lunedì, marzo 14, 2011

Barça+Kanouté+Sánchez Pizjuan=grande partita.

Non sarà stata proprio come quell’impresa della Liga 2006-2007, quando il Sevilla in 10 rimontò e vinse il Barça di Rijkaard allora avviato verso la propria crisi, però si può dire che ieri il Sánchez Pizjuan è tornato a vedere grande calcio. Non un monologo blaugrana, finalmente (o perlomeno quello è stato limitato al primo tempo), ma due squadre in campo, e 90 minuti combattuti, intensi, di buon spessore, e aperti a qualsiasi risultato. L’1-1 finale è giusto, e riduce a +5 il vantaggio del Barça sul Real Madrid. Sarà cruciale prima dello scontro diretto del Bernabeu la prossima trasferta del Barça a Vila-Real, che determinerà il margine con cui i blaugrana potranno affrontare il Clásico di ritorno.

Monologo blaugrana solo nel primo tempo, dicevamo. Un dominio comunque ferreo che avrebbe potuto portare a una chiusura dei conti con largo anticipo. Non ha funzionato l’idea di Manzano, che per ostacolare la manovra culè ha giocato con una sola punta (Negredo, nella settimana in cui Luis Fabiano saluta tutti per tornare in Brasile) e piazzato una barriera di tre centrocampisti centrali a protezione della difesa: i due acquisti invernali Medel e Rakitić (buoni giocatori, ma a mio avviso non i più indicati per il centrocampo sevillista) più Zokora, con la novità dell’inversione degli esterni: Diego Capel a sinistra e Navas a destra. Una mossa poco abituale, che toglie a Navas la possibilità di portare palla sul lato preferito, azione che in tempi di vacche magre rappresenta una delle poche soluzioni offensive di questa squadra.

Ma se Navas non riparte il problema non è la fascia di competenza. Il problema è il possesso-palla del Barça. Come detto per la sfida di Champions con l’Arsenal a proposito di Nasri, anche Navas si converte in un secondo terzino e la transizione offensiva del Sevilla, schiacciato tutto al limite della propria area, viene stroncata sul nascere.

Il trivote di Manzano in mezzo al campo non funziona perché se anche tu cerchi la parità numerica con Xavi-Busquets-Iniesta, il Barça la fa girare e ti stana con l’uomo libero: Piqué (tornato disponibile) che porta palla dalla difesa, Messi falso centravanti, Iniesta che si defila leggermente a sinistra e trova spazio per le sue percussioni. Adriano confermato titolare tiene basso Capel a destra, idem Alves (che taglia senza palla come un attaccante) con Navas. Il Barça trova le sue linee di passaggio, la profondità e di conseguenza anche il gol. Con l’uscita di Pedro perde un po’ di mordente nei movimenti offensivi, anche se è proprio il subentrato Bojan a siglare il vantaggio.

La partita cambia nella ripresa, grazie a uno scossone prima psicologico e poi tecnico: il gol del pareggio di Navas nasce da una palla persa a metacampo (Busquets affretta l’uscita in pressing, suo errore “storico”, costringe Piqué a uscire a sua volta sulla trequarti e così a catena si crea lo spazio per il Sevilla), e disorienta il Barça, aprendo lo scenario desiderato dal Sevilla: gara nervosa, spezzettata, pressione del pubblico del Sánchez Pizjuan.

Ciò non basterebbe però se il Sevilla non avesse anche un argomento tecnico per rafforzare il proprio discorso. Questo argomento non è altri che Frederic Kanouté, indispensabile anche in età da pensione. Con l’ingresso del maliano al posto di Zokora il Sevilla guadagna un punto d’appoggio in fase di rilancio, e l’inconfondibile maestria di Kanouté nel proteggere palla e dare i tempi giusti consente ai padroni di casa di uscire dalla metacampo, prolungare le azioni attivando finalmente gli esterni (entra anche Perotti al posto di Capel, e Navas torna a destra) e costringendo il Barça a ripiegare correndo verso la propria porta, situazione che detesta. Questo contesto genera l’occasionissima di Navas: pase de la muerte di Perotti dalla sinistra, Jesusito a botta sicura, Valdés decisivo (e sono già un po’ di volte in carriera) con la respinta di piede.

Il Sevilla però spende parecchio e nel finale cede di nuovo metri e predominio al Barça, vicinissimo al gol in due occasioni con Iniest, prima un tiro da fuori sulla traversa, poi nel recupero una conclusione che andrebbe in rete se non fosse per il salvataggio sulla linea di Medel.

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mercoledì, marzo 09, 2011

Stessa storia.

Alla fine ha vinto la squadra migliore. Ha voglia Wenger a lamentarsi dell’arbitro, ma potrebbe pure guardare alle responsabilità proprie, evidenti pensando a un Arsenal non immaturo come vorrebbe il luogo comune che da sempre accompagna i Gunners, ma più semplicemente inferiore. In novanta minuti, anche prima dell’espulsione di Van Persie, nemmeno un tiro, non solo in porta, ma anche fuori dallo specchio.

