domenica, ottobre 30, 2011

UNDICESIMA GIORNATA: Real Sociedad-Real Madrid 0-1

Stavolta niente alluvione di gol. Anzi, un Real Madrid che nel primo tempo con un avversario inesistente si limita al compitino, e che manifesta qualche leggera inquietudine quando nella ripresa la Real entra in partita (niente di clamoroso comunque).

Turnover di Mourinho, con Lass per Khedira, Özil per Kaká, Coentrão nel suo ruolo storico di terzino al posto di Marcelo e Higuaín nuovamente titolare. Ma la partita è segnata soprattutto dallo stravolgimento tattico della Real Sociedad. Montanier ritiene che l’avversario giustifichi lo stato di emergenza e la rinuncia al solito 4-5-1 (anche se fa più figo dire che la sua Real gioca un 4-3-3…) per aggiungere un difensore centrale in più, Mikel González in mezzo a Demidov e al talento Iñigo Martínez.

Un 5-4-1 percorso da brividi di terrore che spengono sul nascere qualsiasi intento di giocare a calcio. Non si capisce bene il ricorso ai tre difensori centrali: il Madrid gioca con un solo attaccante fisso e gli altri che inseriscono a turno, e forse più che cercare un’illusoria (e superflua) superiorità numerica in difesa sarebbe meglio cercare di intercettare le linee di passaggio del centrocampo madridista, qualche metro più avanti. Invece no: Xabi Alonso non ha bisogno di retrocedere fra i difensori centrali ad inizio azione, perché la Real gioca con una sola punta e non pressa in quella zona. Quindi, sebbene Lass (al contrario di Khedira) non sappia creare linee di passaggio davanti a chi porta palla, il Real Madrid ha una superiorità facile in mezzo al campo. Con Arbeloa e Coentrão altissimi, al centro Özil e Di María possono aggiungersi a Xabi e Lass mettendo facilmente in minoranza il doble pivote txuri-urdin (Mariga-Markel). Con un centrocampo di casa così passivo e disorientato, se il Real Madrid non trova subito il passaggio tra le linee, ha comunque l’apertura facile verso le fasce, ogniqualvolta gli esterni della Real accennano a stringere in aiuto a Mariga e Markel.

L’incapacità di intercettare queste linee di passaggio espone poi la difesa della Real (che pure prova ad accorciare verso il centrocampo e togliere gioco tra le linee al Madrid) a qualsiasi verticalizzazione avversaria. Se cerchi di salire con la difesa (e magari fare fuorigioco) “a palla scoperta”, senza cioè pressare l’avversario in procinto di passare, sei fritto.

Il gol di Higuaín arriva proprio così: Coentrão alza la testa indisturbato, e al Madrid poco importa che la Real abbia la superiorità coi difensori centrali. Se i merengues hanno il tempo per dare il passaggio allora hanno anche il tempo per inserirsi a sorpresa dalle retrovie, e a quel punto che la Real abbia 2,3 o 50 difensori centrali cambia poco, perché è sempre difficile marcare chi arriva in corsa senza avere un riferimento di partenza.

I padroni di casa non possono nemmeno portare la gara su un altro terreno, obbligando il Madrid a correre all’indietro. L’esagerato, malinteso difensivismo di Montanier prevede Estrada, un terzino, esterno alto a destra, e poi ancora una volta non viene lanciato dal primo minuto Rubén Pardo: strano per un tecnico che si sta segnalando proprio per la promozione dei canterani, ancora di più se si tratta del prodotto forse migliore della nuova leva, ideale per rimpiazzare le geometrie dell’infortunato Illarramendi.

