leggerini gli andalusi, come nella passata stagione).

I MIGLIORI: Solito Agüero (annullato ingiustamente anche un altro gol di testa nel primo tempo, di grande scaltrezza), e ormai dobbiamo cominciare a dire anche solito Maniche, passato dal vivace scambio di opinioni con Aguirre dello scorso Gennaio (Maniche: “E tu cosa hai vinto nella tua carriera?”, Aguirre: “Ma chi ti credi di essere?”) alla titolarità indiscussa dopo un’ estate nella quale l’ Atlético ha cercato di piazzarlo senza trovare alcun acquirente disposto a pagare i 2,4 milioni di stipendio del 31enne portoghese. Costretti a fare di necessità virtù, Maniche e l’ Atlético hanno finito per venirsi incontro: eccezionale momento di forma per l’ ex Porto, motore al centro di tutte le azioni, elemento di grande impulso all’ azione offensiva coi suoi aggressivi inserimenti.
Semplicemente perfetto Ujfalusi in ogni intervento, il salto di qualità al centro della difesa (anche se stasera Heitinga era assente) è la speranza più grande per l’ Atlético quest’ anno. E alla fine diamo anche a Sinama quel che è di Sinama: ho storto il naso come molti per il suo acquisto (non per il suo valore intrinseco, ma per la sua funzionalità nel contesto di un organico rojiblanco che ne fa l’ unico ricambio offensivo), lamentando la sua non eccezionale propensione realizzativa, e invece son già tre gol in campionato, oltre a molto movimento e a una velocità che tiene sempre sul chi vive le difese avversarie.
I PEGGIORI: Delude il da me atteso (dopo le segnalazioni delle precedenti giornate e del precampionato) Adrián Colunga, e anche Ruben ne azzecca pochissime. Inconsistente la coppia di centrocampo Jesús Vázquez-Javi Fuego.

Atlético (4-4-2): Coupet 6; Seitaridis 6, Perea 6,5, Ujfalusi 7, A. López 6; Maxi 6, Raúl García 6,5, Maniche 7 (69'), Simao 6,5 (56'); Agüero 7 (60'), Sinama 7.
In panchina: Leo Franco, Pernía, Pablo, Assunçao, Banega 6 (69'), Miguel 6,5 (60'), L. García 6 (56')
Recreativo (4-4-2): Riesgo 6; Oliveira 5,5, Morris 6, Arzo 5,5, Poli 6; Camuñas 5,5 (71'), J. Fuego 5,5 (58'), Jesús Vázquez 5,5, Aitor 5,5 (71'); Ruben 5,5, Adrián Colunga 5.
In panchina: Roberto, Barber, Lamas, Casado, Sisi s.v. (58'), Akalé s.v. (71'), J. Guerrero s.v. (71')

Goles 1-0 (8'): Agüero cabecea, una falta lanzada por Simao. 2-0 (53'): Maniche engancha un rechace en la frontal y marca con un disparo, raso y potente. 3-0 (78'): Sinama fusila a Riesgo tras una buena acción individual de Miguel. 4-0 (88'): Sinama marca con clase tras una gran jugada llevada por Banega y Luis García.
Árbitro: Teixeira Vitienes, del Colegio Cántabro. Amonestó a Camuñas (57').
Incidencias: Vicente Calderón. 45.000 espectadores.

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venerdì, settembre 19, 2008

Il punto sulle spagnole nelle coppe.

Promosso a pieni voti l’ Atlético, promosso con riserva il Barça, sufficienza piena per il Villarreal, non giudicabile (anche perché non l’ ho visto…) il Real Madrid: questi i responsi di una prima giornata di Champions complessivamente positiva per i club spagnoli.