Poca, pochissima cosa, e demerito del Barcelona aver rischiato di regalare in ben due occasioni la qualificazione a un avversario inesistente, prima con l’autogol di Busquets, poi con il folle errore in disimpegno di Adriano che negli ultimi minuti avvia un contropiede che Bendtner concluderebbe a botta sicura se non fosse per un primo controllo da denuncia e per il coraggioso recupero di un eccellente Mascherano. Autolesionismo degli uomini di Guardiola, nettamente superiori eppure non particolarmente brillanti.

Sorpresa nelle formazioni, col recupero inaspettato di Van Persie e la scelta di Rosicky come esterno destro (opzione che non avevamo considerato nel pre-partita con Ecos del Balón). L’assetto rimane quello dell’andata 4-2-3-1: snobbato Denilson, gioca Diaby accanto a Wilshere, e Cesc trequartista come sempre, pronto a pressare sulla stessa linea dell’attaccante o a ripiegare in aiuto al centrocampo a seconda delle circostanze. Dall’altra parte Guardiola sorprende solo con Adriano preferito a Maxwell, perché l’arretramento in difesa di Busquets era ampiamente annunciato.

Primo tempo un po’ bloccato, perché se è vero che il controllo è chiaramente del Barça sin dal primo minuto, a questo non corrisponde una grande produzione offensiva. È un Barça prudente, per quanto ciò possa sembrare contraddittorio per una squadra che occupa in massa la metacampo avversaria.

Non si ripete la verticale Messi-Villa che all’andata aveva fruttato parecchie occasioni. Villa è ancora fisso al centro con Messi a ridosso, e a sinistra c’è sempre un solo vero esterno (però è Adriano, caratteristiche diverse: Maxwell è buono ad appoggiare e a sovrapporsi coi tempi giusti se ha un compagno davanti che gli crea spazi, ma da solo dà troppa poca profondità. L’ex Sevilla invece ha un altro passo e un’attitudine più aggressiva), ma stavolta non ci sono gli spazi per far filtrare i passaggi. Stavolta l’Arsenal non soffre alle spalle di Wilshere e non regala gioco tra le linee. C’è però un’altra controindicazione: la difesa inglese accorcia bene verso il centrocampo, ma resta altissima ed è costretta a giocarsi il fuorigioco.

È qui che si fa prudente il Barça: cercare il passaggio verticale subito, frontalmente, vorrebbe dire correre il rischio di un Arsenal che recupera ed è già pronto nelle sue posizioni per ripartire in contropiede. Se non brilla, il Barça ha almeno il merito di evitare accuratamente questo rischio: Messi e Iniesta non possono smarcarsi fra le linee, allora si allargano leggermente (il primo a destra, il secondo a sinistra) per assicurare al massimo i passaggi. Serie di scambi orizzontali fino a che non si intravede la possibilità del lancio in diagonale per l’inserimento di Alves alle spalle della difesa dell’Arsenal. Questa è una carta che i padroni di casa giocano spessissimo, perché se la difesa dell’Arsenal salendo parecchio mette in fuorigioco i tre attaccanti, il compito risulta molto più difficile con uno come Alves che parte da dietro.

Il Barça con questo movimento non crea occasioni (soltanto un rigore di Diaby su Messi non visto dall’arbitro), ma condiziona la transizione offensiva dell’Arsenal fino a cancellarla del tutto. L’unico modo in cui perde palla il Barça è infatti vicino al fallo laterale, in una zona molto avanzata, con Nasri che per ripiegare su Alves corre verso la propria porta fino a restare alla stessa altezza di Clichy (e lo stesso avviene dall’altra parte con Rosicky su Adriano, anche se il Barça cerca meno quella fascia).Quando l’Arsenal recupera la palla in quella zona, deve trovare il tempo di girarsi (perché stava correndo verso la propria porta), riprendere le posizioni offensive, cercare un appoggio più avanzato dal quale ripartire… ma se Nasri recupera praticamente da secondo terzino non vede alcun compagno a distanza di chilometri, perché il ripiegamento massiccio cui è costretto l’Arsenal dirada gli appoggi oltre la linea della palla (Van Persie isolato) e fa scomparire dall’orizzonte la porta di Valdés.

Ora, se io ci ho messo cinque-sei righe per descrivere le complicate operazioni che l’Arsenal doveva effettuare per assicurarsi una transizione offensiva, immaginate quanto possa essere arduo, sul campo, riorganizzarsi in mezzo secondo contro un Barça che ha già lì gli uomini pronti per pressare e la superiorità numerica dietro la linea della palla. Wilshere tagliato fuori, Fabregas (un fantasma) ancora di più, non più di due passaggi in fila per gli uomini di Wenger.

Insomma, i blaugrana non inquietano Szczesny (anzi, Almunia, perché il polacco esce presto per un infortunio), ma hanno la meglio dal punto di vista strategico, rimangono sempre lì e la sensazione è che il gol in un modo o nell’altro debba arrivare.

