Ibra spezza l'equilibrio.
Si muove pochissimo a livello di classifica (in questo momento della stagione, il contro-sorpasso del Barça e il vantaggio di due punti rappresentano un mero dettaglio), in cambio le sensazioni sono positive per entrambe le squadre: il Barça conferma una personalità e una qualità che gli permettono di venire a capo anche di situazioni in cui non riesce a imporre il gioco, il Madrid invece dimostra di esserci tutto come competitività in attesa di perfezionare i propri meccanismi.
Pellegrini conferma la sua formazione tipo degli ultimi tempi, il 4-4-2 asimmetrico con Marcelo esterno alto: la scelta “pesante” nell’occasione è, col ritorno di Cristiano Ronaldo dal primo minuto, la panchina di Benzema a favore di Higuaín (la supplenza di Raúl invece non fa più notizia). Guardiola invece recupera Messi ma risparmia Ibra dal primo minuto, con Henry confermato centravanti dopo l’Inter.
Il piano delle due squadre è chiarissimo fin dall’inizio: il Barça cerca come da costume di salire su ritmi controllati con azioni manovrate sin dalla difesa, il Madrid all’opposto cerca strappi violenti, verticalizzazioni repentine che colgano il Barça impreparato finalizzando l’azione prima possibile anche per evitare possibili contro-ribaltamenti. Non è un calcio di possesso, chiaro, ma non è nemmeno una difesa bassa+contropiede: l’idea è quella di pressare abbastanza alto, rubare palla possibilmente dal cerchio di centrocampo in su e ripartire veloci, non solo sfruttando la profondità senza eguali che possono dare alla transizione offensiva i Kaká e i Cristiano Ronaldo, ma portando avanti anche più giocatori in fasi di possesso un po’ più elaborate, in grado di evidenziare le difficoltà che il Barça accusa quando è costretto a difendersi ripiegando nella propria metacampo invece che aggredendo in quella avversaria.
È proprio questo che succede nella prima mezzora del primo tempo: il Barça non riesce a costruire un’azione pulita, non riesce a imporre il suo gioco, e anzi soffre le imboscate merengues. Guardiola propone le solite varianti all’interno del 4-3-3, cercando in particolare la superiorità tra le linee: un attacco che non dà punti di riferimento, Henry non staziona sempre al centro, e anzi dopo pochi minuti scambia la propria posizione a turno con Messi e Iniesta, che nella posizione di falso centravanti possono innescare dubbi nel sistema difensivo avversario (se vanno a prenderli i difensori centrali, lasciano alle loro spalle uno spazio invitante per i tagli o gli inserimenti, se invece i difensori non escono al Barça rimane un giocatore fra le linee e la superiorità numerica a centrocampo). Giusta intenzione, perché la possibilità di creare questa superiorità esiste, ma l’applicazione lascia a desiderare.
Il Real Madrid ha il merito infatti di accorciare alla perfezione con la linea difensiva, sempre molto vicina alla mediana, inibendo così Messi e Iniesta. Non solo, col Barça che non riesce a distendersi, ogni pallone recuperato dal Madrid è un potenziale contrattacco: con un baricentro medio-alto rientra in possesso del pallone quasi sempre lontano dalla propria area, e può rilanciare subito. A questo si aggiunge una qualità di palleggio fra le pochissime in grado di superare in uscita il pressing del Barça, tremendamente intenso nelle prime due linee, ma esposto a rischi considerevoli una volta che le mezzeali vengono tagliate fuori e l’avversario supera la metacampo.
Costretto così a a correre guardando verso la propria porta, il Barça soffre parecchio, affidandosi più alle capacità di recupero e alle letture di Piqué e Puyol in chiusura piuttosto che a ripiegamenti ordinati. Il Real Madrid, con Kaká alle spalle di Busquets e Cristiano Ronaldo e Higuaín a lanciarsi negli spazi, ha molta più profondità d’azione del Barça in questa fase, arrivando pure vicinissimo al gol quando al 19’ Ronaldo, smarcato in area da una percussione di Kaká, si vede neutralizzare il suo diagonale da Valdés. Altro brivido per il Camp Nou al 25’, quando ancora Kaká libera Marcelo, ma al momento della conclusione il brasiliano viene stoppato dal primo grandioso intervento scivolato della serata di Puyol.