L’ unica via per il Villarreal era la sofferenza, e la squadra ha dimostrato di saper competere su questo piano. Certo, nessuno si sarebbe lamentato se dai suoi costanti attacchi lo United avesse ricavato una vittoria, e i gialli possono anche ringraziare la sorte per il palo di Evans e il salvataggio sulla linea di Gonzalo su Tévez a botta sicura (ma un brivido è corso anche lungo la schiena dei padroni di casa quando il palo ha respinto lo splendido colpo di tacco di Guille Franco), ma si può dire tutto sommato che il Villarreal ha saputo difendere ordinatamente come blocco, e ha concesso l’ inevitabile minimo indispensabile quanto ad occasioni ad un avversario dal potenziale offensivo debordante. Una prestazione nel complesso matura.
Condannavano a una partita di sofferenza le caratteristiche del Villarreal e anche la formazione scelta nell’ occasione da Pellegrini. Tutti sappiamo che il gioco del Villarreal ha come premessa il controllo del pallone, possibilmente nella metacampo avversaria, e fasi di possesso, lunghe e ragionate. Sappiamo anche che il punto debole di questa squadra è la difficoltà nel cambiare ritmo e una certa tendenza a giocare a una sola velocità. Ebbene, l’ altra sera tutto ciò era reso assolutamente impossibile dalla differenza di passo e di intensità rispetto all’ avversario, una differenza di ritmo emblematica anche dei due campionati, inglese e spagnolo: lo United ha imposto i suoi ritmi e il Villarreal ha dovuto corrergli dietro e sudare.
A questo poi dobbiamo aggiungere una serie di circostanze che hanno reso praticamente inevitabile questo tipo di partita per il Submarino, senza la possibilità di rispondere colpo su colpo. Innanzitutto le assenze degli infortunati Rossi e Nihat impedivano di verticalizzare in contropiede, rimanendo come punte i soli Guille Franco (attaccante che predilige venire incontro e far salire la squadra, incapace anche per la scarsissima velocità di smarcarsi in profondità) e il subentrato Llorente (opportunista d’ area, cioè un giocatore funzionale soltanto a una partita di dominio nella metacampo avversaria, quindi un’ altra storia rispetto a mercoledì); a questa già pesante menomazione poi si sono aggiunte le scelte invero poco convincenti di Pellegrini: una linea di trequartisti Cani-Matias Fernández-Pires ti condanna ad azioni sottoritmo e ti nega la possibilità di transizioni rapide in contropiede (disperanti il francese e il cileno nella loro tendenza a rallentare costantemente il gioco, come al solito per nulla incisivo un Cani che porta troppo palla), l’ unica possibilità che ti poteva offrire la partita dell’ altra sera e che ti poteva offrire quel Cazorla inspiegabilmente partito in panchina (inspiegabilmente perché si tratta del giocatore più in forma, e perché è l’ unico degli esterni/trequartisti ad avere le accelerazioni). Poi non si è capito nemmeno Senna in panchina: il doble pivote Edmilson-Eguren è praticamente costituito da doppioni, e Senna in questa squadra è il giocatore-chiave nel dettare i tempi. Senza di lui, il Villarreal è stato condannato a perdere il pallone prematuramente nel rilancio dell’ azione, finendo col venire schiacciato nella propria metacampo.
In questo contesto, si capisce la sofferenza e la partita quasi esclusivamente sulla difensiva, nella quale, nell’ ambito di una buona disposizione collettiva, va rimarcata la prestazione a dir poco strepitosa della coppia di centrali Gonzalo Rodríguez-Godin. Credo che in prospettiva la partita di mercoledì sia incoraggiante per il Villarreal: dimostrare di saper reggere sul piano difensivo contro la squadra più forte dimostra che ci sono le basi di solidità indispensabili per saper competere a questi livelli, e che la situazione potrà soltanto migliorare quando Pellegrini riavrà il suo miglior potenziale offensivo (Rossi e Nihat, ma anche Cazorla e Senna dall’ inizio) e il Villarreal potrà tornare ad essere una squadra capace di giocarsela con chiunque in una partita secca.