Sono le individualità a fare la differenza nel recupero del primo tempo: Iniesta che ruba un pallone a Cesc al limite dell’area, va in slalom e temporeggia il giusto perché si apra il varco per Messi: il gol dell’argentino sembra a una prima occhiata avventuroso, un po’ rocambolesco, ma è un vero gioiello di tecnica, rapidità d’esecuzione, freddezza e fantasia (anche lasciando da parte la palla incollata al piede, pochi col portiere subito addosso e la sfera che sta rimbalzando hanno il sangue freddo per rinunciare al tiro immediato e pensare invece di dribblarlo con un pallonetto).

Sembra in discesa per il Barça, ma non è così: l’Arsenal non ha cattive intenzioni, per carità, ma basta un autogol di testa di Busquets (che non è disturbato da nessuno ma mette male il collo lo stesso) per gettare nel panico il Camp Nou ad inizio ripresa. Subito dopo il pareggio il Barça crea l’occasione per un nuovo vantaggio (prima verticalizzazione chiara su Villa della serata, ma bravissimo Almunia a tu per tu), ma è il secondo giallo di Van Persie a ri-indirizzare verso i padroni di casa la qualificazione: rivedendola (e riascoltandola) si sente distintamente il fischio dell’arbitro che segnala il fuorigioco, nonostante poi il diretto interessato protesti dicendo di non aver potuto sentire col rumore prodotto da tutta quella gente sugli spalti. Per quanto riguarda la norma in sé, la trovo un po’ stupida e comunque suscettibile di essere applicata con molta elasticità, ma il regolamento la prevede comunque.Non che prima l’Arsenal avesse una transizione offensiva e potesse creare qualcosa, fatto sta che in 11 contro 10 il Barça può giocare ancora più a briglia sciolta nella metacampo avversaria. Messi, Villa e Pedro avvicinano ancora di più le loro posizioni, impegnando i quattro difensori dell’Arsenal, Alves (Nasri costretto ancora a seguirlo) e Adriano passano a fare decisamente le ali, mentre un posto in più a centrocampo può essere coperto dalle avanzate di Busquets sul centro-destra (alla Piqué), ora che non ci sono più attaccanti da vigilare e potendo comunque sempre contare sulle coperture di Mascherano.

Inizia una lunga sfida fra l'FC Barcelona tutto e Manuel Almunia, che per una sera si finge un gran portiere chiudendo lo specchio negli uno contro uno e allungando le braccia come uno Schmeichel: non si contano davvero le palle gol, soprattutto quelle per Villa.Ma è ancora lo spunto di Iniesta a decidere: il manchego aveva trovato difficoltà all’andata, soprattutto per la mancanza degli spazi che preferisce; dal punto di vista tattico ieri non è andata tanto diversamente, però l’azione del secondo gol ci ricorda perché questo centrocampista è speciale: perché in un dato momento anche se gli spazi non ci sono prende palla e se li crei, da solo in dribbling fa fuori un intero reparto avversario (il centrocampo dell’Arsenal ieri come il centrocampo del Manchester United nella finale 2009), chiama fuori i difensori (Djourou scivola) e manda in porta il compagno: il passaggio di Pedro e la conclusione di Xavi sono formalità, mezzo gol se non di più è di Andrés.

A ruota segue il rigore di Koscielny su Pedro, e la trasformazione di Messi. Wenger reagisce passando a due punte, con Arshavin e Bendtner per Rosicky e Cesc, ma è ancora il Barça a fare tutto, col quasi-suicidio di Adriano e il recupero disperato di Mascherano.

Dopo quest’episodio, El Jefecito acciaccato esce fra gli applausi. Conquistato il Camp Nou, si può dire che da oggi sia lui che Adriano (errore a parte) sono a tutti gli effetti due giocatori in più nella rosa, due valori spendibili e non solo pedine da turnover. La partita di Mascherano è stata perfetta: sempre al posto giusto, chirurgico nel tackle, essenziale e preciso nei rilanci. Alla Mascherano insomma.

FOTO: guardian.co.uk; marca.com

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lunedì, marzo 07, 2011

Presentazione Barcelona-Arsenal (Podcast ECOS DEL BALÓN)

Quelli di Ecos del Balón mi avevano invitato per registrare un nuovo Podcast, incentrato tutto sulla partita di ritorno fra Barcelona e Arsenal, ma sfortunatamente problemi tecnici hanno impedito la pubblicazione. Così, è rimasta solo la conservazione fra me, Abel Rojas e David León, basata su un copione che vi vado a esporre punto per punto, in modo da comporre una sorta di analisi pre-partita che possa risultare interessante anche per voi che leggete questo blog.

La trasmissione partiva da un’analisi del primo tempo della partita d’andata (non decisivo per il risultato finale, ma dove si concentrano comunque i motivi tecnico-tattici più interessanti), e a partire dai punti deboli e punti forti evidenziati dalle due squadre arrivava a considerare le possibili soluzioni per il ritorno di domani.

Ecco il copione, e di seguito in corsivo approfondisco i vari punti. Alcuni prendono spunto da situazioni precise verificatesi nella gara d’andata, segnalate con il minuto dell’azione.


1. Presentazione. Conseguenze psicologiche del 2-1 e della finale di Carling Cup.

È importante considerare non solo l’aspetto puramente tecnico, ma come la partita d’andata e le settimane successive possano avere influito sulla psicologia delle due squadre.