Tre giocatori velocissimi pronti a rilanciare l’azione d’attacco nelle file madridiste, ma poiché il calcio generalmente è un gioco a somma zero, ciò significa che la ricerca della superiorità in questa zona voluta da Pellegrini implica al tempo stesso una potenziale inferiorità in qualche altra parte del campo. In particolare, la “zona sensibile” dello schieramento madridista è la fascia destra: questo 4-4-2 ibrido, un po’ rombo e un po’ no, lascia Kaká libero sulla trequarti e piazza Lassana Diarra sul centro-destra. L’unico uomo di fascia autentico è perciò Sergio Ramos. Se da un lato Marcelo raddoppia Arbeloa, dall’altro Pellegrini si gioca l’asimmetria, confermando una scelta maturata già nelle ultime partite, perché desidera mantenere Kaká nella posizione prediletta, perché Lass è il centrocampista con più corsa (quindi più capace di correggere individualmente quest’asimmetria) e anche perché è il lato meno pericoloso del Barça, ospitando giocatori validi ma lineari come Abidal e Keita.
Sarebbe questa la chiave d’accesso alla partita per il Barça. Lì i blaugrana non solo possono creare la superiorità numerica contro Ramos attraverso le sovrapposizioni, ma possono in generale smuovere tutto il sistema difensivo madridista creando i presupposti per controllare tempi e spazi del gioco. Muovere palla rapidamente verso sinistra obbliga infatti Lass a spostarsi in aiuto a Ramos, ma siccome i giocatori sono sempre undici lo spostamento di Lass apre un altro spiraglio in zona centrale, dove finalmente Iniesta o Messi possono avere le giocate tra le linee desiderate da Guardiola. Una volta che riesci a trovare questi due passaggi, obblighi il tuo avversario prima ad allargarsi e poi inevitabilmente ad abbassare il suo baricentro, costringendolo a recuperare palla più lontano dalla tua porta.
Il problema del Barça nella fase in cui soffre risiede proprio in una gestione poco avveduta del possesso-palla. Si cerca sì il passaggio verso l’uomo tra le linee o in profondità, ma lo si cerca con eccessivo anticipo, senza aprire prima verso sinistra e quindi costringendo Messi e Iniesta a giocate forzatissime con la difesa madridista subito pronta ad accorciare verso il centrocampo chiudendo tutti gli spazi.
Solo nell’ultimo quarto d’ora i blaugrana acquistano più razionalità: senza essere particolarmente pericolosi, però la ricerca più costante di questi passaggi d’apertura a sinistra, e una maggior presenza da parte di Iniesta nella gestione della palla in quella zona fa guadagnare metri e sicurezza difensiva al Barça: inducendo il Madrid a rinculare, aumentano i metri fra il trio Kaká-Cristiano-Higuaín e il resto della squadra. Le sortite offensive madridiste perciò si diradano e la continuità di gioco scema: i merengues non possono più fare la partita come prima.
Ad inizio ripresa i padroni di casa ribadiscono di aver assimilato la lezione del primo tempo: muovere la palla da un lato all’altro, senza precipitarsi ma con una velocità di circolazione sostenuta, per non dar tempo al Madrid di coprire in ampiezza e aprire così in un secondo momento i varchi per verticalizzare centralmente.
Predominio territoriale blaugrana ora, che Guardiola vuole concretizzare con più peso in attacco: Ibrahimovic al posto di Henry non offre la stessa mobilità, ma sicuramente garantisce più presenza negli ultimi metri oltre a una maggior capacità spalle alla porta, che depotenzia così il gioco d’anticipo effettuato con tanta precisione nel primo tempo dalla difesa madridista e permette di guadagnare altro tempo e altri metri alla transizione offensiva culé.