A Barcellona proseguono gli esperimenti: stavolta Guardiola ha presentato un 3-4-3 stile Cruijff (ma quel Barça le finali di Coppa Campioni nel ’92 e nel ’94 le giocò col 4-3-3, ricordiamolo). Soluzione interessante perché capace di assicurare nell’ occasione una buona impostazione del gioco dalle retrovie (i due attaccanti dello Sporting non potevano pressare i tre difensori blaugrana, e la presenza contemporanea di Piqué e Márquez garantiva un’ avvio dell’ azione sempre di qualità) senza al tempo stesso andare in inferiorità numerica a metacampo e assicurando maggiore libertà e una migliore copertura ad Alves, evitando quei buchi a palla persa nella zona del brasiliano che ad esempio hanno originato il gol del Numancia alla prima giornata (perfetto Piqué come terzo centrale sulla destra).
Ma questi esperimenti se da una parte denotano le buone capacità analitiche e lo sforzo costante di migliorare da parte di Guardiola, dall’ altra evidenziano alcuni punti scoperti del’ organico e la mancanza di certezze che ora come ora caratterizza questo Barça: passare alla difesa a 3 con Puyol terzo centrale a sinistra è anche un modo per rimediare per altre vie all’ inadeguatezza di Abidal, e alcune importanti questioni tecniche rimangono tuttora irrisolte.
Su tutte il solito dualismo fra una fascia sinistra incapace di trovare la profondità (Henry chiede palla sempre sul piede e non va quasi mai via all’ avversario, e Bojan non ha le caratteristiche per ovviare a questa mancanza) e una fascia destra nella quale Messi e Alves devono affinare un’ intesa dalla quale dipenderà una buona parte dell’ esito di questo Barça: Alves sta forse cominciando a comprendere che i movimenti che deve effettuare son diversi da quelli del Sevilla, deve cioè offrirsi maggiormente senza palla e in sovrapposizione esterna più che portare palla e congestionare le zone interne assieme a Messi. Lo stesso Messi ha mostrato una maggiore consapevolezza tattica e attenzione a coordinare i suoi movimenti con quelli di Alves rispetto al disastroso esordio di Soria, però individualmente ha mostrato, cosa non nuova, qualche sbavatura di troppo al momento di scegliere come finalizzare le giocate.
E l’ incertezza che ancora circonda il Barça si riflette appieno sul comportamento della squadra durante i 90 minuti: vogliosa, a tratti anche gradevole e capace di creare svariate occasioni, ma ancora priva dell’ autorevolezza, della solidità e della continuità necessarie per candidarsi alla vittoria finale.
La fase iniziale fino al gol è stata davvero ottima per come la squadra ha coperto il campo nelle due fasi, allargandolo più possibile quando era in possesso del pallone e restringendolo invece allo Sporting in fase di non possesso con una buona applicazione del pressing alto (si è segnalato in particolare un ottimo Keita). Dopo il vantaggio di Márquez però e anche dopo il momentaneo 2-1 ospite di Tonel, si è notato un calo che ha comportato una perdita di continuità a centrocampo e, nel secondo tempo, anche momenti di rischio del tutto innecessario data la sproporzione fra le due squadre in campo. Da migliorare anche le coperture difensive, non sempre impeccabili, soprattutto sui cross dalle fasce (inutile poi dire che il gol incassato su palla inattiva era evitabile). È poi un Barça che tende a non chiudere le partite, per queste sue concessioni difensive e anche per l’ attuale siccità offensiva, con un Eto’o stranamente lento di riflessi negli ultimi metri.
Quando avremo la risposta a tutti questi interrogativi, riguardanti l’ assetto della fascia sinistra, il funzionamento di quella destra, l’ identità del centrocampista difensivo titolare e il modulo finalmente scelto da Guardiola, allora potremmo valutare appieno la competitività di questa squadra ai massimi livelli.

La sorpresa più piacevole della giornata è stata la prova di forza dell’ Atlético: importante è stato il fatto di aver sbloccato nei primi 10 minuti il risultato, che ha messo la partita nelle condizioni che storicamente gli uomini di Aguirre prediligono: cedere il pallone agli avversari e ripartire in contropiede. Compatti e attenti nelle loro due linee da quattro, i colchoneros hanno ridotto il PSV a un possesso-palla sterile, e al minimo affondo hanno brutalizzato la non insuperabile difesa olandese, con i quattro elementi offensivi ai quali si aggiungeva Maniche (eccellente periodo) coi suoi frequenti inserimenti. Su tutti Agüero che ha offerto il proprio biglietto da visita all’ Europa dei Grandi (c’è tutto “Romarito” nel secondo gol), ma anche Simão, giocatore chiave nel creare la superiorità numerica assieme al Kun (ma non ci voleva l’ infortunio di un mese per Forlán, il giocatore dell’ attacco tatticamente più importante coi suoi movimenti senza palla a supporto di Agüero).
Viene da pensare che questo Atlético possa forse rivelarsi una squadra più adatta a una competizione ad eliminazione diretta come la Champions che a una lega di 38 partite: la sua difficoltà ad elaborare gioco a difesa schierata (ma Banega è una carta che potrebbe rivelarsi preziosa) potrebbe paradossalmente rendergli più scomodo un Osasuna che ingolfa la metacampo al Calderon piuttosto che un Arsenal all’ assalto all’ Emirates. La chiave sarà il consolidamento del triangolo difensivo Heitinga-Ujfalusi-Assunçao: se la casa dimostrerà di avere buone fondamenta e l’ Atlético continuerà a mantenere la propria porta inviolata con buona continuità, allora non saranno molti quelli che desidereranno avere i colchoneros come avversari, perché il duo Agüero-Forlán ha pochi rivali in Europa lanciato negli spazi ed è capace di materializzare la minima occasione. Vedremo con Marsiglia e Liverpool se non si sia trattato di un miraggio.

In Uefa, bilancio meno positivo per le spagnole: il Deportivo viene massacrato in Norvegia dal Brann Bergen (basta dire che sulla stampa spagnola la frase ricorrente è che il passivo di soli due gol è stata la migliore notizia della serata…); il Sevilla si assicura un buon margine per il ritorno col 2-0 (Capel, Adriano) casalingo al Red Bull (oddio, no!) Salisburgo, ma gioca male, rischia nel secondo tempo e scontenta il pubblico; il Valencia ipoteca la qualificazione con un 1-0 sul campo del Maritimo (gol di Morientes) ma senza brillare e ringraziando due volte i legni in una partita in cui Emery ha schierato le seconde linee ma nella quale comunque Villa ha avuto modo di entrare e prendersi un evitabilissimo acciacco alla caviglia (se dopo Silva che starà fuori tre mesi dovesse saltare anche lui, questa squadra finirebbe di colpo di esistere); il Racing domina ma deve accontentarsi del minimo scarto in casa contro i finlandesi dello Honka: ancora imperversa Jonathan Pereira col gol decisivo in un match anche in questo caso disputato dalle teoriche riserve che, stando alle cronache, hanno in alcuni casi (la coppia Luccin-Edu Bedia in mezzo al campo, il secondo con 18 anni) convinto di più dei titolari.