La partita d’andata ha incrinato alcune certezze: quello che molti pensavano prima dell’Emirates era che trovandosi di fronte due squadre portate più o meno a giocare nella stessa maniera, dovesse per forza spuntarla semplicemente la più forte. Invece no: proprio per il fatto di possedere uno stile di gioco simile, l’Arsenal si è dimostrato capace di ripagare i blaugrana con la loro stessa moneta, evidenziando le difficoltà del Barça a difendere schierato nella sua metacampo quando di fronte ha un’altra squadra capace di palleggiare sin dalle retrovie e avanzare in blocco (cosa che non capita spesso).

In questo senso l’Arsenal ha visto il suo discorso rafforzarsi, ma le settimane successive hanno proposto nuovi dubbi sulla competitività dei Gunners, che al momento del dunque (finale di Carling Cup e possibile avvicinamento alla testa della Premier dopo la sconfitta del Manchester United a Stamford Bridge) ha ancora una volta balbettato. Perciò andrà verificata la saldezza mentale dei Gunners domani.

D’altro canto, il Barça all’Emirates ha perso quella aura di invincibilità (ma ancora di più di “ingiocabilità”) degli ultimi mesi, anche se in questi anni ha dimostrato una maggiore solidità in queste partite decisive rispetto alla squadra di Wenger.


2. Analisi dei primi 15´ dell’andata. Arsenal superiore:

- Due fatti collegati spezzano la continuità di gioco azulgrana:

· Aggressività dell’Arsenal nella propria metacampo. Palloni persi dal Barça prima della trequarti. Terzini.

L’Arsenal non pressa altissimo generalmente, aspetta che il Barça raggiunga il cerchio di centrocampo, e da lì sì si fa aggressivo, con l’obiettivo di non lasciar girare Xavi, pressato costantemente da Wilshere. Il Barça non trova la fluidità che desidera, e innesca pure un contropiede pericoloso con una palla persa da Maxwell.

· La qualità della fase di rilancio dell’Arsenal castiga un pressing alto disordinato del Barça, uomo contro uomo e a partire da un posizionamento collettivo svantaggioso.

Il fatto che non trovi la fluidità desiderata fa sì che il Barça fatichi anche a guadagnare le posizioni giuste nella metacampo avversaria per pressare non appena perde palla. Ciò rende inutili i successivi tentativi di pressing, caratterizzati da un certo disordine: il pressing alto del Barça in genere punta a disturbare direttamente l’avversario in possesso del pallone più che a intercettare le linee di passaggio. È uomo contro uomo.

Questo ha spesso un impatto sugli avversari, costretti a spazzare subito per non rischiare di perdere palla sulla propria trequarti. Una delle due mezzeali (soprattutto Xavi) accompagna altissimo Messi nel pressing sui due difensori centrali, e anche Pedro si lancia nel pressing con grande foga, talvolta abbandonando la zona di sua competenza. Il lato positivo è che aumenta sensibilmente la pressione sul portatore di palla avversario, fino a livelli talvolta insostenibili, quello negativo è che una volta superato questo primissimo pressing, se si sbagliano i tempi, l’avversario ha un’uscita facile.

L’Arsenal in questa fase si segnala per la qualità dei suoi disimpegni, che passano essenzialmente da tre giocatori: Koscielny (bravissimo nel superare la linea avversaria con un passaggio verticale), Song e Wilshere (giocatore meraviglioso per la visione di gioco e la capacità di uscire palla al piede in spazi stretti anche se pressato: in quest’ultimo aspetto è pure superiore a Fabregas), i quali eludono i tentativi di pressing del Barça e innescano Fabregas in quegli spazi intermedi lasciati sguarniti dalle uscite a vuoto dei centrocampisti del Barça.

In questo modo l’Arsenal riesce a prolungare la sua fase di possesso nella metacampo avversaria, dove il Barça soffre particolarmente se costretto a ripiegare.

Conseguenze/cause individuali durante questi primi 15’:

· Xavi sempre costretto a ricevere nella sua metacampo senza potersi girare e vedere subito il passaggio. Unica eccezione l’azione del minuto 1:50, quando Wilshere stringe troppo vicino a Song, Nasri scala e Xavi riesce a liberarsi per il passaggio sulla trequarti.

· Busquets, in grande difficoltà quando il Barça difende schierato nella sua metacampo. Riferimento: azione del minuto 5. In transizione difensiva, commette l’errore di non aspettare mai.

Busquets si segnala particolarmente in negativo: interpreta male dal punto di vista tattico la fase in cui l’Arsenal attacca la difesa schierata blaugrana (grande occasione per Van Persie smarcato da Fabregas, al termine di una lunghissima azione manovrata da un lato all’altro). Non aiuta a sufficienza terzino ed esterno di quella fascia, e poi quando l’azione si sposta in zona centrale si piazza alla stessa altezza di Xavi e Iniesta. Così, con un solo passaggio l’Arsenal supera una linea avversaria, e Van Persie può venire incontro e ricevere sulla trequarti.