Nessuno fra Markel e Mariga si prende la responsabilità o ha il talento per iniziare il gioco davanti alla difesa, e non aiuta nemmeno la posizione di Xabi Prieto. Quest’ultimo in generale sta diventando un caso per il suo rendimento negativo; a sinistra poi ha sempre dimostrato di trovarsi poco comodo: è un esterno di fantasia atipico, che non ama giocare partire dalla fascia inversa rispetto al piede di preferenza per poi rientrare (come Iniesta o Silva), ma che ama avere come riferimento proprio la linea del fallo laterale, per tenere palla, aspettare la sovrapposizione del terzino e giocare quei palloni lungo linea che sono il suo marchio di fabbrica. A sinistra fa invece a fatica sia a prendere la posizione per ricevere palla, sia a difenderla che a dribblare. Senza Xabi Prieto, la Real perde la sua unica via d’uscita dalla metacampo difensiva.

Nella ripresa la Real non cambia il modulo né i giocatori, ma modifica l’atteggiamento: più aggressivo il centrocampo nel pressing, dà il tempo alla difesa per salire senza rischiare di subire la verticalizzazione, e al tempo stesso costringe il Real Madrid a un gioco più orizzontale. Ospiti che con il passare dei minuti diventano più statici dalla trequarti in su, mentre l’entrata di Griezmann dà ai baschi un po’ più di vivacità: arriva un paio di mezze occasioni, ma i tre punti madridisti non sono mai seriamente in pericolo.

Real Sociedad (5-4-1): Bravo; Carlos Martínez (Agirretxe, min. 83), Demidov, Iñigo Martínez, Mikel González, Cadamuro; Estrada (Griezmann, min. 60), Markel Bergara (Pardo, min, 85), Mariga, Xabi Prieto; Vela.

Real Madrid (4-2-3-1): Casillas; Arbeloa, Pepe, Sergio Ramos, Coentrao; Lass (Khedira, min. 68), Xabi Alonso; Di María, Özil (Kaka, min. 63); Cristiano Ronaldo; Higuain (Benzema, min. 81).

Gol: 0-1, min. 9: Higuaín.

Árbitro: Undiano Mallenco (Navarra). Amonestaciones a Cadamuro, Carlos Martínez, Markel Bergara, Iñigo Martínez, Arbeloa, Sergio Ramos.

27.000 espectadores en el estadio de Anoeta.

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giovedì, ottobre 27, 2011

Il miglior Real Madrid.

Con i primi 45 minuti di Málaga-Real Madrid, sabato scorso, pensavamo di aver visto il miglior calcio prodotto finora nella Liga 2011-2012. Bene, appena tre giorni e i primi 20 minuti del Real Madrid contro il Villarreal, più concentrati più intensi più vertiginosi, fanno impallidire anche quel ricordo. I merengues superano loro stessi in un periodo di rara ispirazione, partito dalla goleada al Betis e passato per la vittoria in scioltezza sul Lione in Champions League.

L’aspetto più positivo, al di là dello spettacolo, è la varietà di registri mostrata dai merengues, nettamente più maturi e completi dell’anno scorso. Contropiedi ultraveloci alternati a fraseggi elaborati a difesa schierata. Sia che l’avversario tenti il pressing alto (Betis, Málaga) sia che invece rimanga appollaiato tutto nella propria metacampo (un Lione esageratamente conservatore), quelli vestiti di bianco trovano sempre una linea di passaggio in più.

Molto merito, per quanto suoni strano a chi continuerà eternamente a inserirlo nel girone dei “difensivisti” o dei “grandi comunicatori” (il modo più elegante per dire che non sa allenare) spetta a Mourinho. L’assetto dal Madrid è assai cambiato rispetto alla scorsa stagione: lì era Marcelo ad avviare spesso l’azione portando palla nella metacampo avversaria, per poi dialogare con Cristiano Ronaldo o Xabi Alonso (questo il circuito principale); ora invece il brasiliano è stato escluso dalla sequenza iniziale di passaggi, e per quanto l’esteta rimpianga le sue zingarate palla al piede, c’è da dire che il Real Madrid ha guadagnato un giocatore, se non due, in più in mezzo al campo.