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martedì, settembre 16, 2008

Il punto sulla seconda giornata.

Recreativo Huelva-Espanyol 0-1: Luis García 84'.

Real Madrid-Numancia 4-3: Moreno 7' (N); Guti 19' (R); Barkero 22' (N); Higuaín 26' (R); Van der Vaart 36' (R); autorete Cisma 40' (R); Moreno 57' (N).

Almería-Valencia 2-2: Piatti 20' (A); Alexis 35' (V); Negredo 40' (A); Villa 68' (V).

Villarreal-Deportivo 1-0: Cazorla 27'.

Mallorca-Osasuna 1-1: Aduriz 15' (M); Portillo 84' (O).

Málaga-Athletic Bilbao 0-0

Getafe-Betis 0-0

Barcelona-Racing 1-1 (giocata sabato): Messi, rig. 71' (B); Pereira 76' (R).

Valladolid-Atlético Madrid 2-1 (giocata sabato): Vivar Dorado 3' (V); Javier Baraja, rig. 28' (V); Agüero 54' (A).

Sevilla-Sporting Gijon 4-3 (giocata sabato): Bilic 18' (S); Bilic 20' (S); Chevantón 22' (S); Kanouté 36' (S); Maresca 37' (S); Bilic, rig. 45' (S); Kanouté 60' (S).


Dopo due giornate, il capolista più inaspettato, ovvero quell’ Espanyol che aveva iniziato la stagione fra molti dubbi e preoccupazioni per un temuto ridimensionamento (presumibilmente sventato con le intelligenti operazioni degli ultimi giorni di mercato). Chiaro che il nome della capolista (che peraltro non ha brillato prima di agguantare i tre punti sul campo del Recre grazie al solito Luis García) non fa altro che sottolineare la provvisorietà della situazione, normale alla seconda giornata e ancora di più con tutte le big alla ricerca ancora dell’ equilibrio e del rendimento migliore.

Real Madrid stazionario. Non era questo il grande test per la squadra di Schuster, e presumibilmente non dovrebbe esserlo neppure il BATE Borisov. Tre punti acchiappati col minimo indispensabile, che in questo caso sono la bellezza di quattro gol, a causa di qualche leggerezza di troppo là dietro che ha incoraggiato oltre il dovuto il Numancia.
L’ umilissima squadra ospite aveva addirittura pensato di poter prolungare il miracolo della prima giornata col Barça, passando in vantaggio per due volte al Bernabeu, prima che la logica facesse il suo corso. Ricetta piuttosto rustica quella di Kresic: la sua squadra non solo difende tutta nella propria metacampo, ma addirittura lascia l’ avversario completamente libero di impostare ben oltre il cerchio di metacampo, senza mostrare il minimo interesse per un pressing. Passata questa immaginaria linea, il 4-5-1 diventa una specia di marmellata di nove uomini ammucchiati al limite dell’ area: il povero Gorka Brit rimane abbandonato nella metacampo avversaria, e considerato che le qualità di questa squadra non consentono di rilanciare il gioco con azioni manovrate, l’ unica possibilità offensiva resta in pratica quella di affidarsi al buon Dio e agli episodi, come si vede dalla dinamica dei tre gol (Moreno di testa su calcio d’ angolo, lasciato incredibilmente libero dalla difesa madridista; pazzesca sassata all’ incrocio di Barkero; punizione di Moreno, altro mancino caldo, con l’ ausilio della papera di Casillas).
La marmellata di Kresic comunque non resiste alla forza d’ urto del Real Madrid, che risolve la pratica nel primo tempo, forzando con un leggero colpo d’ acceleratore quegli errori insiti nella modesta qualità individuale dei difensori soriani, in particolare Cisma, colpevole sul 2-2 di Higuaín (che risponde sempre presente quando chiamato in causa, stavolta al posto di Raúl non nelle migliori condizioni) quando non scala in tempo e ridicolo nell’ autogol del 4-2. In mezzo c’è la perla di Van der Vaart, non molto presente nella manovra durante la serata ma eccezionale nel sorprendere Juan Pablo da posizione defilata.
Il Real Madrid considera chiuso qui il suo compito, e si consegna a un secondo tempo discutibilissimo, nel quale allenta la tensione, perde il controllo saldo del centrocampo (poi recuperato con l’ ingresso di De la Red per Van der Vaart) e incoraggia un Numancia che dopo il 4-3 ci crede e passa al 4-2-3-1 aggiungendo Álvaro Antón sulla trequarti. Non creano nulla di rilevante gli ospiti, non hanno la qualità (e con Brit là davanti mi sa che sarà difficile salvarsi), ma oltre all’ atteggiamento sufficiente del Real Madrid non ha convinto la latente incertezza della coppia Pepe-Metzelder. Allo scadere del recupero, un traversone di Del Pino attraversa pericolosamente tutta l’ area piccola, e al fischio finale parte del Bernabeu borbotta.