· Wilshere & Koscielny, il punto debole dei gunners che permette al Barça di respirare. Azioni di riferimento: Wilshere, minuto 1:50 y 12; Koscielny, minuto 18. Koscielny concepisce soltanto l’anticipo sull’avversario che viene incontro al pallone.

Premesso che Wilshere e Koscielny sono stati due dei migliori in campo, fondamentali perchè l’Arsenal potesse giocare da pari a pari, hanno evidenziato anche alcune debolezze su cui il Barça ha fatto leva per creare ripetute occasioni anche nelle fasi in cui non aveva un completo controllo del gioco.

Di Wilshere parleremo più avanti, mentre per quanto riguarda Koscielny va sottolineato un aspetto molto curioso, addirittura bizzarro se ci si ferma all’azione del diciottesimo minuto. In questo momento Iniesta può dare il passaggio filtrante, Villa sta già scattando in profondità fra Djourou e Koscielny, ma nonostante ciò Koscielny accenna un movimento verso Xavi, che è l’uomo che potrebbe ricevere fra le linee. E questo avviene fino all’ultimo! Solo dopo che il passaggio di Iniesta è già partito Koscielny cerca di rimediare con la velocità, ma di fatto Djourou, il suo compagno al centro della difesa, non aveva alcuna copertura, e solo il cattivo controllo di Villa evita il peggio.

Questo per sottolineare come Koscielny sia ossessionato dall’idea di anticipare sulla trequarti, con i pro (ad esempio l’azione del minuto 12, davvero impressionante: capisce e intercetta un passaggio, ed esce palla al piede per rilanciare) e i contro che tutto ciò comporta (rischia tantissimo alle proprie spalle).

3. Analisi dal 15´ al 45´. Il Barcelona non impone completamente il suo gioco, ma trova comunque il modo di giocare meglio rispetto all’Arsenal:

- Due fatti collegati spezzano la continuità di gioco dell’Arsenal:

· Cambio di gioco di Xavi verso Alves, pressione del centrocampo dell’Arsenal aggirata. In campo rivale, rischio zero del Barça, passaggi sicuri, appoggi corti e un possesso prolungato per “sedare” l’Arsenal (Minuti di riferimento: 29´-35´).

· Villa e Messi fanno male ricevendo palla nello spazio fra le linee e alle spalle della difesa dell’Arsenal. Botta all’autostima della squadra di casa.

Conseguenze/cause individuali:

· Triangolo di centrocampo dell’Arsenal messo fuori gioco, senza palla soffre. Wilshere, punto debole. Azione di riferimento: Minuto 31.

Ecco il punto Wilshere. In questa fase succede che Xavi cambia un po’ la sua posizione, si abbassa per ricevere dai difensori, ma lo fa più sul centro-sinistra, allontanandosi da Wilshere. Da qui serve Alves, almeno 6-7 volte, con un cambio di gioco, libero di avanzare perchè Nasri stringe più centralmente per coprire. In questa fase, il Barça trova il modo di superare il pressing a centrocampo e stabilirsi nella metacampo avversaria. Wilshere va nel pallone. Perchè?

Perchè Wilshere si dimostra più portato per il pressing sulla mezzala avversaria. Finchè ha il riferimento per farlo, e cioè Xavi, si trova comodo in fase difensiva (parliamo dei primi 15’ analizzati prima). Quando però Xavi sparisce dal suo radar, è come se Wilshere si scollegasse dalla fase difensiva, non sapendo più che fare... resta in una posizione completamente inutile, non ha da pressare e non stringe per coprire alle spalle di Song quando l’azione lo richiede (minuto 31: il Barça passa con una triangolazione proprio in questo spazio)... poi gli costa adattarsi agli sviluppi del gioco e ripiegare per coprire lo spazio che lo separa dalla difesa. In questo modo il Barça, una volta lanciato Alves, può trovare anche Messi, pronto a ricevere fra le linee, fronte alla porta, per dare il passaggio filtrante.

In questa fase, Van Persie appoggiando il portatore di palla è l’unico a dare respiro all’Arsenal. Walcott non offre nessuna soluzione.

Van Persie agisce intelligentemente da centravanti portato più che a dare profondità a venire incontro, ricevere e permettere ai compagni di salire. Un altro giocatore su cui l’Arsenal contava per uscire dalla propria metacampo è Walcott, palla al piede, ma appare soltanto in contropiedi sporadici. L’unico contributo dell’inglese è il movimento senza palla in profondità che permette di tenere basso Maxwell e di aprire un po’ più di spazio a Van Persie per ricevere nelle zone intermedie alle spalle di Bsuquets.

· Busquets, crepa nella transizione difensiva culé. Azione di riferimento: Minuto 24.

Anche in una fase nella quale controlla, il Barça non elimina del tutto i rischi. Si segnala ancora una volta negativamente Busquets: parlavamo di contropiedi sporadici di Walcott, quello del 24’ è uno di questi. La colpa è di Busquets, che quando l’Arsenal sta uscendo dalla propria area per rilanciare non temporeggia e anzi azzarda il pressing scoprendo uno spazio enorme alle proprie spalle.