Sarà decisivo quasi subito lo svedese, ma prima ancora, al 52’ bisogna registrare una ghiotta occasione per il Madrid, quando sugli sviluppi di un calcio d’angolo per il Barça un contropiede libera nell’area blaugrana Higuaín, bravissimo a mandare a vuoto Abidal rientrando sul destro ma fermato proprio al momento di concludere da un magnifico recupero in scivolata di Puyol.
Gol mancato/gol subito, al 55’ il Barça recupera nella propria trequarti, ribalta rapidamente con Piqué, Alves ha campo sulla destra, cross tagliato perfettamente e inserimento coi tempi giusti di Ibrahimovic, in posizione probabilmente regolare e lasciato solo da Sergio Ramos (che doveva chiudere in diagonale nel momento in cui Pepé si occupava di Piqué aggiuntosi all'attacco).
Trovato il vantaggio il Barça ha dalla sua il fattore psicologico che gli consente una gestione ancora più tranquilla del pallone: sempre passaggi da un lato all’altro, ma con appoggi ancora più corti, con Iniesta e Messi che retrocedono per venire incontro al portatore, congelare il gioco e far spazientire e perdere la concentrazione agli avversari ora comprensibilmente ansiosi. La strategia di cottura a fuoco lento del Madrid però viene prontamente sabotata da un imprevisto, la mano di Busquets che ferma un accenno di contropiede merengue e frutta il secondo cartellino giallo.
La partita cambia per forza, il Real Madrid ha il controllo del gioco (al 65’ un colpo di testa Cristiano Ronaldo su cross di Marcelo finisce alto sopra la traversa) e il Barça deve rispondere di conseguenza. Come reagisce Pep Guardiola all’inferiorità numerica? Inserendo un centrocampista difensivo, Yaya Touré, ma non al posto di un attaccante o di Xavi, bensì al posto del centrocampista più difensivo già presente in campo, Keita. Mossa sacrosanta: per una questione di equilibrio il Barça non può arroccarsi staticamente nella propria metacampo, sarebbe morte sicura, per cui restano vitali i giocatori come Xavi, Iniesta e Messi capaci di permettere un’uscita sicura palla al piede e qualche secondo prezioso per respirare e, perché no, fare male all’avversario se del caso. Il riassetto della squadra lascia perciò immutato il triangolo di centrocampo, retrocedendo Iniesta e spostando Messi largo a sinistra per intimidire anche Sergio Ramos (ad Arbeloa sull’altra fascia può essere invece lasciato campo). Contemporaneamente, anche Pellegrini muove la panchina con un cambio che non mancherà di far discutere ma che dovrebbe trovare le sue motivazioni nella condizione ancora non ottimale di Cristiano Ronaldo, senza i 90 minuti nelle gambe e per questo sostituito da Benzema.
Che il Barça non sappia adattarsi a una partita di sola difesa lo dimostra al 69’ il colpo di testa di poco a lato di Piqué su una punizione di Xavi dalla trequarti, seguito nello stesso minuto da una semi-occasione madridista, stroncata soltanto dal solito ordinario tackle monumentale di Puyol che respinge la conclusione a botta sicura di Benzema smarcato in area da un’iniziativa di Kaká nei pressi della linea di fondo. Tentativi da una metacampo all’altra, gioco scorrevole e divertente.
Al 73’ Raúl per Arbeloa, altro cambio logico: posto che il Real Madrid deve soltanto attaccare, Arbeloa non serve più, meglio retrocedere Marcelo; la presenza di Raúl invece, se non avrebbe avuto nessun senso nel primo tempo quando il Madrid cercava un altro tipo di azione offensiva, veloce e subito profonda, ha senso ora che l'inferiorità numerica blaugrana disegna una partita tutta di presidio madridista nella metacampo avversaria, nella quale perciò la capacità di inserimento in area di rigore del Capitano può avere la sua importanza (senza dimenticare più in generale il feeling tradizionale del “Siete” con il Clásico).