Il Barça non decolla. Beffati i blaugrana, un misero punticino e mugugni che non vanno via al termine di una gara dominata, contro un Racing ultra-difensivo (in sé nulla di scandaloso, al Camp Nou giocano così tutte le squadre ospiti, persino il Manchester United), dedito all’ ostruzionismo e a un gioco violento (Hleb ringrazia Pinillos per l’ intervento che lo terrà fuori dalle due settimane al mesetto circa) votato alla rinuncia persino del minimo accenno di contropiede, eppure trovatosi a ricavare il premio del pareggio dall’ unico tiro (in porta e non) di tutta la sua partita, una punizione di Garay deviata furbescamente da un Pereira invero abbandonato in maniera molto ingenua nell’ area blaugrana (insisto sul talento del Racing, vi farò una testa come un pallone con lui: entrato in corsa, ha trasmesso una chiara sensazione di pericolo ad ogni intervento, una zanzara che infastidisce i difensori su tutti i palloni e che col minimo spazio ti può rovinare la festa; speriamo solo che Muñiz abbia imparato la lezione e non gli tolga più la titolarità, anche a costo di sacrificare il mostro sacro Munitis).
È un risultato che va particolarmente di traverso a Guardiola perché una vittoria gli avrebbe permesso di guadagnare da subito punti decisivi, rivendicando le proprie scelte coraggiose. Scelte che per quanto abbiano fatto discutere, e nonostante il risultato finale, non cessano di denotare la personalità di un tecnico che cerca le soluzioni giuste guardando al di là dei nomi. Non si è trattato infatti soltanto di riservare giocatori per la Champions (Márquez non convocato e Messi partito dalla panchina dopo gli impegni con la nazionale), ma negli innesti di Sergio Busquets e Pedro, due canterani, al posto di Yaya Touré ed Henry, si è letta una giusta e severa bocciatura del Barça imbolsito di Soria, Cracovia e del Gamper, e il tentativo deciso di tornare alle interessanti geometrie delle prime amichevoli.
L’ inserimento di Pedro è un segnale del coraggio e della capacità di analisi di Guardiola ma anche delle serie carenze della rosa blaugrana, che in attacco ha soprattutto seconde punte portate ad accentrarsi e che vede in questo canterano l’ unica vera ala in grado di aprire il campo, un aspetto fondamentale nel lavoro di creazione degli spazi (come abbiamo visto anche a Soria dove Messi e Alves chiusero ogni sbocco sulla destra accentrandosi testardamente). Ad analogo scopo ha risposto il contemporaneo utilizzo di Hleb largo nel tridente, mentre Busquets al posto di Touré è una bocciatura pesante per l’ ivoriano, la cui presenza statuaria (in senso letterale) in mezzo al campo è coincisa non a caso con le prestazioni imbolsite di cui sopra: un problema aperto questo del “pivote”, Guardiola non ha ancora trovato una soluzione in questo ruolo-chiave.
Al di là delle prestazioni individuali dei due ragazzini (Pedro non incide, Busquets invece si muove con una certa autorevolezza), è un Barça che occupa il campo in maniera più razionale (non che ci voglia molto) in entrambe le fasi rispetto all’ esordio col Numancia, anche se come al solito alla fluidità del settore destro, con Alves (che si muove in maniera più intelligente, offrendo maggiormente la sovrapposizione esterna), Xavi (migliore in campo blaugrana) e Pedro, si contrappone una fascia sinistra legata e senza profondità, problema ad oggi di improbabile soluzione (Abidal rimane una condanna purtroppo inevitabile). Il primo tempo del Barça lo si può definire corretto sul piano dei movimenti e della circolazione del pallone, ma la mancanza di ispirazione negli ultimi metri di campo (assenti un po’ di fantasia e il miglior Eto’o) permette al Racing di non correre grossi pericoli.
Più sciolti e molto più incisivi i padroni di casa nel secondo tempo, con il brillante ingresso di Iniesta (al posto di Hleb) che dà qualcosa anche alla fascia sinistra, e l’ ingresso di Messi (al posto di Keita: Pedro rimane in campo, dettaglio importante) che aggiunge ulteriore qualità, fino al rigore trasformato dall’ argentino, al termine di una serie di importanti occasioni accumulate. Ma questo non serve a chiudere la partita per un Barça che anzi denota una certa insicurezza dopo il pareggio, rischiando la frittata.