Wilshere ha già superato il primo pressing di Iniesta, ma nonostante ciò Busquets continua a correre in avanti: per Wilshere è un gioco da ragazzi eluderlo con un passaggio che lancia Walcott in una prateria generando un contropiede pericolosissimo. In più di un’occasione Busquets si mostra precipitoso, addirittura finendo a pressare più alto di Xavi e Iniesta anche quando le circostanze dell’azione non lo richiedono.


4. Cosa cercherà il Barcelona?

Il Barça ovviamente cercherà il possesso-palla, e lo avrà dalla sua, il punto è vedere come gestirà questo possesso. Se sarà particolarmente aggressivo, portato a verticalizzazioni frequenti (anche per sfruttare le imperfezioni evidenziate dall’Arsenal in queste situazioni), rischiando magari qualche sbilanciamento a palla persa, o se invece saranno fasi di possesso più prolungate, mirate a conquistare le posizioni giuste nella metacampo avversaria e scoraggiare sul nascere qualsiasi transizione offensiva dell’Arsenal. A far maturare il gol più che andarselo a prendere rabbiosamente. La consuetudine storica del Barça mi fa pensare più alla prima ipotesi.

5. Mascherano. Funzione, vantaggi e svantaggi.

La quasi certa assenza di Puyol significa quasi certa presenza di Mascherano come vertice basso del centrocampo, con l’arretramento di Busquets in difesa.

Rispetto a Busquets, Mascherano offre un’interpretazione migliore sia della transizione che della fase difensiva vera e propria. Quando il Barça perde palla, Mascherano sa distinguere meglio i momenti in cui andare subito in pressing da quelli in cui aspettare e riposizionarsi. In fase difensiva, un piazzamento quasi perfetto gli consente di vigilare lo spazio davanti alla difesa. In più, ha una propensione e una puntualità nelle coperture laterali sicuramente superiori a Busquets.

Senza Busquets a centrocampo però il Barça può perdere qualcosa in fluidità: i movimenti senza palla in appoggio, il gioco a un tocco si completano particolarmente con Xavi. Mascherano invece tende a muoversi poco davanti alla linea della palla, e quando ne entra in possesso non favorisce mai situazioni di superiorità.

6. Iniesta: vittima del cambio di posizione di Villa? Chi deve pesare di più?.

Nella presentazione della gara d’andata su Ecos del Balón avevamo parlato di come la posizione di Villa, in partenza (solo in partenza) largo a sinistra, potesse bloccare Eboue e, combinata con le sovrapposizioni di Maxwell, aprire spazio ad Iniesta, che si sa smarcare come pochi in quelle “terre di nessuno” fra terzino, esterno e centrali avversari.

La gara dell’Emirates però ha smentito tutte queste previsioni. Villa è partito centravanti, e assieme a Messi, qualche metro dietro accanto a lui, ha creato alcune occasioni chiarissime che potevano valere più di un gol, nonostante una partita per niente dominata dal Barça.

Questa verticale Messi-Villa, sfruttando la debolezza dell’asse Koscielny-Wilshere è risultata la mossa blaugrana di maggior successo, ma al tempo stesso ha un po’ ridimensionato il ruolo di Iniesta. Maxwell rimaneva l’unico vero uomo di fascia, e sia per le caratteristiche individuali del brasiliano che per il posizionamento collettivo del Barça, il sistema difensivo dell’Arsenal non si faceva trascinare granchè verso quel lato, diminuendo le possibilità per Iniesta di agire in spazi intermedi e inserirsi sulla trequarti. La partita di Andrés si è limitata più agli appoggi a Xavi e Busquets nella fase iniziale della manovra. Un Iniesta minore.

Tuttavia, non credo che si possa insistere su un dualismo fra lniesta e Villa. È Iniesta in primis che deve e può dare di più, cercandosi se possibile altri spazi dai quali incidere. Del resto, è una delle sue prerogative migliori.


7. Che cosa cercherà l’Arsenal?

L’Arsenal cercherà prima di tutto di impedire al Barça di sviluppare il suo gioco. Aspettando all’altezza del cerchio di centrocampo e pressando da lì (Xavi e Iniesta più che i difensori ). Lo ha fatto all’Emirates e lo ha fatto anche nel Messicidio della scorsa stagione al Camp Nou. Bisogna però vedere se può farlo meglio dell’andata, e cosa può fare, come vediamo nel punto successivo.

8. 2+1 (4-2-3-1 abituale) e 1+2 (4-1-4-1 del Camp Nou la scorsa stagione) a centrocampo.

La grande vulnerabilità difensiva dell’Arsenal all’andata nasce dalla difficoltà di Wilshere nel mantenere la concentrazione e nel prendere decisioni corrette quando il Barça prolungava il possesso-palla nella metacampo dell’Arsenal. L’altra vulnerabilità, strettamente collegata, nasce dal fatto che per difendere lo spazio alle spalle di Wilshere e Song l’Arsenal doveva sempre ricorrere all’uscita di un centrale dalla linea difensiva per cercare l’anticipo (vedi Koscielny), con il rischio che questo comporta, di esporre l’Arsenal alla verticalizzazione su Villa.