L’attesa occupazione madridista della metacampo culé però non avviene, e anzi va detto che il Madrid che aveva impressionato favorevolmente in condizioni di parità nel primo tempo, una volta in superiorità numerica delude. Come in troppe altre occasioni a difesa avversaria schierata, c’è poco ordine e fluidità, e si moltiplicano i tentativi individuali infruttuosi. Forse l’ingresso di un palleggiatore come Granero al posto di un attaccante (Higuaín) avrebbe potuto permettere trame più fitte ed elaborate, ideali per sfruttare la superiorità numerica pescando con calma l’uomo libero di volta in volta invece che ammassando attaccanti nell’area avversaria, fatto sta che sullo schermo appare verso la fine una grafica che recita “Barcelona-possesso palla-64%”, il che a molti minuti dall’espulsione di Busquets è indicativo di come i padroni di casa siano riusciti a gestire con relativa e imprevedibile tranquillità l’inferiorità numerica, poggiando sulla capacità di fare reparto di Ibrahimovic, sulle percussioni di Messi utilissime per guadagnare falli preziosi e sul “freezer” Iniesta.
Inferiorità che non ha impedito ad esempio ad Abidal di sfiorare il gol al 74’ con un sinistro a fil di palo al termine di un’azione tutta manovrata sin dalle retrovie, e allo stesso modo non ha tolto a Messi lo sfizio del gol del 2-0 divorato all’ 88’, a tu per tu con Casillas grazie a un geniale passaggio filtrante di Alves che dalla destra prende in controtempo Pepe. A partita già decisa, il secondo giallo per Lassana Diarra all’89’ ha un valore soltanto statistico.
BARCELONA (4-3-3)
Valdés: Poco impegnato (ma non certo perché il Madrid non abbia attaccato…), la zampina provvidenziale la mette comunque quando si trova solo contro né più né meno che il Pallone d’Oro in carica. C’è poco da fare: questo portiere non gode di grande stampa, talvolta commette sbavature, ma nelle partite-clou (finale Champions 2006, Stamford Bridge l’anno scorso in coabitazione con Ovrebo) risulta non di rado decisivo. In più sbriga con sicurezza l’ordinaria amministrazione, la gestione dell’area piccola e anche le uscite basse, sua specialità. Voto: 7.
Daniel Alves: Nel primo tempo il Barça che non si scioglie non scioglie nemmeno lui. In fase offensiva può distendersi giusto per un paio di cross sbilenchi nei primi minuti, poi il Real Madrid corto e stretto e lo scarso sfruttamento delle fasce da parte blaugrana lo ammutoliscono. Ha comunque il merito di mantenersi mentalmente sempre in partita, particolarmente attento anche in fase difensiva nelle chiusure diagonali e negli uno contro uno (Cristiano Ronaldo prova a farlo secco con uno di quei suoi arresti e cambi di direzione lanciandosi col tacco, ma lui non ci casca). Nella ripresa serve a Ibrahimovic il gol-partita, e gioca in un crescendo di iniziative offensive, con spazi per contrattaccare e invenzioni niente male (vedi l’assist per Messi a fine partita). Voto: 6,5.
Piqué: Solita prestazione di notevole spessore. Si fa saltare da Kaká sull’occasionissima per Cristiano Ronaldo, ma per il resto è perfetto, come personalità, come lettura delle situazioni e come tecnica, difensiva e non solo. Gioca sempre vicino a Puyol, entrambi pronti alla copertura reciproca, puntuale e pulito anche nelle chiusure laterali quando il Madrid contrattacca negli spazi alle spalle di Alves. In certi momenti fa impressione vederlo a chilometri di distanza da Valdés andare deciso all’entrata su giocatori lanciati nettamente più veloci di lui, di fronte ai quali però esce quasi sempre vincitore. Poi c’è l’altra metà del ricchissimo bilancio, ovvero quello che fa col pallone tra i piedi: è lui ad avviare l’azione del gol rubando palla, ribaltando e prendendo d’infilata lo schieramento madridista. Voto: 7.