Generoso Sevilla. Partita da pazzi al Sanchez Pizjuan, l’ inizio di campionato incoraggia tutti all’ allegria, i calcoli sono ancora lontani. Lo Sporting a quanto pare sposa in pieno questa filosofia: infatti alle buone sensazioni che nel primo tempo regala l’ impianto collettivo, un 4-2-3-1 molto corto, con raddoppi puntuali e tre mezzepunte vivacissime nelle ripartenze (decisivi gli spunti di Diego Castro e Carmelo nella costruzione del primo e del secondo gol, strepitosa l’ azione di Maldonado che origina il rigore del terzo gol: in tutto questo Mate Bilic segna quasi senza volerlo una tripletta che lo porta al titolo provvisorio di Pichichi), la squadra associa ingenuità difensive davvero grossolane e sin troppo naïf per questi livelli.
La mediocrità degli elementi della retroguardia (a parte Canella, che pure ha imbarcato il suo da Jesús Navas) è sotto gli occhi di tutti: imbarazzanti i centrali Jorge e Colin (scarto di uno degli Ajax peggiori di tutti i tempi) che fanno da spettatori mentre il cross di Jesús Navas poi incornato a rete da Chevanton attraversa tutta l’ area piccola; da non credere Sastre (giocatore d’ esperienza, ricordiamolo) che lascia una voragine nella sua zona sulla rimessa da cui ha origine il gol del 2-2 di Kanouté; passivi i centrali sul terzo gol sevillista, in occasione del quale lasciano a Maresca il tempo di controllare, girarsi e tirare senza porsi nemmeno il problema di accorciare e chiudergli lo spazio (Colin se ne ricorda in ritardo, e si ritrae per paura di prendere una pallonata, mossa che il sottoscritto è solito eseguire quando gioca a calcetto con gli amici); pessima la respinta di Sergio Sánchez, direttamente sui piedi di Kanouté, sul quarto gol: già la seconda papera del portiere sportinguista, dopo quella sul calcio di punizione di Albín nell’ esordio casalingo col Getafe. Se aggiungiamo che il ricambio fra i pali sarebbe Iván “Pichu” Cuéllar, quello che ne combinò di tutti i colori in un 6-0 incassato dall’ Atlético contro il Barça, quello del portiere rischia di diventare un grave handicap per una squadra che deve darsi una bella registrata in vista del Barça.
Dall’ altra parte un Sevilla che regala sempre emozioni quando spinge sull’ acceleratore, con le sue due punte pure, gli esterni larghissimi, tanta gente che si sovrappone e si inserisce… certo però che anche là dietro bisogna fare un po’ più di attenzione. Non ha ancora convinto la linea difensiva in questo inizio di campionato: l’ ottimo canterano David Prieto ha subito una battuta d’ arresto in questa occasione, ma più che questo non hanno preso ancora il controllo della situazione i nuovi acquisti: Squillaci non trasmette ancora la sicurezza che dovrebbe, e procura un altro fallo da rigore evitabile dopo quello sul campo del Racing, mentre Konko ad oggi risulta un pesce fuor d’ acqua, debolissimo sul piano puramente difensivo e, come prevedibile, lontano anni luce dall’ incidenza che aveva Alves su quello offensivo.
Un paio di minuti di blackout che avevano addirittura causato un momentaneo passivo di due reti, poi recuperato grazie a una reazione assai veemente, guidata da due elementi su tutti, Jesús Navas e Maresca. Lo scricciolo di casa ha lasciato costantemente il segno sulla destra col suo spunto, il nostro connazionale invece è in un momento d’ oro: già dalla pretemporada, dove gli erano state assegnate con profitto le chiavi della manovra, si era notata una rinnovata considerazione nei suoi confronti, mentre sabato, partendo in coppia con Fazio “alla Poulsen” (poi arretrato in difesa con l’ ingresso di Romaric nel secondo tempo), ha avuto la licenza di inserirsi e muoversi a ridosso delle punte, risultando trascinante e decisivo.