Cosa potrebbe fare Wenger per correggere questo scompenso? La partita dell’anno scorso fornisce un precedente che potrebbe risultare utile. Se si lasciano da parte le prodezze di Messi, si può vedere che l’Arsenal giocò con un 4-1-4-1. Potrebbe fare lo stesso quest’anno. Se all’Emirates ha giocato con un 4-2-3-1 nel quale però Cesc accompagnava spesso Van Persie nella prima linea del pressing, in questo caso si tratterebbe di rovesciare il triangolo di centrocampo. Togliere un uomo davanti per aggiungerlo a protezione della difesa, arretrando Cesc (sempre che giochi, sennò Diaby, o sennò mia nonna perchè altri sani non ne ha l’Arsenal) sulla stessa linea di Wilshere. In questo modo, una volta superato Wilshere, non sarebbe sempre obbligato a uscire dalla difesa un centrale e ci sarebbe un uomo in più a correggere gli eventuali squilibri anche di Koscielny rendendo un po’meno facili le verticalizzazioni al Barça. Questo può essere davvero un punto chiave della gara.

Data l’assenza di Song, giocherà Denilson, ancora più adattabile a questo ruolo davanti alla difesa: molto inferiore al camerunese, ma tatticamente discreto il brasiliano.

9. Assenze di Walcott e Van Persie:

- Ripercussioni.

La gara d’andata ha evidenziato una buona compatibilità fra i movimenti di Van Persie (incontro al portatore di palla) e Walcott (attacca lo spazio). Ora che i due sono assenti, l’Arsenal dovrà cercare la miglior combinazione di caratteristiche fra i possibili sostituti in modo da consentire una creazione efficace di spazi con un giocatore che possa aiutare il centrocampo a salire, e uno che minacci in profondità.

- Alternativa 1: Diaby sulla fascia e Bendtner di punta.

Bendtner è un giocatore con caratteristiche particolari: a dispetto della stazza non è una boa, ma un giocatore più portato a dettare la profondità. Sia quando parte da centravanti, con movimenti anche dal centro verso la fascia, sia quando si adatta a giocare da esterno, con i tagli dalla fascia verso il centro. Non è un giocatore su cui si possa contare in appoggio come il Van Persie dell’andata.

Diaby sulla carta offre molte possibilità: degli esterni disponibili è quello capace di coprire più campo, anche in ripiegamento su Alves, e poi di ripartire in maniera poderosa grazie al suo fisico, potendo sfruttare anche gli inserimenti. Però Diaby dipende molto dal proprio fisico, e le ultime partite dopo l’infortunio lo hanno visto piuttosto macchinoso.

- Alternativa 2: Arshavin en banda y Bendtner en punta.

Arshavin è uno dei tre giocatori più talentuosi della rosa (con Cesc e Wilshere), ma sta giocando una brutta stagione. Nonostante il gol decisivo all’andata, un suo impiego presenta molti possibili rischi. Alves potrebbe avere molto campo quando attacca, poi la stessa continuità di Arshavin nella fase di rilancio, appena recuperata palla, è tutta da verificare (molto più solido da questo punto di vista Nasri, che ha sia l’uno contro uno nei metri finali che l’appoggio ai centrocampisti nei disimpegni. Se però gioca a destra Nasri vede ridotto la sua funzione soprattutto al dribbling dalla trequarti, perchè essendo destro non ha l’angolo giusto per rientrare sul suo piede preferito, dare passaggi e contribuire a organizzare il gioco). Il russo sembra entrare in scena solo quando l’Arsenal elabora lunghe azioni sulla trequarti: allora Arshavin si dimostra l’uomo meno di fascia fra tutte le possibili opzioni, visto quanto gli piace smarcarsi in diagonale, accentrarsi e rimanere lì fin quasi a sostare sulla fascia opposta. Questa situazione si verifica però quando l’Arsenal gioca contro squadre tutte schierate sulla difensiva: al Camp Nou invece i Gunners dovranno mettere in conto molti minuti senza avere il possesso del pallone, e qui rischiano di spiccare maggiormente le carenze di Arshavin. Se però la partita si “rompe” e il russo entra a partita in corso, è uno di quelli che possono fare la differenza.

- Alternativa 3: Bendtner sulla fascia e Chamakh di punta.

Questa è la soluzione che teoricamente si avvicina di più come movimenti al Van Persie-Walcott dell’andata. Bendtner come detto è un giocatore più portato ad attaccare lo spazio, a Chamakh invece piace venire incontro. Bendtner può anche mettere in difficoltà Maxwell sui cross dalla fascia opposta; Chamakh però non sembra l’opzione più competitiva. In generale personalmente ritengo questa l’opzione meno probabile.

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venerdì, marzo 04, 2011

Il Terzo Uomo.

Il Terzo Uomo è il titolo di un vecchio film con un incredibile Orson Welles (incredibile per davvero, non nel senso che la parola ha assunto nelle telecronache di SKY), ma è anche una chiave di lettura del sistema di gioco del Barça.