Marcelo e l’altro terzino (ora Arbeloa, con Ramos centrale) partono altissimi, e i primi passaggi vengono gestiti dai due difensori centrali più Xabi Alonso, che retrocede per avviare la manovra. Quella “difesa alla La Volpe” che Guardiola già cercò senza successo di trapiantare nel Barça, e che qui funziona perché a differenza di Busquets Xabi Alonso da “falso difensore” vede il primo passaggio e apre verso le fasce con lanci di 40 metri, ma superata questa fase poi si aggiunge al centrocampo incidendo come suo costume. Col basco così ispirato, è come se il Real Madrid giocasse in 12.

La posizione di partenza più bassa di Xabi Alonso ha poi chiamato leggermente indietro i trequartisti: sia Özil (partendo al centro o a destra, sempre più centrocampista rispetto alle sue prime uscite madridiste) che Kaká si devono abbassare per ricevere dalla linea dei tre che inizia l’azione, liberi di accentrarsi grazie anche ai movimenti citati di Marcelo e Arbeloa, che mantengono costante il riferimento in ampiezza.

Kaká sempre più importante, nella gestione più matura del gioco di questo Madrid anche lui fa la sua parte. Parlando dei merengues l’anno scorso avevamo rilevato un difetto nella sua indole talvolta eccessivamente verticale: cioè la propensione ad attaccare subito lo spazio avanti, con e senza palla come nella ricerca immediata del passaggio filtrante, anche quando non ci sono le condizioni ideali e magari se rischi la giocata perdi palla e ti trovi la squadra spezzata in due in transizione difensiva.

Ecco, Kakà assieme al miglior Özil rappresenta quel passaggio in più che permette alla squadra di schierarsi meglio quando serve, senza perdere la capacità di ribaltare il gioco con una velocità che forse non ha eguali in Europa. Velocità che Kaká ha perso sul piano individuale, ma il fatto che ci si debba scordare del giocatore dei tempi del Milan non ne cancella l’importanza: contro difese schierate, la capacità di palleggio del brasiliano e l’intelligenza nel cercarsi lo spazio, favorendo combinazioni più elaborate, rimane un’arma preziosa.

Col nuovo assetto, un Cristiano Ronaldo più stabilmente accentrato, anche in partenza: anzi, quando di punta gioca Benzema, con la sua storica tendenza a svariare e a svuotare l’area, è Cristiano a rimanere più avanzato e muoversi fra i centrali avversari.

Altro beneficiato da questa mini-rivoluzione tattica è l’ormai ex socio di Xabi Alonso: nelle prime uscite aveva sorpreso favorevolmente l’adattamento di Coentrão, che proprio in virtù della sua ignoranza del ruolo di mediano, con i suoi movimenti in sovrapposizione, aggiungeva ritmo e imprevedibilità ai movimenti offensivi madridisti. Infortunato Coentrão, Khedira sta brillando ugualmente nelle ultime partite: un Khedira diverso però, più simile a quello dell’ultimo mondiale che a quello della scorsa stagione per la maggior propensione a inserirsi in appoggio all’attacco. Partendo davanti alla linea dei tre che iniziano l’azione, Khedira può arrivare, scambiandosi con Kaká, fino ai limiti dell’area avversaria, oppure tagliando verso l’esterno portare via l’uomo a Di María e aprirgli lo spazio per le sue devastanti diagonali palla al piede (vedi la partita di Málaga in particolare). Niente a che vedere coi movimenti del duo Xabi Alonso/Khedira dell’anno scorso.

Insomma, è un Real Madrid che manda in frantumi la teorica rigidità del 4-2-3-1 di partenza, si dispone su molte più linee per aumentare la scelta di chi porta palla e avvolgere l’avversario. Il pressing feroce delle ultime partite (e anche la fisicità di Sergio Ramos e Pepe nell’alzare la linea difensiva) richiama l’attenzione, ma in realtà il Real Madrid l’uomo in più nella zona della palla ce l’ha già prima di perderla.

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venerdì, ottobre 07, 2011

GUERIN SPORTIVO: Uno spagnolo di troppo.

Da questa settimana pubblicherò un link ai miei pezzi sul sito del Guerin Sportivo, sento di poter uscire dalla clandestinità.

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