Il Villarreal non perde le buone abitudini. Convincente vittoria del Villarreal, che può dispiegare il suo buon calcio contro un Deportivo che, al di là di un palo esterno colpito da Sergio, per tenerezza ha ricordato un po’ quello del girone d’ andata dello scorso campionato: apprezzabile l’ idea di giocarsela senza alzare barricate, ma se in attacco manchi di incisività, con Mista assente non giustificato, Guardado assente per davvero, Valerón a mezzo, anzi a un quarto di servizio, Cristian stranamente preferito a Lafita e Juan Rodríguez meravigliosamente inutile schierato da trequartista (una cosa che al massimo potevo capire ai tempi dell’ economia di guerra di Caparros), allora non ti resterebbe che affidarti a una buona copertura nella tua metacampo. Invece il Villarreal ha potuto giocare tutto sommato tranquillo, trovando gli spazi tra le linee e le combinazioni palla a terra che ama, graziando sin troppo l’ avversario, per il quale il passivo poteva essere ben maggiore.
Protagonista assoluto un Santi Cazorla in stato di grazia, in questo momento l’ unico giocatore inamovibile per Pellegrini assieme a Senna e Gonzalo, e decisamente indiscutibile anche fra i 22 per la nazionale (poi che giochi titolare o meno è tutto un altro discorso, chiaro): nettamente il più continuo e il più incisivo del rinomato parco di esterni/mezzepunte del quale dispone Pellegrini: sempre molto intelligente nel tagliare fra le linee, nello stretto scappa con estrema facilità e ha nel gioco perfettamente ambidestro un punto di forza che pochi suoi omologhi hanno (non ha bisogno di “trivellare” come Quaresma), come dimostra anche il bel gol realizzato, esemplare per completezza di repertorio e rapidità di esecuzione: perfetto aggancio a seguire col destro per liberarsi dell’ avversario nello stretto e sinistro scagliato a rete in un amen.
Da segnalare anche l’ apparizione nella ripresa di Jozy Altidore (al posto di Guille Franco): un carrarmato lo statunitense, se lo tocchi rischi di farti male, ha mostrato sprazzi di una fisicità impressionante e un’ ottima propensione a svariare e aprire varchi sul fronte offensivo, minata magari da una certa confusione nella finalizzazione delle giocate. Peccato comunque che non figuri nella lista per la Champions (questo perché fino all’ ultimo era viva l’ idea di un prestito al Racing, che non avrebbe potuto utilizzare in Uefa un giocatore iscritto alla Champions) e non possa quindi giocare domani a Old Trafford, dove il Villarreal si presenterà decisamente spuntato, considerate le assenze degli infortunati Nihat e Rossi (quest’ ultimo pronto comunque a rientrare a breve) che lasciano l’ attacco ai soli Franco e Llorente (deludente finora, il sospetto è che non sia all’ altezza dei livelli che ormai esige una piazza come il Villarreal), sicuramente gli attaccanti di minor talento.
Tatticamente, va detto che nonostante le assenze di Nihat e Rossi in quest’ inizio di stagione, Pellegrini ha confermato il 4-4-2: scelta che pare giusta, perché i movimenti delle due punte (Llorente e Guille Franco, quest’ ultimo sempre prezioso da un punto di vista strettamente tattico, nel gioco spalle alla porta e nell’ offrire l’ appoggio al portatore di palla) sembrano più funzionali alla creazione di spazi, permettendo di allungare ed allargare maggiormente le difese avversarie e ampliando di conseguenza le opportunità di manovra sulla trequarti rispetto al 4-2-3-1 poco convincente e un po’ appesantito del precampionato, anche se è molto probabile che a Manchester l’ Ingegnere riproponga il modulo ad una punta, considerate le ristrettezze offensive sopra esposte e vista anche la comprensibile esigenza di non regalare la superiorità numerica a metacampo ad un avversario superiore (ma che in compenso gli spazi fra le linee li lascia: ci sono le condizioni per una bella partita e per una buona figura da parte del Villarreal).