Passaggi corti dalle retrovie, densità di giocatori nella zona della palla per attirare gli avversari e liberare il terzo uomo che faccia avanzare l’azione. Si verifica quando un difensore centrale e il Busquets/Mascherano di turno si vedono pressati e allora l’altro difensore centrale si allarga e trova spazio portando palla fino alla metacampo offensiva; succede poi quando l’avanzata di questo stesso difensore attira il centrocampo avversario e allora uno fra Iniesta e Xavi può smarcarsi, e lo stesso vale per le fasce: Xavi combina stretto con Pedro sul centro-destra e si crea lo spazio per la sovrapposizione a sorpresa di Alves; anche a parti invertite il principio resta quello: Alves e Pedro “immobilizzano” terzino ed esterno avversario (Pedro in particolare interpreta in maniera eccellente questo movimento), e allora si apre uno spazio fra le linee per Messi. In maniera speculare sull’altra fascia Villa e Maxwell devono favorire il gioco di Iniesta. Tutta una catena che deve portare il giocatore a ricevere sempre fronte alla porta, con la possibilità di toccare rapidamente evitando conduzioni di palla prolisse.

Questo almeno dovrebbe capitare quando il Barça gioca bene. L’altra sera a Valencia, il Terzo Uomo non c’era, e il Barça non ha giocato bene, vittoria (e occasioni abbastanza numerose) a parte. Poco convincente l’esperimento di Guardiola, una sorta di 3-5-2 visto in passato forse solo in casa dello Shakhtar Donetsk nella stagione del Triplete (e fu una vittoria immeritata).

In difesa Piqué sul centro-destra e Abidal sul centro-sinistra (sempre più autorevole la stagione del francese da centrale), con Busquets in mezzo (prove generali per il ritorno con l’Arsenal?), ma a seguire la difesa non era un centrocampo a rombo alla maniera di Cruijff, bensì un centrocampo con due esterni incaricati di coprire tutta la fascia, Alves a destra e Adriano a sinistra. Qualcosa tipo le squadre italiane di fine anni ’90-inizio 2000 (Milan di Zaccheroni, Parma di Malesani, Roma di Capello e Juventus di Ancelotti). Mascherano vertice basso, poi Xavi e infine Iniesta, partito in una posizione da trequartista vicino a Messi (di punta con Villa) e poi più chiaramente mezzala col passare dei minuti. In fase difensiva, spesso il modulo si ricomponeva in un 4-4-2, con Adriano e Alves ad abbassarsi a seconda delle circostanze.

Naturalmente non esiste un modulo buono e uno cattivo in assoluto, ma il Barça nell’occasione ha perso i riferimenti abituali che gli consentono di creare superiorità numerica: l’inesistente appoggio sulle ali (male Villa) non ha consentito mai ad Alves e Adriano di inserirsi a sorpresa e di aprire spazio anche per le mezzeali che giocavano nella loro zona. Adriano ha faticato molto inizialmente a trovare la posizione, e si è poi ripreso solo con iniziative palla al piede. Iniziative anche di Messi cui il Barça si è dovuto affidare per uscire da una situazione che soprattutto nei primi 20-25 minuti lo ha visto in notevole difficoltà per l’incapacità di distendersi in maniera ordinata.

Il Valencia in questa fase iniziale poteva pensare di far sua la partita. Se Guardiola a volte eccede nello sperimentare, Emery lo vive come una necessità. Le ha provate tutte in questa stagione: 4-2-3-1, due punte, difesa a cinque, l’altra sera una formazione senza punte di ruolo. Mata “centravanti” senza punti di riferimento, Pablo Hernández a destra, Joaquín trequartista e poi “doppio terzino”, Jordi Alba esterno basso (ottimo) e Mathieu esterno alto. Fa sempre una discreta figura il Valencia contro il Barça, perché paradossalmente trova più facile giocargli contro, senza il peso del dover fare la partita, e puntando sul pressing alto e il contropiede. Ma inizialmente il Valencia la partita l’ha fatta in pieno perché a centrocampo la coppia Banega-Tino Costa ha girato a dovere: una scelta su cui occorre insistere, perché si tratta dei giocatori più capaci di dare fluidità. Giocatori che oltrettutto si completano: Tino Costa è dinamico, offre sempre l’appoggio al portatore di palla e sa individuare lo spazio giusto da coprire dopo aver giocato con precisione a uno-due tocchi: in più di Banega ha poi l’inserimento e la propensione a cercare il tiro da fuori, mentre gli manca quella capacità di trattenere palla e dettare i tempi che ha Banega (e che pochi altri in circolazione hanno come il Banega ispirato). Banega decide la direzione e il ritmo, Tino Costa dà continuità.

Il Valencia però ha retto quel ritmo (dispendiosissimo, a livello mentale ancora di più che fisico) solo per i primi 25 minuti, e non ha manifestato una presenza offensiva completamente all’altezza dello sforzo profuso. Spaesato Joaquín trequartista, nella ripresa Emery si è giocato al suo posto il più attaccante degli attaccanti che, Soldado, ma ormai la gara aveva preso un’altra strada, e si aspettava l’episodio giusto per un Barça brutto ma efficace.

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