Puyol: Una cosa dell’altro mondo. Per caratteristiche, è un giocatore portato ad esaltarsi in maniera proporzionale all’importanza della partita. La sente come nessuno questa partita (o meglio, solo come Raúl dall’altra parte), e la azzanna senza pietà. Iperconcentrato, non sbaglia un movimento che sia uno, in più ci mette il dettaglio del fuoriclasse, quei tre-recuperi-tre da kamikaze che sventano altrettante conclusioni a botta sicura madridiste. Puro Puyol. Voto: 8.
Abidal: Rimane basso come terzo difensore quando il Barça inizia l’azione con due attaccanti madridisti a pressare. Prudente, si aggiunge all’attacco solo ad azione molto avanzata quando lo richiedono i movimenti di Iniesta, Keita o Henry, sfiorando pure il gol in una sortita a sorpresa nel secondo tempo. Attento in copertura a collaborare con Puyol e Piqué, le sue leve lunghe fanno sempre comodo quando si deve trattare con bestie come Kaká e Cristiano. Voto: 6,5.
Xavi: Sottotono, è un giocatore che ha come limite principale la dipendenza quasi assoluta dai movimenti di tutta la squadra. Siccome il Barça nel primo tempo non riesce a dare continuità alla manovra attraverso i movimenti di Messi e Iniesta (come era stato invece mercoledì, quando Iniesta gli aveva aperto la strada), lui non fa nulla per venirne a capo, subendo eccessivamente la partita. Solo quando nel secondo tempo Ibra, Iniesta e Messi distendono più in avanti la squadra, lui affaccia la testolina. Troppo poco. Voto: 5,5.
Busquets: Strana gara. Tantissima presenza, molta quantità, anche alcune giocate preziose, ma anche imprecisioni e manifestazioni d’inesperienza in una zona del campo in cui queste si pagano carissime. Cerca di pressare altissimo sull’uscita in palleggio del Madrid, ma qualche volta va fuori misura (o lo mandano fuori misura le doti di palleggio merengues), e una volta che parte Kaká non ha certo le doti di corsa che avrebbe invece Yaya Touré. I rischi che corre col suo gioco lo portano a forzare un cartellino giallo, e nel secondo tempo all’espulsione per un fallo di mano forse evitabile. Voto: 6.
Keita: L’intelligenza tattica lo induce a cercare spazio allargandosi, ma il Barça del primo tempo non ci sente da quell’orecchio e lo costringe così a una partita disciplinata ma di nulla incisività. Comincia a entrare nel vivo quando la palla gira da un lato all’altro e interagisce con Iniesta, ma l’espulsione di Busquets ne fa la vittima sacrificale di Guardiola. Voto: 6. (dal 65’ Yaya Touré: Efficace apporto atletico e tattico come rimpiazzo davanti alla difesa. Voto: 6).
Messi: Partita difficile, poco brillante ma con momenti efficaci. Nel primo tempo fa più fatica rispetto a Iniesta a trovare la posizione giusta, ad adattarsi ad una partita di ordinaria amministrazione del pallone e degli spazi che comunque sul piano collettivo può far sempre comodo. Quando parte largo a destra Arbeloa e il raddoppio di Marcelo gli impediscono di girarsi, quando cerca spazio al centro, tra le linee, il Madrid accorcia e lo spinge ad azzardare giocate individuali poco funzionali. Nella ripresa si trova meglio, comunica di più col centrocampo e aiuta il possesso-palla, in dieci contro undici invece le sue zingarate dalla fascia sinistra permettono di guadagnare falli e secondi preziosi. Voto: 6.