Valencia: lavori in corso. Gran bella partita il posticipo domenicale al “Juegos del Mediterraneo”. Il motivo dellla vigilia era “Emery contro il suo passato”, e dobbiamo dire che, almeno per quanto riguarda il primo tempo, si è notato il contrasto fra una squadra che non è più allenata da Emery ma che i concetti del suo calcio li mantiene tutti, ed una che è sì allenata da Emery ma che ancora deve decisamente consolidare una propria identità.
Eccellente il primo tempo dell’ Almería, impressionante la continuità nel gioco rispetto all’ anno scorso: Arconada ha cambiato solo la disposizione delle pedine, dal 4-3-3 al 4-2-3-1, con Juanito che gioca sulla stessa linea di Julio Álvarez (non è Felipe Melo, ma a calcio ci sa giocare) nel doble pivote e Corona più a ridosso dell’ attacco, ma l’ “anima” della squadra rimane intatta: aggressività, intensità, pressing alto, transizioni supersoniche, concezione “totale” delle due fasi del gioco, ricerca ossessiva della verticalizzazione molto più che dell’ azione elaborata (filosofia questa che si riflette nel dato del possesso-palla, sensibilmente inferiore rispetto a quello del Valencia nonostante un protagonismo offensivo decisamente superiore), “collo d’ acciaio” Negredo (che gol il suo!) che fa da riferimento offensivo e i due esterni che cercano il taglio in diagonale (Piatti esegue pari pari i movimenti di Crusat, ha più o meno la stessa velocità ed in più ha qualità nello stretto di altro livello rispetto al catalano: se quelle di domenica son le premesse, ne vedremo delle belle dal talento argentino).
Davvero va benone al Valencia il parziale di 2-1 nel primo tempo, perché quanto a gioco non c’è confronto: il Valencia fatica ad iniziare l’ azione, si muove e muove il pallone faticosamente, non c’è confronto quanto a reattività nelle transizioni con un Almería che arriva sempre prima sul pallone, rientra molto più rapidamente nelle proprie posizioni e contrattacca a valanga di fronte a un avversario che non ne regge il passo e si sfilaccia con facilità.
La fortuna del Valencia è che (esattamente come tendeva a succedere l’ anno scorso con Emery) l’ Almería, in maniera fisiologicamente comprensibile, non ce la faccia a mantenere questo ritmo anche nella ripresa, non riesca più a mantenere alta la pressione nella metacampo avversaria e progressivamente allarghi le maglie e regali tempo per pensare la giocata alle individualità superiori degli ospiti. Determinanti in tale contesto Joaquín e, manco a dirlo, Villa: l’ andaluso nel secondo tempo viene portato finalmente nella sua fascia prediletta dopo aver discutibilmente cominciato a sinistra, e trova gli spazi per incidere con le sue cavalcate palla al piede, dalle quali nascono suggerimenti preziosi come quello che origina il gol del 2-2, ennesima dimostrazione dello strapotere del Guaje, il quale sul passaggio filtrante di Joaquín guadagna la posizione da maestro muovendosi fra i due centrali (come nello stupendo gol siglato contro la Bosnia in nazionale), difende la palla e gira a rete un diagonale chirurgico.
Carte importanti per Emery, che però dovra fare a meno di Silva, operato alla caviglia, per ben tre mesi: un’ assenza straordinariamente pesante, il canario è l’ unico giocatore in rosa capace di “legare” i reparti e orientare il gioco sulla trequarti (Mata, il suo sostituto, è sostanzialmente una seconda punta: non troppo positivo l’ altra sera, così come Pablo Hernández che, al di là della traversa colpita nel primo tempo, deve mostrare ben altro piglio). Da segnalare purtroppo l’ ennesima incertezza fra i pali, stavolta del nuovo arrivo Renan, che regala la respinta dell’ 1-0 a Piatti: non vorremmo che dopo Hildebrand ne venisse subito sbranato un altro.
Nell’ Almería, seppure beffato da Villa sul gol, da segnalare sul centro-sinistra della difesa la prestazione dell’ argentino Pellerano, attento, puntuale, rapido e risoluto nei recuperi e nelle chiusure laterali, la coppia che forma con l’ altro nuovo acquisto Chico (colpevolmente blando sul gol di Alexis) ha prospettive interessanti.

Il resto. Getafe e Betis pareggiano al termine di una gara combattuta, nella quale i padroni di casa colpiscono due traverse (col solito Casquerazo dalla lunga distanza e con Albín che sbaglia un calcio di rigore) ma il Betis sviluppa una mole di gioco superiore e si vede frenato dal portiere Jacobo, che risponde al meglio ai dubbi sorti dopo gli infortuni ai due portieri argentini Ustari (fuori tutta la stagione) e Abbondanzieri (solo un paio di settimane).
Pareggi anche fra Mallorca e Osasuna in una partita equilibrata e fra Málaga e Athletic, partita a reti bianche e un po’ triste, perché i baschi non possono considerare un bel risultato un pareggio, seppure fuori casa, contro una delle squadre teoricamente destinate alla retrocessione (ha esordito bene però il brasiliano Pablo de Barros a centrocampo). Frenata, neppure tanto sorprendente, dell’ Atlético Madrid, che assente Heitinga torna a manifestare scompensi difensivi (pessimo Coupet sul primo gol) e non riesce a rimontare un Valladolid in dieci per grn parte del match per la doppia ammonizione a Pedro López.


CLASSIFICA

1 Espanyol 6
2 Valencia 4
3 Almería 4
4 Sevilla 4
5 Getafe 4
6 Villarreal 4
7 Atlético 3
8 R. Madrid 3
9 Numancia 3
10 Deportivo 3
11 Valladolid 3
12 Recreativo 3
13 Osasuna 2
14 Racing 2
15 Barcelona 1
16 Betis 1
17 Athletic 1
18 Mallorca 1
19 Málaga 1
20 Sporting 0

CLASSIFICA MARCATORI
Bilic (Sporting) 3 (1 rig.)
Forlán (Atlético Madrid) 2 (1 rig.)
Villa (Valencia) 2
Luis García (Espanyol) 2
Kanouté (Sevilla) 2
Negredo (Almería) 2
Moreno (Numancia) 2

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