Henry: Non entra mai in partita. Parte al centro, poi si sposta a sinistra, poi torna al centro, ma il risultato non cambia: non ha più il passo degli anni migliori, e così ogni volta che cerca la profondità lo dominano ora Pepe ora Ramos. Nonostante la mobilità non ha poi nelle corde nemmeno il gioco da punto di riferimento che può fare Ibrahimovic al centro dell’attacco. La differenza con lo svedese si nota subito. Voto: 5,5. (Dal 50’ Ibrahimovic: Importante non solo per il gol. Il suo ingresso offre al Barça un punto d’appoggio in più a partire dal quale organizzare la propria manovra. In inferiorità numerica poi è bravo a proporsi allargandosi per offrire il passaggio sicuro in uscita, maestro nel temporeggiare e proteggere la sfera dando tempo ai compagni di salire. Ogni pallone a lui è qualche metro guadagnato. Voto: 7.).
Iniesta: Anche lui in apnea nella prima mezzora, quando in diversi momenti arriva a coprire tutte e tre le posizioni del tridente, poi ne esce diventando una pedina importante. Non è certo l’uomo-partita come contro l’Inter, però è il giocatore sul quale il Barça riposa per schiarirsi le idee e ritrovare i tempi e le misure giuste. Comincia a ritrovarsi fra fine primo tempo e inizio ripresa partendo largo a sinistra e propiziando combinazioni più continue, poi con l’inferiorità numerica si disimpegna benissimo da mezzala, portando su una gran quantità (e soprattutto una gran qualità) di palloni. Voto: 6,5.
REAL MADRID (4-4-2)
Casillas: Senza particolari responsabilità sul gol, impegnato solo da Messi nel finale per il resto (ed è metà merito suo metà demerito di Messi). Voto: 6.
Sergio Ramos: Partita completa, anche se con la macchia decisiva della mancata diagonale sul gol di Ibrahimovic. Per il resto fa le cose a modo: segue l’uomo quando deve seguire l’uomo, segue il pallone quando deve seguire il pallone, copre lo spazio quando deve coprire lo spazio. Questo moltiplicato per le strepitose doti atletiche fa sì che praticamente nessuno passi dalle sue parti, cosa non facile visto che lo schieramento madridista era suscettibile di condurlo all’inferiorità numerica nella sua zona. Piacevolmente ordinato anche in fase offensiva, senza strafare, senza conduzioni di palla prolisse, ma arrivando in corsa coi tempi giusti e limitandosi ai tocchi essenziali. Voto: 6,5.
Pepe: Grande prestazione, specie nel primo tempo. Autoritario e dominante come nelle sue migliori versioni, anche lui con maggior intelligenza tattica rispetto al solito. Tiene la linea difensiva alta assieme ad Albiol, accorcia e anticipa a dovere e poi, nelle rare occasioni in cui il Barça riesce a far filtrare palloni alle spalle della difesa merengue, ridicolizza Henry in allungo. Voto: 7.
Albiol: Meno appariscente ma anche lui senza alcuna sbavatura, preciso nell’interpretare la strategia difensiva, nel togliere spazi, veloce e ben piazzato come da consuetudine, il più regolare dei difensori madridisti finora. Emergono però tutte le sue lacune nell’impostazione del gioco quando viene pressato e la butta via, soffre molto di più da quanto punto di vista rispetto ai compagni di reparto. Voto: 6,5.
Arbeloa: Difensivamente è una garanzia, replica la partita su Messi che fece al Liverpool nell’ottavo d’andata della Champions 2007, non facendolo girare mai, almeno finchè Leo si muove dalle sue parti. Quando poi si tratta di coprire soltanto la zona, mantiene sempre le distanze giuste e la concentrazione. Quando la superiorità numerica richiede invece maggiore propensione offensiva, lascia giustamente il campo. Voto: 6,5. (dal 73’ Raúl: Poco tempo a disposizione, aspetta la palla giusta. Che non arriva. Voto: s.v..)
Kaká: Solo teoricamente esterno destro, ripiega da quelle parti due-tre volte in tutti i novanta minuti. Gioca un ruolo rilevantissimo nel primo tempo, perché quando il Madrid esce con facilità dal pressing blaugrana è lui a guidare quasi tutte le transizioni offensive madridiste, col suo cambio di passo. Ispira le due situazioni più pericolose del primo tempo, poi quando il Barça guadagna campo anche lui perde un po’ contatto con la partita. L’espulsione di Busquets vede un Madrid più confuso nei suoi attacchi, e un Ricardo più individualista ed estemporaneo, per necessità più che per inclinazione personale. Gli manca quello spunto che lascia il segno “made in Kaká”. È un discorso esteso un po’ a tutta questa sua avventura spagnola: molto presente nella manovra, spesso con un apporto positivo, ma non ti viene mai da dire “è stata la partita di Kaká”. Voto: 6,5.
Lass: Si deve sdoppiare fra la collaborazione con Xabi Alonso al centro e il raddoppio sulla destra e la copertura a Sergio Ramos quando questi avanza. Ha fiato e doti di corsa impressionanti, quindi può farlo, mettendo le sue buone pezze. Quando il Barça si infrange al centro nel primo tempo lui vince praticamente tutti i duelli e ripulisce una gran quantità di palloni, quando invece il Barça comincia a gestire meglio il pallone e ad accerchiarlo con le triangolazioni soffre di più, naturalmente per un discorso collettivo che esula dalla sua soddisfacente prestazione. Voto: 6,5.
Xabi Alonso: Gran punto di riferimento nel primo tempo, quarantacinque minuti poco appariscenti ma di notevole sostanza e intelligenza. Se Lass fa il mastino a briglia sciolta, lui presidia lo spazio strategico davanti alla difesa con un’interpretazione tatticamente perfetta. Non soffre mai il Real Madrid in quella zona, e in più Xabi è decisivo per rilanciare il gioco eludendo il pressing alto del Barça. Fa girare la squadra… finchè la squadra gira, poi il Madrid perde compattezza e Xabi Alonso cala, non raccapezzandosi neanche quando la sua squadra va in superiorità numerica ma attacca ormai troppo a sprazzi. Voto: 6,5.
Marcelo: Ordinato in fase di non possesso, aiuta sia Arbeloa che Xabi Alonso, dà una buona mano anche nel rilanciare l’azione grazie alla sicurezza di cui fa sempre sfoggio palla al piede, ma perde l’attimo o ha il tocco di troppo quando occorre finalizzare le giocate. Voto: 6.
Higuaín: Delusione, e siamo al cinquecentesimo big-match toppato. Quando il Madrid gioca bene lui resta comunque alla periferia delle transizioni offensive costruite sull’asse Xabi Alonso-Kaká-Cristiano Ronaldo. Non collabora, non partecipa, l’unico graffio è il contropiede nel secondo tempo, ma Puyol gli spezza gli artigli per tempo. Voto: 5,5.
Cristiano Ronaldo: Si sposta nella zona alle spalle di Alves quando il Madrid ha la verticalizzazione facile nel primo tempo, si muove con una certa intelligenza, dando continuità agli sforzi di Kaká, però non fa la differenza negli uno contro uno e nelle conclusioni, con una gran palla-gol sulla coscienza. Anche lui perde protagonismo quando il Barça taglia il filo del gioco madridista. Voto: 6. (dal 65’ Benzema: Prova ad avvolgere la difesa blaugrana con i suoi classici movimenti soprattutto verso le fasce, un paio di volte va via, tenta la conclusione ma mancano la precisione e anche i riflessi, quelli che forse avrebbero sfoderato Raúl e Higuaín quando su un calcio d’angolo la palla rotola sottorete proprio dalle sue parti. Voto: 5,5.).
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